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da Erika

FUNZIONI PSICOMOTORIE, DISTURBO DI DISPREVALENZA E DISTURBI DI REGOLAZIONE E DELL’INTEGRAZIONE SENSORIALE DA 0 A 3 ANNI

A cura della dott.ssa Francesca Tabellione LE FUNZIONI PSICOMOTORIE Secondo la teoria di Le Boulch, il SNC regola lo scambio delle informazioni tra la persona e l’ambiente e definisce la risposta dell’individuo, tramite movimenti (prassie) e linguaggio. Queste due risposte fanno capo alle funzioni OPERATIVO-COGNITIVE, ovvero legate alle azioni di ogni tipo, della persona nel suo ambiente. Queste azioni però dipendono da un’altra funzione più primitiva di matura energetica, ovvero hanno bisogno di energia per essere svolte. Questa energia viene raccolta, immagazzinata e distribuita da alcuni sistemi della funzione energetico-affettiva che si esercita in due direzioni: verso la muscolatura, determinando un tono di base e verso la corteccia cerebrale, stimolando il livello di vigilanza, ovvero l’attenzione. Si chiama Funzione ENERGETICO- AFFETTIVA perché è proprio l’aspetto emotivo a influenzare in modo profondo il tono e la vigilanza, poiché una buona relazione stimola interesse e motivazione a conoscere, dunque stimola l’attenzione. Le Boulch chiamò: FUNZIONE DI AGGIUSTAMENTO, che in neurologia viene chiamata funzione di integrazione sensoriale, ovvero la possibilità di sperimentare, variando le risposte personali, le opportunità di iniziativa, di movimento autonomo, spontaneo e controllato sia in ambito delle relazioni sia nella gestione dell’ambiente. Queste esperienze modulano e ridefiniscono le risposte del SNC, amplificando il sapere motorio e cognitivo FUNZIONE DI PERCEZIONE o funzione gnosica, corrisponde alla capacità di prendere coscienza delle informazioni sensoriali, esterocettive o propriocettive ed è strettamente connessa alla capacità di porre attenzione, ovvero rendere coscienti le informazioni raccolte e quindi di strutturare la nascita delle immagini mentali, creando una conoscenza stabile della realtà. La rappresentazione mentale è la base della funzione simbolica sia verbale che grafica. Tutte le informazioni sensoriali raccolte dalla nascita lasceranno una traccia indelebile nel sistema vestibolare, vero e proprio organizzatore delle attività legate allo sviluppo psicomotorio e all’apprendimento. Quest’ultimo è implicato nella percezione del proprio corpo, nell’orientamento spaziale, nell’equilibrio, nella pianificazione motoria, nella coordinazione bilaterale, nel tono muscolare, nei movimenti oculari saccadici, nella percezione uditiva e temporale, nella sicurezza emotiva. Ricordiamo che un corretto sviluppo psicomotorio è legato alla capacità di porre attenzione, alla flessibilità cognitiva, alla capacità di pianificazione e di prendere decisioni, alla capacità di inibizione, di frenaggio e di autoregolazione emotivo-comportamentale, al tono muscolare, allo sviluppo delle abilità accademiche, sociali e relazionali. I principali fattori psicomotori, che rappresentano un’ulteriore suddivisione delle funzioni psicomotorie, e che esprimono le potenzialità individuali, devono essere sviluppati o potenziati precocemente, al fine di garantire un comportamento motorio-prassico, emotivo e cognitivo ottimale e/o adeguato.  IL DISTURBO DI DISPREVALENZA MOTORIA Corrisponde a un’asimmetria tonica di una parte del corpo rispetto all’altra e viene elaborata a livello di formazione reticolare paramediana, ovvero è il risultato di una particolare attivazione delle zone mesencefaliche e del tronco cerebrale, responsabile della prevalenza tonica di una parte del corpo rispetto all’altra. Il disturbo di disprevalenza Il disturbo di mancata affermazione della prevalenza motoria genetica si organizza per le seguenti cause: problemi alla nascita o durante il parto (ad esempio asfissia), scarsa integrazione sensoriale, interferenze educative genitoriali, presenza di ambliopia alla nascita (Federici, 2010), ritardo psicomotorio collegato a disturbo dell’attaccamento. Il corpo del bambino deve adattarsi all’ambiente attraverso un mancato riconoscimento di una caratteristica genetica personale. I principali segni e sintomi, a livello comportamentale e sociale, di tale disturbo sono: -inefficacia, -imapacci motori e maldestrezza, -precoce affaticabilità, -alternanza di lentezza e precipitazione, -lentezza nella reattività generale, -scarso autofrenaggio e autocontrollo (impulsività),- difficoltà negli schemi motori rapidi e crociati, -scarsa integrazione bilaterale (tra la parte dx e sx del corpo), – disturbi dell’organizzazione spazio-temporale e dello schema corporeo. A livello scolastico avremo: -difficoltà nell’esecuzione fluida della