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da Erika

ABILITÀ VISUO-SPAZIALI: COSA SONO E PERCHÉ SONO IMPORTANTI

[Articolo a cura della dott.ssa Francesca Tabellione, dott.ssa Erika d'Antonio] Le abilità visuo-spaziali sono un insieme di capacità cognitive che ci permettono di percepire, elaborare e utilizzare le informazioni visive relative allo spazio e alla posizione degli oggetti. Costituiscono delle competenze che fanno parte della cosiddetta «intelligenza non verbale»: in altre parole, ci permettono di eseguire abilità intellettive di performance che non prevedono l’implicazione del linguaggio, di vedere il mondo in modo tridimensionale e di muoverci al suo interno con destrezza. ♦ Queste abilità sono coinvolte in una grande varietà di attività quotidiane, quali: Le competenze verbali e di espressione orale risultano invece nella norma. ♦ COME SI SVILUPPANO LE ABILITÀ VISUO-SPAZIALI Le abilità visuo-spaziali si sviluppano fin dalla nascita attraverso l'interazione con l'ambiente circostante e hanno molti risvolti importanti, in particolare per le autonomie personali e l’apprendimento. Alcune esperienze che possono favorire il loro sviluppo sono: ••Giocare con oggetti di diverse forme e dimensioni - infilare palline in un contenitore, costruire configurazioni e modelli con cubetti, bastoncini e altro materiale, fare puzzle. ♦ DIFFICOLTÀ VISUO-SPAZIALI Alcuni bambini possono manifestare difficoltà nelle abilità visuo-spaziali. I disturbi visuo-spaziali includono un eterogeneo insieme di sintomi che interessa le abilità non verbali di una persona. ♦ COME SI MANIFESTANO I DISTURBI VISUO-SPAZIALI? I disturbi visuo-spaziali si manifestano attraverso problemi percettivi, di esplorazione tattile, problemi di equilibrio e di coordinazione motoria, difficoltà nell’orientarsi sia in ambienti nuovi e sia nello spazio-foglio, difficoltà di pianificazione visuo-spaziale, difficoltà nell’eseguire incastri, puzzle o nel riprodurre una costruzione partendo dal modello, difficoltà nella copia di un disegno o dalla lavagna, immaturità nel disegno spontaneo (poco accurato e organizzato, pochi dettagli), scarsa capacità di riconoscere similitudini e differenze tra due immagini e di esplorazione/analisi visiva, disturbi negli apprendimenti scolastici (soprattutto nell’incolonnamento delle operazioni, nel posizionare prestiti e riporti, nelle simmetrie, nel distinguere i segni operatori o i segni > e <, nel problem-solving matematico, nella geometria, nell’utilizzo degli strumenti per il disegno tecnico, nella lettura - seguire il rigo mentre si legge e andare correttamente a capo, nella scrittura), con ricadute notevoli anche sul piano sociale e relazionale, che in adolescenza possono evolvere in problemi emotivi e stati depressivi (labilità emotiva, impulsività spesso per la percezione di inadeguatezza sociale, deficit nel percepire e comprendere segnali non verbali come le espressioni del volto, le posture, la prosodia, ecc.). ♀RELAZIONE TRA ABILITÀ VISUO-COSTRUTTIVE E PIANIFICAZIONE Le abilità visuo-costruttive e la pianificazione sono due processi cognitivi strettamente interconnessi che assumono un ruolo fondamentale in diverse attività quotidiane. Il loro sviluppo e potenziamento possono contribuire a migliorare l’autonomia e la qualità di vita del bambino. ♦ Le abilità visuo-costruttive ci permettono di: La pianificazione, invece, implica la capacità di: Le abilità visuo-costruttive sono un prerequisito fondamentale per la pianificazione efficace. Per pianificare un'azione, infatti, è necessario essere in grado di: visualizzare l'obiettivo da raggiungere, rappresentare mentalmente le relazioni spaziali tra gli oggetti coinvolti, prevedere le possibili difficoltà e ostacoli al raggiungimento degli obiettivi, monitorare e correggere eventuali errori (verifica e autocontrollo/autocorrezione). Dottoressa Francesca Tabellione

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ADHD e le STRATEGIE EDUCATIVE PIÙ OPPORTUNE da APPLICARE in TERAPIA e a SCUOLA per POTENZIARE I PROCESSI COGNITIVI E L’AUTOREGOLAZIONE

