PARLIAMO ANCORA DI DISLESSIA….. da un punto di vista motorio-prassico
Agosto 11, 2020GOFFAGGINE E PROBLEMA DI COMPORTAMENTO
Novembre 20, 2020a cura della Dott.ssa Francesca Tabellione, specializzata nei disordini dell’età evolutiva – dsa, e disprassia, disturbi delle funzioni esecutive, adhd, autismo, disturbi sensoriali, ritardi psicomotori e del linguaggio, disturbi della coordinazione motoria.
Abbiamo parlato ampiamente su cosa sia la dislessia, le strette correlazioni con la disprassia, come riconoscere un alunno dislessico, la natura motorio-prassica della dislessia e le funzioni psicomotorie carenti, come aiutare un bambino dislessico e quali sono le pratiche educative più idonee (vedi articolo precedente sulla DISLESSIA).
Il bambino dislessico non è un disabile ma un soggetto dell’apprendimento bisognoso di processi didattici personalizzati che possono essere messi in atto dopo aver compreso il suo funzionamento, in particolare la natura coordinativa e non logica/intellettiva o culturale dei suoi frequenti errori.
Ricordiamo che il bambino dislessico manifesta una intelligenza e capacità culturali nella media o superiore alla stessa ma una disorganizzazione neurologica che causa un rallentamento (randomizzazione) dei flussi corticali inter e intra-emisferici, una bassa attività elettrica corticale, disturbi della successione, dunque un disordine nelle Funzioni Esecutive generali, portando di conseguenza a: una lentezza nell’incipit dell’agire (reattività del soggetto) e nei processi esecutivi, impacci e scoordinamenti nella motricità rapida, negli schemi motori coordinati, nei giochi di gruppo, negli schemi crociati e rotatori, nelle prassie (vestirsi, svestirsi, pianificare azioni o ideare piani di azione), disordini nei lavori sx-dx, nella motricità fine e nella grafomotricità, lentezza nei movimenti oculari e nei processi di autocontrollo e autoregolazione (per tale ragione è spesso un bambino impulsivo con scarsa capacità di frenare i suoi impulsi), disordini nella memoria di lavoro sequenziale e nel pensiero (difficoltà nel mettere in ordine concetti sequenziali e spazio-temporali, nel raccontare una storia o la propria giornata, lentezza, smarrimenti o notevole intuizione), disattenzione e facile stancabilità, difficoltà nella lettura-scrittura-calcolo (compie errori di incolonnamento, nel prestito e nel riporto, inversioni di lettere nelle parole o numeri, frequenti specularità, rotazioni, lentezza, frequenti interruzioni e discontinuità, ecc), disorganizzazioni spazio-temporali, difficoltà nel seguire consegne plurime e prolungate andando incontro a quello che viene definito “smarrimento cognitivo” (il bambino si smarrisce nelle sequenze), lentezza nell’adeguarsi ai cambi di attività, giochi, persone o ambienti, facile tendenza a stancarsi o diventare eccitato/ipercinetico nelle situazioni di confusione, di gruppo o di iperstimolazione, disordini linguistici (disturbi della componente motoria del linguaggio verbale, come esitazioni nell’incipit locutorio, inversioni nelle parole lunghe, lentezza locutoria alternata a precipitazione, smarrimento nella ricezione di messaggi verbali lunghi)
Pertanto, l’esercizio della lettura, così come quello della scrittura e del calcolo, rientra nelle attività neuro-psichiche ad alto controllo centrale, poiché interessa direttamente i processi di ideazione, progettazione e pianificazione dell’azione stessa e dunque le Funzioni Esecutive, le quali risultano non automatizzate e disfuenti, impedendo l’esercizio coordinato e soprattutto sequenziale DEL PROCESSO LETTORIO.
Il disturbato lavoro delle Funzioni Esecutive limita la COGNITIVITÀ, ovvero quella funzione psichica mentale che struttura le condotte umane e organizza e coordina il pensiero, la programmazione e il controllo del comportamento, l’apprendimento delle informazioni, i processi intellettivi-percettivi-motori-linguistici.
Pertanto, la DISLESSIA si configura come un disordine pervasivo, funzionale, qualitativo, una disfunzione esecutiva connotata da un insufficiente coordinamento dell’agire, che non sfocia in una vera e propria disabilità ma in una dispersione dell’energia cerebrale e dove è possibile intervenire attraverso il miglioramento dei comportamenti del soggetto. Un fenomeno che può essere considerato un DISTURBO PRASSICO, che limita la capacità di organizzare e regolare le condotte umane, con difficoltà di attivazione degli automatismi motori.
Tra le cause scatenanti la dislessia vi è la TEORIA MAGNOCELLULARE (Stein, 2001), la quale ammette l’esistenza di un deficit a carico delle strutture deputate al trasporto delle informazioni visive (sistema magno e parvocellulare).