scrittura (disgrafia e disortografia), -nel rispettare l’orientamento spaziale, -le direzioni e i versi, -difficoltà nel processo di automatizzazione e memorizzazione delle tabelline e di alcune sequenze matematiche e linguistiche, -dislessia. Un’altra causa, come sopra citata, che comporta un disturbo di DISPREVALENZA è il problema visivo della ambliopia: i soggetti ambliopi utilizzeranno per le attività di coordinazione oculo-manuale la mano dalla parte corrispondente all’occhio che vede meglio, anche se questo non è quello prevalente dal punto di vista tonico-motorio. Sotto il profilo neurobiologico, Siegel (1999) ha osservato come le nostre esperienze, soprattutto quelle dei prima anni di vita, influiscano sulle connessioni neuronali e sull’organizzazione dell’attività cerebrale, influenzandole in modo significativo: le esperienze non solo determinano le informazioni che pervengono alla nostra mente, organizzando tutto il sistema percettivo, ma plasmano anche le stesse modalità con le quali la mente sviluppa la capacità di elaborare tali dati. Quando non si afferma la prevalenza motoria naturale, significa che l’attivazione vestibolare del fascio extrapiramidale del sistema efferente coinvolge la mano, l’occhio, l’orecchio e il piede dell’emisoma meno efficace e meno funzionale: ciò impedisce al bambino di realizzare un sistema di protezione personale sicuro ed efficiente.  I DISTURBI DELLA REGOLAZIONE La regolazione è un processo biologico che può essere definito come la capacità che un bambino possiede sin dalla nascita di regolare i propri stati emotivi e di organizzare l’esperienza e le risposte comportamentali. Il rapporto con l’ambiente e con il tipo di attaccamento con la madre consentono, o meno, al bambino di attivare i propri meccanismi di regolazione e di controllo. Il bambino da 0 a 3 anni non è capace di regolarsi da solo: ha bisogno di un ambiente che lo aiuti. La qualità dell’attaccamento che si realizza con i caregivers è la prima condizione che consente il processo precoce di regolazione: grazie alla sua precoce capacità di autoregolazione, il bambino può modulare la tensione che proviene da eventi stressanti di tipo ambientale (luci, rumori, o di interazione con una madre o troppo stimolante o poco stimolante). Le esperienze di interazione si devono manifestare con una connotazione di regolarità, stabilità e disponibilità che sono criteri per garantire uno sviluppo psicomotorio funzionale: – la regolarità corrisponde alla soddisfazione di un bisogno – attaccamento sicuro Si organizzano in questo modo delle strategie collegate alle modalità di regolazione che consentono prima la regolazione degli stati biologici (sonno, veglia, alimentazione) e poi la regolazione degli affetti e delle emozioni. La mancata azione regolativa svolta dal caregiver può costringere il bambino a forme di autoregolazione e di autoconsolazione che possono inibire le nascenti capacità relazionali, fino all’esperienza dell’attaccamento disorganizzato. Il processo di separazione – individuazione dai genitori influenza notevolmente lo sviluppo psicomotorio, al punto che la separazione improvvisa e totale dai genitori in bambini molto piccoli influenza negativamente la sua strutturazione psichica. I bambini che non hanno ricevuto una adeguata azione regolativa sviluppano quelle che vengono chiamate “strategie controllanti”, indici di un attaccamento disorientante e disorganizzato del bambino. Ad esempio, quando il bambino ha fame e l’ambiente soddisfa il suo bisogno, egli si regola e con il tempo la sua regolazione risulterà adeguata, circolare e ritmica. Molte mamme invece rispondono con una soddisfazione alimentare ad un bisogno che non è alimentare (come al bisogno di sonno): in questo caso ci troviamo di fronte ad una situazione di DISREGOLAZIONE e il bambino non sarà capace di riconoscere i suoi istinti, in base alle soddisfazioni appropriate ai propri bisogni, poiché la figura di riferimento non gli permette di riconoscere l’origine dello stimolo anzi, tale comportamento genitoriale finisce per confondere l’origine dei proprio stimoli. Altre mamme sono in grado di capire perché il bambino piange poiché si accorgono che il suo pianto non è mai uguale ma si modula a seconda del bisogno.  