(••Articolo a cura della Dott.ssa Francesca Tabellione, tnpee – specializzata nella valutazione e riabilitazione dei disturbi dell’età evolutiva, docente presso corsi di formazione ecm••) COSE'E L’AUTOREGOLAZIONE Iniziamo questo articolo interrogandoci innanzitutto su cosa sia l' “Autoregolazione”: è il prodotto di Funzioni Esecutive ben organizzate, una capacità che ci permette di modulare in modo consapevole e flessibile il nostro comportamento, le nostre emozioni, i nostri pensieri, la nostra attenzione in base al contesto in continuo cambiamento e in risposta alle richieste sociali ai fini del raggiungimento degli obiettivi e di adattamento all’ambiente (Fuster, 1997). Dopo questa breve premessa e parlando in questo articolo dell’ADHD, potremmo definirlo come il disturbo dell’autoregolazione più noto e diffuso in età evolutiva (riguarda circa il 5% di bambini e ragazzi) che può ripercuotersi su diverse aree dello sviluppo del bambino (motoria, emotiva, scolastica e di funzionamento sociale e adattivo). FUNZIONI ESECUTIVE COMPROMESSE NELL’ADHD Descriviamo brevemente le principali Funzioni Esecutive che risultano deficitarie o immature in tale disordine, e che compromettono significativamente la capacità del bambino di funzionare autonomamente nel lavoro, a casa, nei rapporti con gli altri. Il bambino ADHD manifesta deficienze a carico del controllo inibitorio, sia cognitivo che comportamentale. In particolare presenta: -difficoltà nella flessibilità cognitiva (è rigido nel pensiero e nel comportamento, non si adatta facilmente ai cambiamenti di persone o ambienti, commette sempre gli stessi errori e non cerca soluzioni alternative adottando un atteggiamento perseverativo, non sa descrivere in modi differenti un racconto o risolvere un compito in maniera diversa dal solito) -difficoltà nella pianificazione (fa fatica a stabilire piani e obiettivi, a eseguire giochi o attività che richiedono passaggi sequenziali o li esegue in maniera caotica e disordinata, non riesce ad avviare programmi d’azione, a descrivere i passi necessari per fare un compito o a svolgere routine quotidiane, a correggere eventuali piani e monitorare progressi) -difficoltà nella memoria di lavoro o memoria d’ordine sequenziale (dimentica a casa i libri per scuola o quello che ha fatto il giorno prima, perde i suoi giochi, non ricorda le regole di un gioco o gli avvenimenti di una storia, di un cartone e fa fatica a raccontarli in maniera logica e sequenziale, non ricorda i vari passaggi per eseguire correttamente una procedura, si perde se gli vengono date due o più consegne in sequenza) -difficoltà nel mantenimento dell’attenzione sostenuta e selettiva (il b.no non riesce a ignorare i rumori presenti nell’ambiente, a spostare il focus attentivo quando serve, a focalizzarsi solo sugli stimoli rilevanti senza farsi attrarre dai distrattori, a sostenere l’attenzione o vigilanza su un compito per un certo lasso di tempo, soprattutto se si tratta di un compito noioso o ripetitivo, passa da un’attività all’altra senza mai terminarne alcuna, compiendo errori di precipitazione e distrazione, ha spesso la testa fra le nuvole, evita compiti troppo faticosi o impegnativi e che richiedono un certo sforzo attentivo, è trascurato e approssimativo nelle attività che svolge, manifesta una scarsa abilità nella discriminazione dei particolari e una lenta o discontinua focalizzazione del globale) -difficoltà nelle abilità motorie e nel controllo degli impulsi (il b.no, pur muovendosi continuamente, è poco accurato, grossolano, caotico e goffo nei movimenti, presenta un equilibrio instabile, è lento nell’incipit dell’agire - è sempre in ritardo rispetto agli altri, mette in atto un comportamento ipercinetico a causa di un rallentamento nei processi di autoregolazione e di frenaggio e nell’avvio di azioni correttive - si alza spesso dalla sedia durante i pasti o lo svolgimento dei compiti scolastici, si arrampica sui mobili, agita mani e piedi anche quando è seduto o impegnato in un gioco, può diventare oppositivo, è irrequieto, precipitoso e impulsivo a livello di comportamento-pensiero-emozioni, vuole tutto e subito, parla continuamente o interrompe gli altri mentre dialogano, dice la prima cosa che gli viene in mente di fronte a una domanda, passa da un’idea o da un discorso all’altro senza seguire nessun nesso logico, mostra difficoltà nei tempi di attesa, nel rispetto delle regole e della turnazione, manifesta reazioni emotive eccessive e forti sbalzi d’umore - un attimo è calmo, poi diventa irritato senza motivo, scarsa tolleranza alla frustrazione, non è in grado di imparare dai propri errori e ripete sempre le stesse azioni anche se in passato sono state punite. Questo comportamento non è dovuto ad una cattiva conoscenza di ciò che è giusto o sbagliato, né alla volontà di comportarsi male, piuttosto