NEUROSCIENZE E NEURONI SPECCHIO
Aprile 4, 2021I PRECURSORI DEL LINGUAGGIO PER LA COSTRUZIONE DELLA MENTE INFANTILE
Aprile 15, 2021 Partiamo dal presupposto che il nostro cervello è prevalentemente visivo, e un bambino che non ha ancora una buona capacità di analisi/percezione visiva e che possiede una mente concreta (non ancora astratta), crede a quello che vede: per lui ciò che è rappresentato visivamente è ciò che esiste davvero! Nella lettura, invece, la mente deve sostituire le parole con le immagini, i tempi sono lenti e tutto va rielaborato.
Oggi siamo bombardati dai mezzi di comunicazione con informazioni o stimoli ripetitivi e monotoni che creano una sorta di “anestesia/impoverimento del pensiero”: è stato dimostrato che le immagini che i bambini vedono in televisione hanno un maggiore impatto di quelle che si rappresentano mentalmente sulla base dei dati sensoriali che ricevono.
Una ricerca effettuata in un gruppo di bambini che avevano prima letto un libro di avventure e successivamente visto lo stesso tema rappresentato in tv, ha dimostrato come le immagini concrete e visive della televisione rimanessero maggiormente in memoria rispetto a quelle che i bambini dovevano immaginare o creare in autonomia attraverso la loro fantasia, abilità che richiede una buona rappresentazione mentale e una buona capacità di astrazione (Oliverio Ferraris, 1999).
Questo significa che, al giorno d’oggi, i bambini cresciuti nell’era digitale non sono capaci di astrarre/visualizzare le scene descritte nei brani dei libri che vengono loro letti da maestri o genitori, con la conseguenza di una perdita di attenzione, facile stancabilità mentale e comportamenti di opposizione o irrequietezza. In alcune esperienze didattiche i maestri hanno dovuto perciò incrementare nei bambini le capacità di visualizzazione, in modo da sollecitarli a lavorare attraverso la fantasia e l’immaginazione, ovvero tramite immagini mentali che sono il presupposto per la costruzione di un pensiero e di una mente ordinata.
La televisione, i tablet e i videogiochi influiscono sul corpo e sulla psiche dei nostri bambini: ad esempio è stato riscontrato che i bambini videodipendenti sono diventati dei ragazzi miopi, apatici e obesi, mentre dal punto di vista cognitivo manifestano problemi di attenzione, iperattività e ipercinesia a scuola e/o in altri contesti. Tali conseguenze non sono tanto dovute alla qualità dei giochi utilizzati quanto al tempo di esposizione: un bimbo piccolo che vede 1 ora al giorno di televisione, avrà maggiori possibilità di sviluppare dei disordini attentivi in età scolare o in adolescenza due volte superiore rispetto a chi non la guarda e potrà avere difficoltà a restare da solo, poiché il televisore funge da sorta di “compagno virtuale” (Zimmerman e Christakis, 2007).
Come è possibile allora che molti bambini con problemi di attenzione a scuola siano capaci di restare apparentemente “attenti” di fronte ai videogiochi o al televisore?
Perché non si tratta dello stesso tipo di attenzione ma di due differenti forme: nel caso dello schermo l’attenzione del bambino è catturata in modo automatico dagli input sonori e soprattutto visivi/luminosi (parliamo dell’attenzione selettiva in rapporto agli stimoli visivi che si sviluppa già nei primi mesi di vita quando il neonato fissa e insegue con gli occhi gli stimoli nuovi che compaiono nel suo campo visivo), mentre quando il bambino deve mantenere un livello di attenzione sostenuta per risolvere un qualunque compito scolastico (ad esempio un problema aritmetico o un brano di comprensione) entra in gioco un tipo di controllo volontario, legato alla motivazione, ovvero è il bambino a decidere di concentrarsi su un compito particolare e questa è una capacità che sviluppa nel corso degli anni, non è un automatismo. Ad esempio, ci sono bambini che già quando si svegliano la mattina restano ipnotizzati dai loro cartoni animati preferiti e di conseguenza possono non avere la capacità di prestare attenzione a scuola (Alberto Oliverio).
La televisione è dunque inadatta ai bambini di meno di 3 anni (Bach, 2013), età in cui il cervello infantile è in pieno fermento e capace di agire sulla realtà, modificandola (plasticità cerebrale): le immagini che compaiono su uno schermo tendono ad attrarre il bambino ma anche a frustrarlo. Spesso i genitori riferiscono che i loro piccoli sono bravi a manipolare i tasti di un telefono, con l’idea che possiedono delle buone abilità tecnologiche, non sapendo che il bambino è attratto dalla dimensione tattile dei tasti, dal movimento degli oggetti o delle immagini ed è assorto totalmente in quel mondo virtuale che non presta più attenzione alle vere esperienze, all’esplorazione, al movimento e al gioco, all’immaginazione e alla fantasia, racchiuso in una sorta di dipendenza dal mondo virtuale. Questa è una conferma che induce gli esperti a non “far immergere” il bambino nel mondo virtuale prima dei 6/7 anni.
Dott.ssa Francesca Tabellione
Dott.ssa Erika D’Antonio