I DISTURBI DELLA REGOLAZIONE E DELL’INTEGRAZIONE SENSORIALE DA 0 A 3 ANNI La alterazioni del processo di regolazione da 0 a 3 anni, vengono definite “disturbi della regolazione e della processazione sensoriale”, le cui caratteristiche sono le difficoltà del b.no nel regolare le emozioni, i comportamenti e le abilità motorie in risposta a uno stimolo sensoriale, che limitano la capacità di interazione adeguata con l’ambiente. La funzione di Aggiustamento è proprio il luogo di manifestazione di eventuali disturbi della regolazione e della processazione sensoriale. La disregolazione può riguardare alcuni ritmi di base come sonno, alimentazione o la processazione sensoriale, ovvero troppi stimoli, tutti insieme, o pochi stimoli uno per volta e poco efficaci. I disturbi della regolazione e della processazione sensoriale danno luogo a differenti tipologie psicomotorie e caratteristiche comportamentali in base alle diverse tipologie di disregolazione.  Una 1* tipologia è la IPERSENSIBILITÀ: sono bambini che sperimentano gli stimoli sensoriali come avversi e sollecitano i meccanismi della paura. Si avranno due sottotipi, il “pauroso cauto” e il “negativo provocatore”. b. Il tipo negativo provocatore tende a evitare le nuove esperienze e non porta a termine le attività, in generale è aggressivo quando viene provocato, è controllante, a volte compulsivo e perfezionista, non si adatta facilmente alle routine, manifesta goffaggine e difficoltà di controllo motorio. La tipologia psicomotoria cui questa forma può sfociare è quella dell’ INSTABILE IPERCINETICO. Una 2* tipologia è la IPOSENSIBILITÀ con IPORESPONSIVITÀ: sono bambini che ricercano gli stimoli sensoriali, sono calmi e vigili ma poco reattivi alle risposte degli altri, sono caratterizzati da iporeattività agli stimoli, esplorazione e gioco limitati, ridotta capacità motoria, goffagine, apatia e affaticabilità. La tipologia cui può corrispondere è quella dell’ INIBITO PASSIVO.  Una 3* tipologia è la IMPULSIVITÀ – RICERCA DI STIMOLAZIONE SENSORIALE: sono bambini che richiedono una elevata intensità dello stimolo per rispondere alle richieste fatte e cercano attivamente la stimolazione esterna, tanto che questa condizione può essere associata in seguito all’ adhd. A livello motorio emerge impulsività con difficoltà nel percepire le distanze e l’orientamento, a livello comportamentale si evidenzia invece una continua attività e bisogno di toccare compulsivamente persone e oggetti. Questi bambini in età prescolare sono eccitabili, hanno difficoltà nell’autoregolazione e nell’autocontrollo, sono aggressivi e invadenti, estremamente impulsivi. La tipologia psicomotoria è quella dell’ INIBITO SCOORDINATO ATTIVO. È importante sottolineare che spesso i bambini con disturbi di regolazione non vengono riconosciuti precocemente, piuttosto vengono considerati erroneamente come bambini testardi, pigri, svogliati, difficili, aggressivi o provocatori, capricciosi. Inoltre le manifestazioni patologiche vengono scambiate con tratti comportamentali caratteriali e dunque non vengono messi in atto interventi tempestivi precoci.

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da Erika

LE FRAGILITA’ EMOTIVE E PSICOSOCIALI: MANIFESTAZIONI SECONDARIE DEL DISTURBO DISPRASSICO

La diagnosi di Disprassia è molto spesso tardiva, intorno ai 9/11 anni, a volte nell’adolescenza. Solo negli ultimi anni il riconoscimento del quadro disprassico sta emergendo progressivamente anche in età prescolare. La diagnosi tardiva ha effetti negativi sulla sfera motoria globale (sport di gruppo, bicicletta, corsa, salire e scendere le scale, saltare la corda), sulla sfera motoria fine (prassie bimanuali, autonomie di vita quotidiana, scrittura, giochi costruttivi), e su quella emotiva e relazionale del bambino, il quale si trova a collezionare una serie di frustrazioni e insuccessi. Ci sono bambini che riescono a fronteggiare e a mettere in atto una serie di capacità rispetto alle loro aree di debolezza e ci sono bambini che non possiedono i mezzi e le strategie per affrontare le proprie difficoltà. Per ragazzi e adolescenti disprassici il supporto sociale sembrerebbe essere un elemento determinante nella modulazione dell’autostima; in particolare alcune ricerche (Harter, 1985, 1988) hanno evidenziato quanto segue: i bambini con disturbo della coordinazione motoria risultano, a livello di autopercezione, molto carenti nei domini di competenza scolastica-atletica-di aspetto fisico-di autostima rispetto ai bambini con sviluppo tipico; gli adolescenti con disturbo della coordinazione motoria risultano, a livello di autopercezione, molto carenti nei domini di competenza atletica-di aspetto fisico-di organizzazione-di accettazione sociale-di autostima rispetto agli adolescenti con sviluppo tipico. Un’altra differenza tra i bambini disprassici e quelli con sviluppo tipico è che i primi sembrerebbero aver bisogno del supporto dell’altro (adulti, genitori, compagni di classe) fino all’adolescenza, soprattutto per quanto concerne le problematiche organizzative, mentre nei secondi tale processo di autonomia si completa, in misura variabile, prima dei 10 anni (Kirby, Sugden, 2011). Le evidenze scientifiche riportano, a diagnosi avvenuta, una narrazione dei bambini e degli adolescenti improntata su una maggiore frustrazione e disapprovazione nel rapporto con i loro genitori fin da molto piccoli (Missiuna, 2008). Le caratteristiche proprie del disturbo sarebbero erroneamente attribuite, da parte di genitori e insegnanti, a una mancanza di impegno e di attenzione durante lo svolgimento di un compito: questi bambini vengono spesso etichettati in modo improprio come pigri o provocatori, andando incontro a maggior vissuti di disapprovazione (Miyahara, Piek, 2006). prevedere ed evitare le situazioni che potrebbero rappresentare una causa di disagio emozionale o aiutare il bambino a prepararsi per lo stress che proverà, discutendo con lui dei possibili ostacoli che incontrerà e delle possibili strategie per affrontarli adeguatamente. adottare un atteggiamento empatico e basato sull’ascolto per comprendere i sentimenti del bambino. Ad esempio, è possibile utilizzare un commento del tipo “so che non è semplice giocare al parco quando ci sono tanti bambini o partecipare a giochi di squadra perché bisogna essere molto veloci, ma possiamo provare ad andare al parco e chiamare solo 2 amichetti (in modo da farlo abituare gradualmente ad un ambiente iperstimolante) oppure possiamo scegliere, almeno inizialmente, uno sport dove non devi necessariamente rispettare il ritmo e la velocità dei tuoi coetanei (arti marziali, judo, nuoto, atletica leggera)”. In questo modo si trasmette al bambino che comprendiamo i suoi stati d’animo, ovvero come si sente in quella data situazione o circostanza, senza assumere un atteggiamento giudicante o sminuire le sue paure e difficoltà; in uno sport di gruppo, bisognerebbe individuare allenatori che favoriscano lo sviluppo individuale di ciascun bambino, piuttosto che privilegiare solo i giocatori migliori, condividendo con loro la situazione clinica e adottando soprattutto una linea comune con i professionisti che hanno in carico il piccolo paziente; risaltare gli sforzi e i tentativi messi in atto dal bambino quando sta svolgendo un’attività prassico-motoria, anche se la prestazione non è fluida e accurata: ad esempio, se il bambino sta imparando ad afferrare bene una palla e a fare canestro ma continua a fallire anche dopo varie prove ed errori, bisogna cercare di elogiare la buona volontà e la fatica e incoraggiarlo a non arrendersi; creare un programma e una routine nella giornata del bambino e, se le routine vengono interrotte, avvisarlo in anticipo del cambiamento, così che egli sia pronto per una nuova organizzazione ed eviti di andare in “stress emotivo”; organizzare momenti di gioco libero o attività sociali per promuovere la relazione con i coetanei, come “andare a casa di un amichetto a fare merenda, andare allo zoo, mangiare un gelato, fare i compiti insieme, ecc”;   al fine di modificare e riorganizzare i circuiti prefrontali, dagli anni prescolari fino all’adolescenza, bisogna intervenire precocemente sulle Funzioni Esecutive “calde”, facilitando i processi di ascolto attivo e focalizzando l’attenzione sui segnali del corpo e sull’emozione che il corpo stesso prova al variare delle situazioni, attraverso l’utilizzo di immagini/storie/fumetti delle emozioni per riconoscere la propria emozione e quella di altri coinvolti (fornire al bambino la terminologia corretta per descrivere ciò che sta provando o ciò che prova l’altro). Lavorare inoltre sulla modulazione efficace delle proprie emozioni e dei propri sentimenti per permettere al bambino di avere scambi relazionali positivi in vari contesti, sulla sequenzialità e temporalità dell’attivazione emotiva attraverso la costruzione e l’organizzazione di storie, per aiutare il bambino a riconoscere cause ed effetti di una situazione emotiva assumendo il punto di vista degli altri: egli dovrà essere capace di predire come si sentirà l’altro nel contesto emotivo indicato in una vignetta (es: “Giorgia non può giocare con la sua altalena perché è rotta. Come si sentirà Giorgia?”); fornire un input vestibolare ritmico ripetitivo (“dondolare, cullare”), effettuare un massaggio profondo, proporre attività di lavoro pesante (“spingere un carrello della spesa, portare uno zaino pesante dietro la schiena mentre si corre-cammina o si salta, trascinare oggetti pesanti”) al fine di favorire una maggiore consapevolezza enterocettiva e corporea e un maggior “sentire senso-motorio” tramite la sperimentazione delle sensazioni in movimento (sensazioni che permettono adattamenti posturali e tonici diversi). Questa maggiore capacità di regolazione interna permetterà al bambino di avvertire meglio i propri stati corporei e di conseguenza regolare le competenze affettive e comunicative con l’altro, rapportandosi adeguatamente al mondo circostante e alle situazioni stressanti che gli si presenteranno nel corso del suo sviluppo. (Articolo a cura della Dott.ssa Francesca Tabellione, tnpee- docente presso enti accreditati, specializzata in neuropedagogia dei processi cognitivi e psicomotricità neurofunzionale, terapista itard)