ad una incapacità di controllare le proprie azioni). Tali problematiche andranno ad incidere negativamente sulle abilità relazionali e sullo sviluppo emotivo del bambino, il quale finirà per essere deriso, bullizzato o emarginato (escluso dai coetanei a causa dei suoi comportamenti disturbanti) e per manifestare una bassa autostima e una scarsa fiducia nelle proprie potenzialità. Queste difficoltà non sono volontarie o intenzionali bensì il bambino non è in grado di autocontrollarsi, di bloccare o frenare tutti i comportamenti problematici che presenta, probabilmente anche a causa di ritardi o disfunzioni in quelle aree cerebrali - corticali e sottocorticali - implicate nel controllo e nella modulazione del comportamento e delle emozioni. Atteggiamenti educativi sbagliati non sono la causa di tale disordine ma possono sicuramente peggiorare la situazione. L’età media di insorgenza di tale disturbo è tra i 3 e i 4 anni: secondo l'ICD-10 si manifesta con maggiore frequenza nei maschi rispetto che nelle femmine con un rapporto di circa 4:1, poiché queste ultime presentano un maggior numero di fattori di protezione biologica e quindi avrebbero un minor rischio di sviluppare il disturbo, essendo più resistenti. SINTOMI DELL’ADHD SECONDO IL DSM V Secondo il DSM V, per fare diagnosi di ADHD, devono essere soddisfatti i seguenti criteri e rilevare la presenza dei seguenti sintomi: *devono essere presenti sei o più dei 9 sintomi della categoria disattenzione (adhd tipo disattento), sei o più dei 9 sintomi della categoria iperattività e impulsività (adhd tipo iperattivo-impulsivo). Se il soggetto soddisfa i criteri di entrambe le categorie la diagnosi sarà adhd sottotipo combinato; Sintomi attentivi ·        Non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività ·        Ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco ·        Non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente ·        Non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici ·        Ha difficoltà ad organizzarsi nei compiti e nelle attività ·        Evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa) ·        Perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (per es., giocattoli, compiti di scuola, matite, libri, o strumenti) ·        È facilmente distratto da stimoli estranei ·        È sbadato nelle attività quotidiane. Sintomi da iperattività ·        Muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia ·        Lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto ·        Scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo ·        Ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo ·        È spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato” ·        Parla troppo. Sintomi di impulsività ·        Spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate ·        Ha difficoltà ad attendere il proprio turno ·        Spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per es., si intromette nelle conversazioni o nei giochi). *i sintomi devono manifestarsi per un periodo minimo di 6 mesi e in almeno due contesti di vita (ad esempio casa, scuola, sport) e non sono spiegabili in base a qualche evento significativo accaduto nella vita del bambino o da altri disordini mentali (disturbo dell’umore,  disturbo d’ansia, disturbo dissociativo, disturbo di personalità, ecc.) *i sintomi devono presentarsi prima dei 12 anni d’età e compromettere il funzionamento quotidiano, il rendimento scolastico oltre che la sfera sociale e relazionale. Possiamo distinguere: -adhd tipo iperattivo, ovvero il bambino che manifesta il disturbo soprattutto a livello del comportamento, è irrequieto, si muove in continuazione, tocca tutto ciò che vede, non riesce ad aspettare, parla in continuazione; -adhd tipo disattento, il bambino che dal punto di vista motorio appare più autocontrollato ma non è in grado di rimanere concentrato su un compito, sembra perso dietro i propri pensieri; -adhd tipo combinato, il bambino che presenta difficoltà sia di irrequietezza motoria che di disattenzione. Tra le cause di tale disordine includiamo fattori genetici, che portano ad una maggiore predisposizione e fattori ambientali (prenatali: stress, fumo, alcol, assunzione di droghe da parte della madre o postnatali: intossicazioni da metalli, ricovero in orfanotrofio, ecc.). In media la diagnosi di ADHD viene fatta intorno agli 8-9 anni attraverso la raccolta di più elementi clinici quali anamnesi iniziale, osservazione qualitativa funzionale delle varie aree di sviluppo neuropsicomotorie e del comportamento del bambino, osservazione neuropsicologica quantitativa attraverso test standardizzati, colloqui informativi/conoscitivi con familiari, insegnanti e bambino, esame medico generale. INDICATORI PER LA DIAGNOSI FUNZIONALE PRECOCE DELL’ADHD * tra 0-18 mesi - pianto inconsolabile, facile