Angela Friederici (Human Cognitive and Brain Sciences) invece, è la prima a parlare di un Network del linguaggio bilaterale, ovvero di una rete di scambi tra i due emisferi che supporta processi semantici e sintattici, una interpretazione che tende a sostituirsi al modello Wernicke, in cui le funzioni vengono attribuite a singole aree del cervello.
QUANDO UN ALUNNO LEGGE MALE?
Quando manifesta:
– Lentezza nell’incipit
– Andamento discontinuo
– Eccessiva velocità o lentezza nella lettura
– Interruzioni, inciampi, disfluenze, errori
– Lentezza nell’autoregolazione dopo interruzioni
– Discontinuità dell’attenzione
STUDENTI ADOLESCENTI DISLESSICI
Le funzioni esecutive sono disordinate e disorganizzate in un adolescente dislessico; inoltre le difficoltà causate dalla riduzione della velocità di spostamento dei processi cognitivi (“ascolto e scrivo, leggo e scrivo, ascolto e rispondo”), dalla lentezza nell’incipit e dalla scarsa fluidità rallentano la velocità della lettura e il processo di predizione mentale sul testo, portando di conseguenza a una scarsa comprensione del testo e a frequente stancabilità e dispersione attentiva.
Questa sorte di smarrimento cognitivo negli adolescenti produce anche un calo motivazionale e una scarsa fiducia nelle proprie potenzialità, frustrazione e facile abbandono o fuga dai compiti scolastici alle prime difficoltà che incontrano, tutte conseguenze che non solo si ripercuotono sul piano scolastico ma anche sul piano emotivo-relazionale (atteggiamenti di chiusura, ritiro sociale o aggressività, ostilità e nervosismo).
Diversi studi riportano infatti la comorbidità tra i dsa e i disturbi della condotta o disturbi d’ansia (fobia sociale e disturbi d’ansia generalizzato).
SCUOLA SECONDARIA E DISLESSIA
La scuola secondaria richiede allo studente di possedere un metodo di studio efficace, una sufficiente capacità di autoregolazione, la rielaborazione e la generalizzazione dei concetti appresi, la capacità di fare collegamenti tra conoscenze pregresse e nuove, l’applicazione di strategie appropriate, una buona capacità pianificatoria e organizzativa, la capacità di cambiare velocemente il proprio focus attentivo da un compito all’altro, di attivare la memoria di lavoro e di gestire più informazioni in contemporanea, una buona metacognizione (la riflessione sul proprio pensiero, il controllo e la regolazione delle attività richieste dai compiti cognitivi).
L’alunno dislessico, invece, manifesta una carenza in tutti questi aspetti: nelle abilità di organizzazione e pianificazione, nei processi attentivi, nel problem-solving e nel trovare nuove strategie, nella memorizzazione di concetti sequenziali, nell’organizzazione spazio-temporale, nella velocità esecutiva e di apprendimento, nella capacità di controllare ed eventualmente correggere le proprie performance, nel trovare un proprio metodo di studio, nella capacità di comprensione e nei processi di automatizzazione.
La maggior parte dei dislessici si ferma al primo livello che è quello della memorizzazione: se l’insegnante chiede al bambino di raccontare o rispondere a domande sequenziali sulla comprensione di un argomento appena spiegato, si perde o si blocca. Spesso infatti ci sono alunni dislessici che vanno bene in alcune materie compensando attraverso un grosso impegno mnemonico ma non in altre come economia, fisica, chimica, ecc.
L’OSSERVAZIONE DEL BAMBINO A 5 ANNI
A 5 anni il bambino possiede già un comportamento prassico organizzato (Vayer, 1988), per cui già da questa età si possono cogliere i campanelli di allarme che potrebbero manifestare una disorganizzazione dell’agire.
Alcuni di questi segni e sintomi, che indicano un disordine nelle prassie e dunque una disprassia e che costituiscono condizioni di rischio di dislessia, da dover individuare nel periodo PRESCOLARE sono:
Esitazioni nell’incipit dell’agire
Lentezza motorio-prassica alternata a precipitazione
Maldestrezza, impacci, goffaggini
Disordini nelle prassie fini e bimanuali (il b.no è impacciato nel vestirsi, svestirsi, abbottonarsi, fare il fiocco, prendere al volo una palla, ecc.)