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da Erika

LO SVILUPPO GRAFO-PERCETTIVO

FASI DI SVILUPPO DELLO SCARABOCCHIO I primi segni della matita sul foglio sono più il prodotto di colpi che di sfregamenti e, a volte, i colpi sono così energici da provocare dei buchi nel foglio. Il controllo motorio del bambino è ancora molto limitato mentre la carica di energia e di entusiasmo è grande. Alle origini l’attività grafica è essenzialmente un fatto organico: il segno è la conseguenza del gesto.Lo sforzo grafico non è affatto limitato solamente alla mano e al braccio, ma impegna la partecipazione di tutto il corpo. Il bambino è in grado di sperimentare visivamente ciò che prima aveva sperimentato solo cenesteticamente. In questo stadio il bambino varia i movimenti e può fare a piacere linee verticali, circolari, orizzontali padroneggiando e affinando l’abilità grafica. L’intenzione di controllare il gesto nasce dall’esame della traccia ed è resa possibile solamente dalla maturazione motoria. Dai tracciati caotici che hanno inizio verso i 16-18 mesi prenderanno vita e si differenzieranno due attività grafiche: la scrittura e il disegno; tali attività, sotto la spinta della maturazione intellettiva, assumeranno le loro caratteristiche specifiche. Ma per molto tempo ancora il bambino è affascinato dal suo scarabocchiare disordinato: egli non tenta di realizzare alcuna immagine visiva e sarebbe perciò sbagliato, in questa fase, volerlo indurre a rappresentare oggetti reali, in quanto lo scarabocchiare rappresenta una forma di gioco. Soltanto tra i 2 e i 3 anni il bambino comincia a dare un nome al suo scarabocchio. Lo scarabocchio provoca piacere motorio e visivo, un’espressione dei movimenti della mano e del braccio sostenuti da una attività globale di tutto o parte del corpo. A 2 anni compaiono i segni circolari e ad angolo; a questa età il bambino non solleva volentieri la matita dal foglio e con molta facilità ne supera i bordi. A 2 anni e mezzo, aumentando il controllo motorio, il bambino non supera più i bordi e fa scivolare la matita con movimenti che ora guida con lo sguardo. Appaiono così i primi scarabocchi sistematici articolati in uno o più riccioli; successivamente vengono disegnati la spirale e un cerchio con molte circonferenze sovrapposte. A 3 anni il bambino non scarabocchia più per il solo piacere del movimento o per sentire la resistenza della matita contro il foglio, bensì per rappresentare sensazioni interne vissute intensamente. A quest’età appaiono cerchi, semplici croci, spazi chiusi, configurazioni a sbarre. È solo verso la fine dei 3 anni che i bambini iniziano a disegnare figure che assomigliano ad abbozzi di casa e di sole. A 4 anni emergono le prime schematiche figure umane mentre alcuni bambini disegnano anche qualche lettera dell’alfabeto. È a quest’età che il bambino esce definitivamente dalla fase dello scarabocchio per entrare in quella figurativa. STADI EVOLUTIVI DELLA SCRITTURA Quella della scrittura è un’attività che richiede movimenti delicati dei muscoli del braccio, del polso e della mano, movimenti coordinati e di grande precisione. Per poter scrivere il bambino deve aver raggiunto la complessa maturazione di alcune capacità motorie. Le condizioni psicofisiche indispensabili al raggiungimento di tale studio grafico si manifestano verso i 5-6 anni. Verso i 3 anni il bambino sviluppa la tendenza a chiudere le forme aperte ed impara a guidare meglio la matita che viene tenuta solo con le dita. La mano è ancora intraruotata, ma inizia a comparire il movimento del polso. A 4 anni alcuni bambini disegnano qualche lettera dell’alfabeto in mezzo a fiori, case e farfalle. Ma non è ancora scrittura, bensì disegno riproduttivo; le lettere sono perciò quasi sempre inclinate, capovolte e speculari. A 5 anni il bambino scrive alcune lettere e in certi casi impara a tracciare, a caratteri grandi e irregolari, il proprio nome. A 6 anni il bambino scrive tutte le maiuscole sbagliando l’orientamento di alcune: di solito la direzione orizzontale, più raramente quella verticale. ACQUISIZIONE DELLE COMPETENZE PSICOMOTORIE Lo sviluppo grafo-percettivo si fonda sulla strutturazione dello schema corporeo, dello spazio-temporalità, della lateralità, costituendone la logica prosecuzione; l’elemento