irritabilità, bassa tolleranza alla frustrazione, ipertonia (a livello degli arti superiori o inferiori), eccessiva reattività alle stimolazioni, alterazioni del sonno e problemi nell’alimentazione, disordinata discriminazione di persone e oggetti; * tra i 12 e i 36 mesi – ipercinesia e ipermotricità (continuo movimento), coordinazione senso-motoria instabile, eccitabilità e irritabilità, scarso controllo dei bisogni fisiologici, eccessiva reattività alle stimolazioni (visive/uditive), forte eccitazione di fronte alle novità, stati ansiosi, sonno irregolare, tendenza continua a saltare-arrampicarsi e a condotte invadenti, scarsa tolleranza a pause e intervalli, scarso adattamento a turni e regole e insufficiente controllo delle reazioni. Tuttavia tra la nascita e i 6/7 anni la diagnosi di ADHD può essere solo un’ipotesi provvisoria, dal momento che molti bambini che manifestano iperattività nei primi anni di vita non necessariamente sviluppano poi un disturbo di attenzione. CAMPANELLI D’ALLARME DEL DISTURBO ADHD IN ETÀ PRESCOLARE E SCOLARE Sebbene la diagnosi venga fatta con sicurezza in età scolare, possiamo sintetizzare i campanelli d’allarme generali che si colgono già a partire dall’età prescolare (poiché si tratta di una patologia pervasiva a esordio precoce) in: rigidità comportamentale, massimo grado di iperattività, frequente disattenzione, atteggiamento aggressivo e provocatorio, crisi di rabbia, assenza di paura, disturbi del sonno. In età scolare invece gli aspetti caratteristici e persistenti del bambino che preoccupano maggiormente l’insegnante riguardano l’irrequietezza, l’eccessiva motricità, la disorganizzazione, lo scarso interesse su un gioco o un’attività, i tempi di attenzione e di ascolto labili e discontinui, la frequente tendenza nel passare da un compito all’altro senza aver concluso quello precedente. COSE DA NON FARE CON UN BAMBINO/ALUNNO CON ADHD -dirgli di “stare calmo” -parlargli lentamente -farlo leggere o scrivere lentamente e con precisione -non aiutarlo nella sua organizzazione (compiti, attività della giornata) o organizzare le cose al suo posto -fare cambiamenti repentini o togliere dall’ambiente scolastico/familiare qualsiasi stimolo di interesse -fermarlo mentre legge, scrive o esegue un compito -dare richiami o spiegazioni troppo lunghi o reiterati -negare o procrastinare riposi, intervalli, attività motorie o ludiche -dirgli che è svogliato, pigro o non intelligente -imporgli di stare fermo o attento. CONSIGLI E STRATEGIE UTILI PER AIUTARE UN BAMBINO CON ADHD Sintetizziamo di seguito alcune strategie educative/riabilitative che un professionista, un genitore o un insegnante può mettere in atto al fine di migliorare le Funzioni Esecutive del bambino con ADHD le quali, se disorganizzate, possono compromettere l’organizzazione, la pianificazione, il completamento di un compito. -Controllare l’ambiente, riducendo le stimolazioni sensoriali che possono distogliere l’attenzione del bambino e causare reazioni inopportune: eliminare o ridurre le possibili fonti di distrazione tattili (lasciare che il b.no indossi abiti comodi se è infastidito dai materiali ruvidi, etichette dei vestiti, ecc.), visive (cartelloni appesi, mensole con giochi o libri vari), uditive (finestre aperte). -Non bisogna pretendere che il bambino stia troppo fermo, piuttosto concedergli un certo grado di movimento, sia durante le attività scolastiche che nei compiti a casa. In questo modo paradossalmente eviteremo che sprechi inutilmente le sue risorse nel tentativo (fallimentare) di bloccare tutti i movimenti irregolari e lo indirizzeremo verso il compito. Ad esempio a scuola, durante la lettura di un brano, può manipolare e stringere una pallina di spugna, oppure l’insegnante può innalzare il suo livello di arousal soprattutto alla prima ora di lezione chiamandolo spesso per nome con tono deciso e squillante, e ponendogli domande su ciò che ha compreso circa la lezione precedente (memoria di lavoro-richiamo delle conoscenze pregresse), o facendogli leggere parole/frasi alla lavagna (al cosiddetto “colpo d’occhio “) mentre esegue semplici schemi crociati da seduto. -Per facilitare il processo di apprendimento a scuola, è consigliabile presentare un nuovo argomento variando il tono di voce e sempre in maniera differente attraverso figure e stimoli colorati e lasciare del tempo affinché la lezione venga assimilata; utilizzare supporti di memoria per organizzare le attività e ricordare le informazioni; porre domande per aumentare l’allerta e la motivazione del bambino; aiutarlo a costruirsi un metodo di studio selezionando le informazioni salienti, trovando e cercando le parole chiave, realizzando semplici mappe concettuali, dunque imparare ad analizzare la propria prestazione (momento metacognitivo). -A casa sarebbe opportuno preparare uno spazio