Disorganizzazioni spaziali e temporali (sequenze spaziali e temporali, concetti di prima, dopo, ieri, oggi, domani, disordine o ordine eccessivo, eccessivo ritardo o eccessiva puntualità organizzativa)
Difficoltà nella memoria ordinata (memoria di lavoro/sequenziale)
Lentezza nell’inseguimento percettivo (di figure e oggetti che si muovono o di oggetti fermi mentre si muove l’osservatore)
Difficoltà nell’eseguire due o più consegne
Lentezza nell’autocorrezione e nell’autocontrollo (comportamento impulsivo)
Stanchezza o eccitazione nelle situazioni di confusione e di gruppo
Disordini linguistici di natura motoria
È consigliabile per insegnanti, maestri, genitori, professionisti e per tutte le figure che ruotano attorno al bambino, osservare e identificare quei FATTORI OPERATIVO-COGNITIVI o i principali REQUISITI PSICOMOTORI che garantiscono la funzionalità della struttura prassica del bambino, ovvero una Valutazione Qualitativa e Funzionale che esamina i seguenti aspetti:
Schema corporeo, lateralità, dominanza laterale e lateralizzazione, attraverso la capacità di riconoscere e denominare le parti corporee richieste o toccate su di sé e sull’altro ad occhi chiusi, la capacità di imitazione gestuale, di assunzione o imitazione di determinate posture fatte assumere passivamente ad occhi chiusi, di esecuzione di azioni motorie su consegna, verso di rotazione su sé stessi, chiusura del cerchio, esecuzione di consegne come “mettere una mano/una gamba sull’altra”, presa di coscienza della propria prevalenza motoria genetica attraverso prove di forza e di velocità
Organizzazione e strutturazione spazio-temporale e percezione del ritmo
Coordinazione dinamica generale, schemi e sequenze motorie (fluidità motoria, capacità di eseguire una serie di prassie in sequenza), che rappresenta il grado della stessa organizzazione neurologica
Equilibrio, controllo tonico-posturale, integrazione bilaterale (tra parte di e sx del corpo)
Coordinazione oculo-manuale, manipolazione e gestualità, riguarda il controllo visivo delle azioni associate al controllo manuale e anche al controllo dei movimenti oculari e che richiede una buona organizzazione delle sensazioni tattili- propriocettive-vestibolari
Prassie visuo-spaziali e visuo-costruttive
Organizzazione visuo-percettiva e integrazione visuo-motoria, processi che consentono di riconoscere le forme, incluse le lettere, la loro direzionalità e verso (in modo da evitare inversioni speculari come b-d, p-q) e di riprodurle correttamente nello spazio/foglio
Capacità di codifica e decodifica fonologica chiamata simbolizzazione (processo di costruzione, riconoscimento e modificazione di simboli e di codici di simboli; attribuire significato alle lettere dell’alfabeto rappresenta un processo simbolico necessario per apprendere la lettura così come attribuire il suono a una lettera o il segno a un suono)
Queste funzioni psicomotorie da valutare, che dovrebbero essere pienamente sviluppate intorno ai 7 anni, rappresentano dei requisiti fondamentali per lo sviluppo di altre funzioni: percettive, cognitive, motorie e per gli apprendimenti scolastici. Pertanto, è necessario monitorare e tenere in considerazione lo sviluppo dell’alunno e le funzioni sopra citate, che rappresentano l’intero potenziale di espressione della persona e che, se disturbate, impediscono e ostacolano lo sviluppo delle prassie, fondamentali per ordinare i comportamenti del bambino.
COME IL DOCENTE PUÒ AIUTARE UN ALUNNO DISLESSICO?
Nel soggetto dislessico, come ampiamente descritto, i Processi Cognitivi risultano disordinati, disorganizzati e rallentati, non sufficientemente pronti per sostenere la richiesta didattica incentrata sulla rapidità esecutiva e sul continuo shifting/ flessibilità cognitiva (adattamento rapido del bambino alle richieste cognitive dell’insegnante).
Il docente, nella progettazione didattica rivolta al dislessico, deve innanzitutto conoscere il funzionamento cognitivo della mente umana e le caratteristiche di quella dislessica, dunque potenziare e non “dispensare” quelle azioni mentali che necessitano di rinforzo, ovvero “EDUCARE LE FUNZIONI” direttamente coinvolte nella lettura (Crispiani, 2001), andando a favorire una buona fluidità (rapido incipit, rapida autoregolazione, prontezza del riavvio dopo interruzioni, andamento costante, scarse interruzioni e inciampi) necessaria per la successiva comprensione e una buona memoria di lavoro che consente al bambino il recupero delle informazioni salienti, la capacità di organizzarle e rielaborarle al momento opportuno.