nuovo e fondamentale che opera in tale settore è la capacità di «significare». Essa viene intesa come capacità di tradurre le diverse esperienze senso-motorie legate allo schema corporeo, allo spazio-tempo, in segni grafici compresi in uno spazio-tempo (quello del foglio su cui si scrive, per esempio). Il bambino, prima di imparare a scrivere, ha imparato a dare un significato alle esperienze senso-motorie fatte (sa cos’è un tondo, una linea retta, una curva, una spezzata perché lo ha vissuto) a questo punto si trova a poter applicare ciò che ha vissuto a un campo ristretto particolare: il disegno-scrittura in uno spazio ben definito (foglio, lavagna ecc.). I PREREQUISITI I prerequisiti che occorrono per compiere un atto grafico corretto possono ritenersi i seguenti: - Corretta posizione del corpo e del braccio in rapporto al piano grafico; - Indipendenza progressiva: braccia-tronco, mano-braccio, dita; - Rilassamento globale e segmentario (nel caso: spalla, braccio, polso, mano; - Organizzazione del gesto; - Capacità di controllo del gesto (inibizione volontaria); - Educazione del gesto fine: prensione della matita; - Pressione sull’oggetto usato per «scrivere»; - Coordinazione oculo-manuale; - Organizzazione nello spazio - Strategia di esplorazione visiva dello spazio e progressione da sinistra a destra e dall’alto verso il baso; - Rappresentazione di rapporti spaziali semplici; - Organizzazione temporale: nozione di prima e dopo; comprensione di successione, di ordine, seriazione (ritmo); - Percezione visiva esatta, senza difficoltà o disturbi delle capacità di analisi; - Lateralità affermata; - Possibilità di transfert e reversibilità del pensiero (passaggio dal piano spaziale al piano temporale e viceversa; modificazione dei simboli); - Possibilità di richiamare e mantenere l’attenzione in una situazione determinata. Tutti i fattori sopra esposti si collegano alla organizzazione dello schema corporeo: solamente se c’è conoscenza di sé e della propria collocazione nello spazio è possibile non solo procedere all’esecuzione ordinata di un atto, ma anche di averne coscienza e padroneggiarlo, imprimendogli la direzione che si vuole e prevedendone le conseguenze. ESERCIZI PER L’APPRENDIMENTO STRUMENTALE E FUNZIONALE DELLA SCRITTURA 1. Manipolazione degli oggetti (attraverso il corpo) per sentirne la morbidezza o la rugosità, la plasticità, lo spessore, la forma, la grandezza. 2. Visualizzazione degli oggetti per differenziarne le forme (grande-piccoli, grosso-sottile, spesso-fine ecc.), per discriminare il colore. 3. Orientamento degli oggetti rispetto al sé (vicino-lontano, sopra-sotto, davanti-dietro). 4. Costruire con cordicelle flessibili figure non geometriche (curve) e riprodurle su grandi fogli. 5. Costruire con bastoncini figure derivanti da rette (“V”,”+” ,”Λ”, ecc.) e riprodurle su grandi fogli. 6. Disporre gli oggetti in senso sinistra-destra (dando un punto di riferimento iniziale). 7. Da una disposizione di «segni» rappresentanti oggetti su un foglio, ripetere la situazione con oggetti (riferimento dal «segno» al concreto). 8. Tentativi di riprodurre situazioni vissute personalmente, in gruppo, con oggetti. 9. Orientamento degli oggetti fra loro e nello spazio; strutture di oggetti nello spazio; trasposizione grafica delle strutture liberamente costruite. 10. Analizzare un insieme di oggetti, scomporli, rimetterli insieme, riprodurli senza guardare il modello. ESERCIZI PER LA PERCEZIONE E LA RIPRODUZIONE DELLE FORME La conoscenza e la discriminazione di forme hanno una notevole importanza in ordine all’apprendimento della lettura e della scrittura e sono strettamente legate alla situazione motoria del fanciullo (soprattutto della motricità manuale) e alla sua capacità senso-percettiva. Si inizia con percezioni tattili muscolari, visive e motorie e con l’impiego di materiali a tre dimensioni; gli esercizi puramente visivi e con materiale a due dimensioni, sono più astratti, richiedono maggiore capacità di concentrazione e, almeno in un primo tempo, sono meno adatti a stimolare l’interesse del bambino. RIPRODUZIONE DI FORME La scrittura richiede una buona capacità di riproduzione di forme, tale riproduzione deve essere preceduta da esperienze motorie che aiutino ad analizzare ed interiorizzare la forma stessa. La riproduzione del cerchio può essere preceduta dalle seguenti esperienze: - camminare su un cerchio disegnato a terra dall’insegnante; - disporsi in circolo con i compagni; - riprodurre il cerchio con le braccia; - formare sul pavimento un cerchio con una corda Le figure geometriche vengono riprodotte, dapprima su un piano parallelo al modello, in seguito eseguendo il passaggio dal piano verticale a