adeguato dedicato allo svolgimento dei compiti e non modificarlo, mentre a scuola scegliere una posizione che sia in prima fila e vicino ad una parete, per ridurre gli stimoli laterali che potrebbero distrarre il bambino. -Durante la ripetizione di un argomento di storia o scienze, incitare il bambino a camminare attorno al tavolo o a muovere i piedi su un elastico attaccato alle gambe di una sedia, oppure usare gli antistress per dargli la possibilità di muoversi stando fermo e di essere più concentrato. -Aiutare il bambino a focalizzarsi su un’idea per volta: suddividere, sia a scuola che a casa, compiti lunghi e complessi in sotto unità più semplici, promuovendo pause frequenti di movimento volte al recupero attentivo, e dare al massimo due istruzioni sequenziali per volta (semplificarle). Al fine di non scoraggiare il bambino quando vede la mole di esercizi da fare, sarebbe opportuno fornire un approccio strategico e suggerire un passo alla volta per svolgere un compito (1° passo- capire cosa fare, 2° passo- capire come posso farlo, 3° passo- realizzare il compito, 4° passo- monitorare e ricontrollare il compito). È possibile anche predisporre un calendario della settimana attaccato nei pressi della scrivania, con su scritti i vari compiti che in genere vengono assegnati per quel giorno specifico. -È importante stabilire delle routine e creare delle attività costanti nel tempo e nello spazio, dal momento che i cambiamenti repentini tendono a sovraccaricare e disorganizzare il bambino. Pianificare i cambiamenti attentamente e comunicare in anticipo quando qualcosa di nuovo interferisce con la routine quotidiana. -Evitiamo di collocare le attività più impegnative e che richiedono un maggior impegno intellettivo nei momenti in cui il bambino è poco attivato o attento (a inizio giornata, intorno alle ore 9.00-10.00, la sua attività elettrica corticale è sempre bassa, subisce invece un incremento verso le ore 11.00-12.00 e le ore 17.00-18.00) o troppo stanco (a fine giornata). -Chiediamo al bambino di raccontarci in quale modo sta svolgendo un compito o un gioco e in quali altri modi potrebbe farlo, stimolando la sua immaginazione e la sua flessibilità di pensiero. -Aiutiamolo a riflettere e a non perseverare sui propri errori, senza rimproverarlo ma suggerendogli delle strategie per migliorare. Ad esempio, se il bambino è disorganizzato e caotico nel momento in cui deve preparare lo zaino o deve svolgere i compiti, possiamo supportarlo con delle immagini che gli indichino i vari passi da compiere in modo che non si perda, non si scoraggi e non commetta qualche errore. -Quando vogliamo appurare che il bambino stia prestando attenzione e stia comprendendo le nostre richieste, occorre guardarlo negli occhi o fornire dei supporti fisici (ad es, toccare con fermezza la sua spalla, se non è ipersensibile al tatto). -Rinforzare positivamente il bambino valorizzando anche i più piccoli progressi ed evitando di sottolineare ciò che egli non ha portato a termine, e modulare il tono di voce (non troppo alto perché potrebbe causare disagio al bambino). ADHD E METODO DI STUDIO Per un bambino con adhd adottare un metodo di studio efficace permette di migliorare la qualità dell’apprendimento. Un ruolo fondamentale è rivestito dalla motivazione, che rappresenta la spinta alla base dei nostri comportamenti: essa può essere estrinseca (il bambino studia per ottenere ricompense o premi) o intrinseca (studia per apprendere nuove cose e perché gli piace). Le difficoltà di concentrazione, la stanchezza o le condizioni esterne caotiche dei bambini con adhd incidono negativamente sull’apprendimento e sul metodo di studio. È importante consigliare ai bambini con adhd di dormire un numero sufficiente di ore, evitare l’abuso di videogiochi o computer, studiare in un ambiente confortevole e tranquillo, senza rumori o distrazioni. Per un corretto metodo di studio è importante la rielaborazione personale dei contenuti appresi e dunque possiamo suggerire al bambino con adhd di esprimere i concetti appresi con parole proprie, creare collegamenti con argomenti passati, evidenziare gli aspetti principali da ricordare, chiarire ciò che risulta incomprensibile, organizzare I contenuti per recuperarli facilmente in futuro. E, per ricordare le nuove conoscenze, bisognerebbe ripetere per facilitare la memorizzazione, sfruttare la memoria visiva con l’uso di mappe o schemi, ripassare spesso i contenuti studiati, mantenere allenata la memoria con esercizi e giochi. Anche l’autonomia è una componente fondamentale del metodo di studio: essere autonomi significa essere capaci di procedere nello studio senza aver bisogno di aiuto e consente al bambino con adhd di apprendere per conto proprio e di acquisire nuove conoscenze che esulano dal contesto scolastico. Tnpee Francesca Tabellione Tnpee Erika D’Antonio