Le variabili maggiormente educabili sono:
Metacognitive, includono la consapevolezza, il controllo delle strategie, i processi cognitivi
Cognitive, riguardano l’attenzione, la memoria, il pensiero sequenziale, l’ascolto e la comprensione
Motivazionali, ovvero la motivazione intrinseca orientata ai processi, attribuzioni funzionali e senso di autoefficacia
Per fare questo, al fine di allenare la MENTE DISLESSICA, il docente esperto dovrà:
1. tenere in considerazione che nel dislessico, da un punto di vista dei processi mentali, ci sono dei limiti attentivi (nell’alunno efficiente i tempi di attenzione variano dai 20 ai 40 minuti a seconda dell’età), a causa di un eccessivo impegno attentivo in tutte quelle procedure spazio-temporali che dovrebbero essere normalmente automatizzate, portando ad una “SENSIBILITÀ AI DISTRATTORI”, la quale si manifesta con:
– sensibilità ai richiami laterali
– discontinuità nella relazione verbale
– interruzione della lettura per inseguire le immagini
– frequente interruzione dell’attenzione in classe
2. attivare l’arousal, lo stato di allerta e vigilanza, alla prima ora di lezione con continui feedback cognitivi per innalzare l’attività elettrica corticale
riprendere dall’inizio con tutta la classe i punti chiave della lezione precedente per avviare la memoria di lavoro (richiamo delle conoscenze pregresse)
fornire un’anticipazione cognitiva su argomenti che dovrà leggere e comprendere (autore, titolo, scopo o tema del testo)
ripetere durante una nuova spiegazione più volte lo stesso concetto, formulandolo sempre in maniera differente con immagini o mappe
dare definizioni concettuali brevi per evitare lo smarrimento cognitivo e la dispersione dell’attenzione da parte dell’alunno
stimolare il colpo d’occhio percettivo facendo trovare e sottolineare le parole-chiave presenti nel testo
invitare gli alunni a porre domande ogni volta che viene spiegato un nuovo argomento
sollecitare la memoria di lavoro attraverso la verbalizzazione di quanto appreso aiutandolo, se necessario, nel pianificare le risposte (lavoro sulle funzioni esecutive)
invitare l’alunno alla riflessione, al controllo e alla regolazione sulle proprie prestazioni (metacognizione)
aiutarlo a costruire un proprio metodo di studio, selezionando e organizzando le informazioni salienti e consolidando l’uso delle strategie e insegnare al bambino a gestire il tempo da dedicare allo studio. Si consiglia di non studiare il giorno prima di una eventuale interrogazione, di iniziare a studiare dopo aver attivato i circuiti cerebrali che, nel dislessico, risultano lenti (*riattivare i circuiti neuronali da un punto di vista didattico equivale a dire che il docente dovrà stimolare il cervello con domande iniziali riguardanti argomenti svolti, eseguire azioni rapide o semplici schemi crociati dal posto, letture veloci di parole o frasi scritte alla lavagna, ricerca rapida di una parola o frase all’interno del testo), di studiare in step di 20 minuti, prima del recupero cognitivo.
Inoltre, poiché il bambino dislessico incontra anche difficoltà nel prendere appunti, sarebbe consigliabile consentirgli di ascoltare una sola parte del discorso e di trascrivere i concetti principali che hanno una funzione orientativa, fornire prompting (frecce, numerazioni, simboli), consigliare di riordinare gli appunti il giorno stesso a casa
Concludiamo questo articolo dicendo che è fondamentale considerare quei fattori psicomotori carenti già a partire dalla scuola dell’infanzia, che vanno ad accertare in tempi precoci la condizione funzionale del bambino e ci consentono eventualmente di mettere in atto piani di intervento tempestivo.
Non bisogna aspettare di fare la diagnosi in fine seconda elementare (come più volte accennato, i requisiti disfunzionali si possono osservare ben prima!) per poter intervenire e attuare un piano di lavoro, poiché a questa età il b.no ha già maturato un notevole senso di inadeguatezza con bassa motivazione e scarsa fiducia nelle proprie potenzialità.
Sempre più frequentemente infatti nelle scuole odierne si osservano bambini maldestri, lenti, impacciati, goffi, disorganizzati nel loro agire motorio e mentale, con ripercussioni sugli apprendimenti.
Il nostro compito è quello di mettere in atto piani di prevenzione e potenziamento/consolidamento delle funzioni per aiutare i bambini a costruire un proprio ordine operativo e consentire agli stessi di arrivare alla sufficienza disciplinare anche attraverso un PDP (Piano Didattico Personalizzato), che garantirà allo studente una propria forma di eccellenza cognitiva coltivando le proprie potenzialità intellettive e il raggiungimento delle competenze fondamentali attraverso la diversificazione dei percorsi di insegnamento (nella selezione dei contenuti, nel ricorso a determinati metodi, nell’uso di strumenti, nella distribuzione temporale, ecc).
Articolo redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione
GRAFICA: Dott.ssa Erika D’Antonio
T.N.P.E.E.
(Bibliografia: Spezzi, Crispiani)
1 Comment
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