quello orizzontale. Per il quadrato, il rettangolo e il triangolo sarà utile la riproduzione con bastoni. ESERCIZI PER L’ACQUISIZIONE DELLE CONDOTTE MOTORIE PER L’ATTIVITA’ GRAFICA Nei vari metodi usati per migliorare le attività del bambino nello scrivere e nel disegnare si rintracciano due obiettivi principali: il primo è di far acquisire un migliore rilassamento nel movimento dello scrivere; il secondo è di aumentare il controllo dei movimenti dello scrivere. Sembra opportuno includere nei programmi educativi attività miranti a migliorare sia la percezione che la fluidità del movimento. Se un bambino sembra capace di fare movimenti rilassati e coordinati in spazi relativamente ampi, gli si deve chiedere poi di fare movimenti più precisi ed in spazi minori. Se il tentativo di fare movimenti precisi (necessari per scrivere lettere e numeri) si manifesta con movimenti rigidi e limitati, l’insegnate/educatore deve inserire nel programma educativo attività comprendenti movimenti che liberano l’arto superiore utilizzando ampie superfici (lavagna, grandi fogli di carta). L’obiettivo principale dei programmi miranti a migliorare la coordinazione oculo-manuale e le condotte motorie, coinvolte direttamente nell’atto grafico, è quello di organizzare la capacità di scrivere su una varietà di superfici in vari piani, e di facilitare l’esecuzione di numerosi tipi di movimenti in tutte le direzioni relative al proprio corpo. Occorre fare eseguire al bambino tutta una serie di esercizi riguardanti, soprattutto, la programmazione e l’esecuzione di movimenti fini a livelli, sempre più alti di integrazione neurologica: la motricità cosiddetta fine è possibile soprattutto mediante l’opposizione del pollice alle altre dita. Gli esercizi che aiutano il rilassamento segmentario, la motricità fine delle mani e il controllo del movimento della mano in modo selezionato, preparano le abilità indispensabili per l’apprendimento della scrittura. Gli esercizi idonei, quindi, devono permettere al fanciullo di ottenere l’indipendenza del braccio e della mano, la coordinazione e la precisione dei movimenti delle dita, una pressione e una prensione funzionali, l’uso dei mezzi di espressione grafica. ESERCIZI PER LA PRENSIONE E LA COORDINAZIONE OCULO-MANUALE Si può cominciare con il fare compiere al bambino gesti usuali come: prendere, afferrare, posare; poi gesti simmetrici, asimmetrici, sincroni delle dita: dalla mano chiusa a pugno aprire le dita contemporaneamente, prima adagio e poi tutte d’un colpo; fare le «farfalline» muovendo rapidamente le mani e ruotando il polso. Si faranno, inoltre, eseguire attività come: - aprire e chiudere scatole; - sovrapporre cubi; - avvitare e svitare dadi, botti ecc.; - arrotolare uno spago attorno ad un bastoncino; - utilizzare costruzioni e incastri vari; - piegare della carta; - annodare e sciogliere cordicelle; - strappare della carta dapprima liberamente e poi seguendo dei tracciati; - ritagliare seguendo linee diritte, curve e spezzate e poi figure geometriche; - utilizzare la creta e la plastilina, formando palline con un movimento rotatorio o creando forme liberamente; - infilare ganci per formare catene; - infilare perline; - seguire i profili di oggetti o forme geometriche con il dito. ESERCIZI PER LA PRESSIONE - esercizi di stretta - lasciare impronte della mano e delle dita su plastilina o das; - ritagliare carta, cartone, stoffa, ecc. - conficcare ed estrarre chiodini; - strappare vari tipi di carta (velina, da giornale) in modo da graduare la forza e la pressione; - pressare palle di varia natura (di spugna, di gomma, di ovatta ecc.);- accartocciare carta crespa, carta da giornale, carta velina ottenendo palle di varia natura; - utilizzare i timbri ecc. ESERCIZI PER IL RILASCIAMENTO MOTORIO E LA PADRONANZA DEL GESTO GRAFICO a) Esercizi scrittografici: grandi tracciati per fare acquisire al bambino il rilasciamento del braccio; i tracciati circolari richiedono, infatti, lo scivolamento di tutto l’avambraccio e della mano sulla superficie grafica. b) Esercizi di grande progressione: richiedono l’impegno di tutti i segmenti prossimali (braccio e avambraccio) e l’articolazione della spalla e del gomito. Le forme devono essere eseguite con un tratto continuo per tutta la lunghezza del foglio. c) Esercizi di piccola progressione: impegnano i segmenti più distali (mano e dita). Al bambino sarà richiesto di tracciare una serie di ghirlande che comportano una progressiva flessione delle dita. I tracciati si possono integrare con piccoli disegni eseguiti in serie. MATERIALI PER LA REALIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI GRAFO-MOTORI Occorre considerare in dettaglio i materiali da usare, lo