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da Erika

CARATTERISTICHE, CAUSE E DIAGNOSI DI UNO DEI DISTURBI PIÙ FREQUENTI DELL'ETÀ EVOLUTIVA: l'ADHD

La sindrome da deficit di attenzione e iperattività esordisce nell'infanzia e nella preadolescenza. Generalmente, il disturbo si manifesta prima dei 7 anni (secondo i criteri diagnostici del DSM-5, è necessario che alcune manifestazioni insorgano entro i 12 anni di età). La sintomatologia primaria dell'ADHD include: ✓Disattenzione ✓Attività motoria persistente e continuativa (iperattività) ✓Impulsività comportamentale e verbale. Si possono distinguere tre varianti del disturbo: ✓Inattentiva (con disattenzione predominante); ✓Iperattiva-impulsiva; ✓Forma combinata o mista. In ogni caso, le manifestazioni sono eccessive e non coerenti rispetto all'età cronologica o rispetto al livello di sviluppo. I bambini affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività sembrano essere sempre occupati in qualche attività, anche se spesso non la portano a termine, poiché distratti continuamente da nuovi e vari stimoli. La tendenza a non ascoltare e/o l'eccessiva attività motoria comportano uno stato di irrequietezza, una difficoltà a stare seduti e un'incapacità nell'attesa della turnazione o nel rispetto di semplici regole sociali. Queste manifestazioni (iperattività, impulsività e disattenzione, comportamenti agitati, oppositivi e provocatori...), rappresentano la conseguenza dell'incapacità del bambino con ADHD di controllare i propri impulsi e le proprie risposte motorie e/o emotive nei confronti degli stimoli ambientali, e di focalizzare la propria attenzione su un singolo compito. La sindrome da deficit di attenzione e iperattività influenza il rendimento scolastico, la capacità di sviluppare un comportamento sociale appropriato e le strategie di problem solving (pensiero e ragionamento), e può associarsi anche a deficit neurologici non specifici, disfunzioni sensitive, incoordinazione e impaccio motorio sia generale che fine. Le difficoltà nelle relazioni sociali e affettive possono persistere fino all'età adulta. Quali sono le cause dell’ADHD? Le cause dell’ADHD, sebbene non siano ancora del tutto conosciute, possono essere multifattoriali, ovvero di natura: ✓Genetica (esistenza di un’associazione tra l’ADHD e alcuni geni. Ad esempio, un’alterazione nel gene responsabile della produzione di un neurotrasmettitore (dopamina) potrebbe essere una delle cause di questo disturbo: la dopamina è quella sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni e, quindi, è alla base di molti processi cognitivi, come attenzione e memoria, entrambi compromessi in questi bambini. Vi è dunque una familiarità del disturbo: un bambino affetto da ADHD ha 4 volte più probabilità di avere un parente con la stessa disfunzione) ✓Neurobiologica (difetti nella struttura e nel funzionamento della parte frontale del cervello, responsabile di processi esecutivi primari come la pianificazione e l’organizzazione del comportamento, l’attenzione, la flessibilità e il controllo inibitorio. I deficit strutturali possono interessare anche la regione cerebrale che regola le emozioni (sistema limbico) e una parte del sistema nervoso che regola la comunicazione all’interno del cervello (gangli basali). Tutte queste regioni cerebrali sono interconnesse tra di loro e un deficit anche in una sola di esse potrebbe originare il disturbo). ✓Ambientale (esposizione prolungata a fumo di sigaretta, abuso di alcool o droga in gravidanza, ipertensione, stress, complicanze durante il parto, nascita pretermine, basso peso alla nascita. Tali fattori non causano in maniera diretta questo disturbo ma possono favorire la comparsa di alterazioni nei geni, che portano poi all’insorgenza dell’ADHD) ✓Biochimici (esposizione a vernici, pesticidi, piombo e certi additivi alimentari). Come viene effettuata la diagnosi di ADHD? Il neuropsichiatra infantile può diagnosticare l’ADHD attraverso: ✓colloqui riguardanti la storia clinica del bambino; ✓esami neurologici volti a valutare lo stato mentale del bambino e il suo sistema motorio (forza muscolare, coordinazione, riflessi); ✓valutazione delle funzioni esecutive generali; ✓colloqui volti a valutare eventuali disturbi mentali presenti in famiglia; ✓questionari relativi al comportamento del bambino, compilati dai genitori e dall’insegnante; ✓questionari circa una valutazione globale della gravità del disturbo compilato dal neuropsichiatra stesso. Le manifestazioni alla base della diagnosi dell'ADHD sono la disattenzione, l'iperattività e l'impulsività, le quali vanno valutate attentamente per gravità, intensità e persistenza e diversificate dai normali episodi di ridotta concentrazione e vivacità fisiologica di molti bambini. Il medico deve escludere la presenza di altre malattie, situazioni o eventi che possono causare comportamenti temporanei e i sintomi dell'ADHD (ad esempio: problemi di udito, difficoltà di apprendimento, ansia o depressione). In particolare, è importante che i sintomi chiave della sindrome (deficit di attenzione, iperattività e impulsività) siano presenti per almeno 6 mesi, si manifestino prima dei 7 anni e in più di un contesto di vita del bambino (es. scuola, famiglia e società). Negli adulti, l'ADHD si può manifestare con sintomi più vari, ma per porre la diagnosi è necessario individuare la presenza del disturbo nell'infanzia. Come si presentano i bambini con tale disordine? I bambini che soffrono di ADHD hanno spesso difficoltà ad organizzarsi nella loro vita quotidiana, sia con i compiti che con le altre attività extra-scolastiche. Inoltre, manifestano notevoli difficoltà nell'organizzazione spazio-temporale: non riescono a mantenere in ordine la loro stanza, i loro materiali o gli oggetti, eseguono i compiti in maniera disordinata e disorganizzata, gestiscono male il tempo senza riuscire a rispettare le scadenze. Per questo motivo, il consiglio che diamo ad un genitore o ad un'insegnante è quello di cercare di osservare attentamente i comportamenti del loro bambino, senza giudicarlo ma facendolo sentire amato e soprattutto compreso, dargli poche regole, semplici e chiare, meglio se in positivo. In particolare, è fondamentale cercare di "premiare" lo sforzo del bambino quando adotta comportamenti più consoni a daterminate situazioni o circostanze, anche se non sono ancora traguardi comportamentali pienamente raggiunti e soddisfacenti. Quali sono i disturbi associati all'ADHD? La sindrome da deficit di attenzione e iperattività può presentarsi in comorbilità ad altri disturbi, che possono complicare notevolmente la diagnosi e il trattamento. Le condizioni più comunemente correlate all'ADHD sono: ✓DOP o Disturbo oppositivo-provocatorio ✓DC o Disturbo della condotta (caratterizzato da comportamenti antisociali); ✓DSA (dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia); ✓Disturbi del sonno; ✓Disturbo borderline di personalità; ✓Disturbi dell'umore (soprattutto bipolare e depressione maggiore); ✓Disturbi d'ansia; ✓Disturbo ossessivo-compulsivo. Qual è l'intervento più idoneo per trattare la sindrome di ADHD? È fondamentale un approccio multimodale, che coinvolga il bambino, la famiglia e la scuola e che includa un intervento cognitivo-comportamentale, farmacologico (i medicinali, tra cui il metilfenidato e l'atomoxetina, permettono di controllare i sintomi dell'ADHD, ma non curano la sindrome e sono sconsigliati a bambini di età prescolare), psicoterapico (soprattutto in età adolescenziale e adulta), cambiamenti dello stile di vita, al fine di ridurre i sintomi dell'ADHD e migliorare le disfunzioni che la condizione comporta. Più l'intervento è precoce e tempestivo, e maggiori saranno i miglioramenti su tutti gli aspetti di vita del bambino (emotivo, sociale, comportamentale, apprendimento). L'intervento educativo/abilitativo si basa sul mantenimento di un programma giornaliero, sul miglioramento di tutte le funzioni esecutive di base compromesse (motorio-prassiche, emotive, cognitive), premiando il comportamento positivo, con condivisione degli obiettivi sia da parte dei genitori e sia dagli insegnati, i quali vengono inclusi nel percorso terapeutico. Il trattamento mira a ridurre, dunque, i comportamenti disfunzionali del bambino con ADHD. Dottoressa Francesca Tabellione

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disprassia le fragilità emotive (1)

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COS'È L'ALESSITIMIA?