spazio grafico in cui il soggetto deve agire, i dispositivi da allestire affinché le condizioni nelle quali l’esercizio grafo-motorio si attua siano le migliori possibili. I materiali sono svariatissimi: colori-dita, pennelli, pennarelli, gessi, carboncini, penne a sfera, matite. La scelta degli strumenti dell’espressione grafica implica una conoscenza, da parte dell’educatore, delle capacità del bambino e delle possibilità che può offrire il mezzo grafico alle sue esigenze motorie ed espressive. Occorre presentarli rispettando la gradualità delle difficoltà degli stessi. Molto importante è l’uso dei colori-dita come mezzo che soddisfa innanzitutto l’esigenza sensoriale dei più piccoli. Non è raro osservare bambini che effettuano i primi approcci con la digito-pittura impegnando tutti gli organi di senso: a. L’uso dei colori-dita è utile soprattutto per approfondire la conoscenza dello schema corporeo e trasferirla graficamente in grandi fogli stampandovi le impronte di mani e dita. Dall’esecuzione di tali attività ne deriva una maturazione delle parti distali dell’arto superiore che consente la progressiva coordinazione dei movimenti fini della mano e delle dita, per cui il bambino può essere abituato alla prensione e alla coordinazione visuo-motoria mediante l’uso di pennelli e pennarelli che sono una via di mezzo tra la digito-pittura e l’uso della penna. b. L’uso del pennello, per molti bambini, è da considerare un ottimo mezzo di preparazione alla scrittura. Il bambino dovrà imparare ad usarlo tutto per colorare grandi superfici e per lasciare dei tratti spessi e doppi indispensabili per esprimersi graficamente ed esplorare lo spazio del foglio. Dovrà, in seguito, imparare ad utilizzare solo la punta, per tracciare linee brevi e sottili, ed a ruotarlo per tracciare linee ondeggianti e per cambiare direzione. L’uso del pennello prepara il controllo e la precisione del gesto necessario nell’utilizzare matite o penne. La capacità di prensione a pinza superiore favorisce la possibilità di utilizzare i pennarelli a grossa punta e i pastelli a cera. c. Gessi e carboncini si usano molto agevolmente. La loro morbidezza permetto lo scorrere rapido della mano, il progressivo affinarsi della prensione, la modificazione di ritmo nella traccia del segno grafico, una maggiore rapidità. d. La matita colorata va proposta con estrema cautela, per la difficoltà di ritoccare il lavoro con essa realizzato. Le matite colorate non sono ancora gradite in età prescolare perché lasciano un tratto scialbo e colori tenui non ancora adatti ad esprimere l’immediatezza dei sentimenti infantili. e. La matita normale, nera, non solo esige gesti precisi, in genere difficili per un fanciullo con decifits motori, ma fa nascere, in quest’ultimo, la tentazione della cancellatura dalla quale conseguono fiacchezza, scarsa attenzione, errata convinzione di poter modificare il segno tracciato rimediando ad errori eventualmente commessi. Al bambino che ha difficoltà nel tenere in mano la matita, si può dare un aiuto supplementare, mettendo uno spesso cilindro di creta da modellaggio, attorno all’asta della matita. Quando il bambino l’afferra, la creta si modella secondo la conformazione della mano e delle dita, permettendo una presa migliore, più adatta al bambino. Si è ritenuto utile soffermarsi sui materiali da usare negli esercizi grafo-motori poiché si rileva molto spesso, nella scuola, la fretta di fare usare ai bambini la matita e la penna per farli scrivere nel senso inteso, anziché scegliere strumenti di grafismo più idonei alle loro esigenze psicomotorie. L’uso dei vari mezzi di grafismo contribuisce a sviluppare nel bambino il senso stereognosico e una memoria muscolare che gli consente di saper adeguare l’intensità dei suoi movimenti anche in altre circostanze. La conquista di matite a punta sottile è segno di notevole evoluzione psicomotoria e se il bambino è soddisfatto della treccia sottile lasciata dallo strumento sul foglio, vuol dire, che ha interiorizzato bene la realtà ed ha acquisito una spiccata capacità simbolica. Inoltre l’uso della matita e della penna richiede una coordinazione oculo-manuale molto fine ed impegna la mano e il braccio in un’attività motoria controllata ed equilibrata indispensabile nell’apprendimento della scrittura. Se sei interessato/a a conoscere e ad avere maggiori informazioni sulla riabilitazione del gesto grafico e sull'importanza del corsivo, ISCRIVITI AL NOSTRO CORSO IN VIDEOCONFERENZA che si svolgerà il 10/11 aprile Se vuoi ricevere il programma contattaci privatamente oppure lasci qui la tua email. Dott.ssa Francesca Tabellione Dott.ssa Erika D'Antonio

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