QUAL È LA RELAZIONE CON IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO? L’alessitimia, o assenza di parole per esprimere le emozioni, è la ridotta capacità di una persona a riconoscere ed elaborare coscientemente le proprie emozioni. È anche definita come analfabetismo emotivo. Si differenzia dell’anaffettività in quanto la persona anaffettiva è incapace di provare emozioni, mentre l’alessitimico non riconosce e non sa descrivere i propri stati emotivi né le emozioni altrui. L’alessitimia per la psicologia non è di per sé una patologia, infatti non è presente nel DSM-5, ma rappresenta un modo di essere che può essere connesso a diversi disturbi psicofisici. Questa parola viene dal greco e si compone del prefisso a-, che indica mancanza, lexis, che significa parola, e thymos, emozione. La conoscenza del proprio mondo emotivo, dei sentimenti e delle emozioni, così come la capacità empatica ha notevoli ripercussioni nel processo psicofisico di sviluppo dell’individuo. Le emozioni rappresentano un importantissimo elemento psicosomatico e sono fondamentali per l'elaborazione e la conoscenza del Sé e per stabilire rapporti interpersonali adeguati. L' alessitimico manifesta disturbi nella sfera cognitiva con difficoltà a: -identificare e distinguere sentimenti ed emozioni e questi da sensazioni derivanti da alterazioni somatiche non emozionali -comunicare agli altri le proprie emozioni e ciò che si prova -comprendere o sentire gli stati emotivi e i sentimenti di un’altra persona -mettere in atto processi immaginativi -scarsa o assenza di empatia - difficoltà nel guardarsi dentro e nel prendere decisioni. Le persone alessitimiche tendono a descrivere gli eventi con ricchezza di particolari, ma la comunicazione risulta piatta, carente di fantasia e immaginazione e priva di intensità emotiva, in quanto mancano i riferimenti a vissuti interiori, a desideri, a paure o sentimenti. Anche se nella definizione non viene generalmente inclusa la difficoltà nel monitorare le emozioni e i sentimenti delle altre persone, numerosi studi hanno dimostrato che i soggetti con elevati punteggi di alessitimia mostrano importanti problematiche nell’identificazione delle emozioni a partire dall’espressione facciale degli altri. È stato inoltre osservato che individui alessitimici manifestano una limitata capacità di empatizzare con gli stati emotivi di altre persone (Parker et al., 2001). Il soggetto alessitimico, data l’incapacità di identificare e descrivere i propri stati emotivi, tenderebbe a concentrarsi esclusivamente sulle sensazioni fisiche che accompagnano le emozioni, e questo comporterebbe un’amplificazione di tali sensazioni e un’interpretazione errata dei segnali corporei come sintomi di malattie organiche (teoria della somatizzazione) (Lundh & Simonsson-Sarnecki, 2001). Alcune ricerche evidenziano gravi difficoltà nel rapporto con le figure di riferimento durante i primi anni di vita, periodo centrale dello sviluppo psicoaffettivo di ogni persona. Sembra che l’alessitimia nasca in risposta a un contesto familiare in cui non è presente una relazione affettiva adeguata che permetta al bambino di sviluppare la mentalizzazione, ovvero la capacità di riconoscere e modulare i propri stati emotivi. In quanto disregolazione emotiva, è stato dimostrato che nella relazione tra madre e bambino, nel neonato non si sviluppa, o si sviluppa solo parzialmente, la capacità di regolazione fisiologica dell’organismo e del controllo emozionale. Alcuni autori hanno poi ipotizzato che gli individui che hanno difficoltà a percepire i propri stati emotivi, a identificarli e a differenziarli, tendono ad attuare in modo intensivo e continuativo comportamenti maladattivi e disfunzionali, nel tentativo di regolare e controllare le emozioni, altrimenti vissute come intollerabili e non gestibili. La presenza concomitante di alessitimia è alla base di diversi aspetti delle difficoltà socio-emotive che si riscontrano comunemente negli individui con Disturbi dello Spettro Autistico. Per esempio, alcuni studi hanno dimostrato che l’alessitimia è all’origine della difficoltà a guardare negli occhi e riconoscere le espressioni facciali e vocali delle emozioni (Bird & Cook, 2013). Un altro aspetto direttamente influenzato dalla presenza di alessitimia sembra essere quello del decision-making (presa di decisioni): la ridotta capacità di riconoscere il proprio stato interno comporta che i segnali emotivi non vengano percepiti, e dunque integrati, durante il processo di decision-making, e questo può portare a processi di scelta non esaustivi (Shah et al., 2016). Una ricerca molto recente di Gaigg e collaboratori (2018) ha valutato l’ipotesi che l’alessitimia comporti una riduzione della consapevolezza di altrimenti intatti aspetti fisiologici delle esperienze emotive nei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD). Lo studio ha incluso 13 adulti con ASD (1 donna e 12 uomini) e 13 adulti neurotipici (tutti uomini), simili tra loro per età, funzionamento cognitivo e presenza di alessitimia. Ai partecipanti è stato chiesto di mettere in ordine 70 immagini a seconda che li facessero sentire bene o male, e in base a quanto intensa fosse l’esperienza emotiva. I risultati emersi suggeriscono che la presenza di alessitimia comporti una disfunzione della misura in cui l’arousal fisiologico modula l’esperienza emotiva soggettiva in soggetti con o senza diagnosi di ASD. Ciò consente di fare alcune considerazioni su come essere di supporto alle persone con ASD che manifestano alessitimia in comorbilità: l’alessitimia, infatti, tende ad avere un impatto negativo sull’efficacia dei trattamenti psicoterapeutici, e le persone con ASD cercano frequentemente aiuto per problematiche come ansia e depressione. Poiché sembra che l’alessitimia includa una difficoltà ad avere consapevolezza dell’arousal fisiologico connesso all’attivazione emotiva, se ne deduce che le terapie basate sulla mindfulness, promuovendo una maggiore consapevolezza dell’esperienza momento per momento di pensieri, emozioni e sensazioni corporee, potrebbero essere utili per liberare l’effettivo potenziale degli interventi psicoterapeutici con persone con ASD e alessitimia (Gaigg et al., 2018). ••••• DISPONIBILE PER L'ACQUISTO IN PDF ••••••••

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COPERTINE (81)

da Erika

PERCHÉ È IMPORTANTE CHE IL BAMBINO SCRIVA A MANO anziché SU TASTIERA?

Oggi siamo immersi in un mondo tecnologico, intriso di stimoli visivi e uditivi, in cui le immagini sullo schermo si susseguono l'uno dopo l'altro e dove tutto scorre in modo così rapido e caotico. Spesso noi professionisti ci troviamo di fronte a insegnanti concordi nel far utilizzare il pc a bambini che manifestano difficoltà di scrittura o Disgrafia. Tuttavia, noi consigliamo loro di "far rimanere" il bambino nel gesto grafico, anche nel caso in cui tale processo si presenta complesso, faticoso e dispendioso: il reclutamento della mano nell'atto dello scrivere con la penna consente di riattivare il CIRCUITO SENSORI-MOTORIO, il quale consente di definire i complessi pattern visuo-motori della scrittura sul foglio. Tale processo di recupero, sia allografico sia grafo-motorio, richiede di attivare le immagini mentali visuo-spaziali e motorie immagazzinate in memoria in modo sincrono e implicito nell'atto stesso dello scrivere, oltre ai processi sensoriali visivi, propriocettivi, cinestesici e tattili. Qual è la differenza tra SCRITTURA A MANO e SCRITTURA DIGITALE? ✓La TASTIERA facilita il richiamo del grafema riportandolo sul tasto e non richiede la complessa attivazione di movimenti necessari alla realizzazione dei pattern grafo-motori. Pertanto, la scrittura su tastiera implica un apprendimento spaziale legato alla tastiera stessa, alla sua forma e alla collocazione visiva delle lettere rispetto alle sue coordinate. Inoltre, il movimento primario, quello di localizzazione e di raggiungimento, non richiede un gesto motorio fine complesso, bensì la definizione delle traiettorie delle dita nel movimento diretto a un tasto. ✓La SCRITTURA A MANO, invece, richiede di stabilizzare il movimento che definisce la forma della lettera arrivando a costruire un modello di rappresentazione mentale delle caratteristiche spaziali delle lettere. L'interrogativo più grande è capire cosa accade a livello funzionale nel cervello e quali effetti produce l'impiego di una modalità di scrittura rispetto all'altra. ✓I bambini che scrivono a mano sembrerebbero riconoscere con più facilità le lettere e mantenerle maggiormente in memoria (Longcamp et al., 2006). Alcuni studi hanno permesso di affermare l'importanza dell'attività motoria sincrona alla vista delle lettere tracciate che consentirebbe di costruire una memoria specifica per cui la vista di un carattere attiva il pattern motorio necessario alla sua realizzazione richiamandone l'immagine mentale stessa. La scrittura a mano, oltre ad attivare le aree motorie, sembrerebbe anche attivare le aree visive: la percezione della lettera è facilitata dall'esperienza grafica e l'esperienza della scrittura sarebbe importante per il processamento delle lettere nel network cerebrale. Questo aspetto ha anche delle ripercussioni sulla qualità dei processi di lettura. ✓l bambini che scrivono a mano manifestano inoltre una migliore proprietà comunicativo-linguistica e un pensiero più fluido e organizzato: con l'automatizzazione della scrittura, infatti, la qualità e la quantità di ciò che viene ad essere fissato con il gesto grafico sembrerebbe più ricca e il linguaggio maggiormente sviluppato e ampliato dal punto di vista logico e sequenziale. In particolare, alcune scoperte hanno evidenziato che la SCRITTURA IN CORSIVO (più che con tastiera o in stampatello) consentirebbe di acquisire una maggiore capacità di autocontrollo, fondamentale per prevenire eventuali inversioni di lettere, dunque andare incontro ad una disortografia. L'apprendimento del corsivo rappresenta dunque uno strumento importante per lo sviluppo cognitivo, garantendo una specializzazione funzionale e l'accesso a prestazioni più efficienti dal punto di vista sintattico e ortografico (Morin, Lavoie et al., 2012). Dott.ssa Francesca TabellioneDott.ssa Erika D'Antonio

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