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ADHD E INSTABILITÀ PSICOMOTORIA

Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è una delle patologie più importanti e frequenti in età evolutiva. Può essere osservato con diverse manifestazioni cliniche dall'età prescolare fino all'età adulta e interessare/ compromettere diverse competenze di sviluppo e di funzionamento sociale e adattivo del bambino ⭐ I tre sintomi principali sono: la DISATTENZIONE, L'IMPULSIVITÀ e L'IPERATTIVITÀ. Analizziamole in dettaglio. ⭐ La DISATTENZIONE: si manifesta con difficoltà nel prestare attenzione per un periodo di tempo prolungato, scarsa cura per i dettagli, incapacità di portare a termine compiti intrapresi. I bambini sembrano avere la "testa tra le nuvole" e pensare sempre ad altro, evitano di eseguire compiti che richiedono maggior impegno intellettivo, buone capacità di pianificazione/ organizzazione o attenzione per i particolari, perdono frequentemente i loro materiali a scuola o oggetti significativi e dimenticano spesso le cose (scarsa memoria di lavoro)⭐L'IMPULSIVITÀ: si manifesta con difficoltà nell' autoregolazione e autocontrollo non solo a livello motorio (fanno fatica a rispettare la turnazione e l'attesa in un gioco o nel gruppo volendo agire per primi) ma anche a livello cognitivo (fanno fatica a spostare il focus attentivo da un compito all'altro, sono rigidi nel pensiero e poco flessibili, hanno difficoltà ad organizzare compiti complessi, a generare nuove strategie, nel problem-solving, non amano i cambiamenti repentini di ambienti- persone o attività)⭐ L' IPERATTIVITÀ: sono bambini descritti "come mossi da un motorino", sono in costante movimento, fanno fatica a stare fermi anche per pochi secondi, a mangiare seduti a tavola, a rispettare anche semplici regole, rispettare i tempi e gli spazi dei loro coetanei e a rimanere seduti a scuola. Ricordiamo che tutti questi sintomi, inclusi nel DSM IV, non sono dati da deficit cognitivi o disturbi organici o ritardi mentali, ma derivano da una povera integrazione sensoriale (sistema vestibolare iporeattivo) con conseguente disorganizzazione neurologica: i bambini iperattivi saltano e si muovono continuamente non perché vogliono farlo ma perché il loro cervello è in sovraccarico di stimoli e di conseguenza rispondono con un'attività eccessiva COME APPAIONO QUESTI BAMBINI agli occhi di insegnanti, genitori o coetanei? Sono bambini che perdono facilmente la concentrazione, anche dopo 5 minuti, hanno difficoltà nei processi di autoregolazione, autocontrollo e autoinibizione (funzioni esecutive), pertanto fanno fatica a controllare i loro impulsi, a Co-regolarsi, a posticipare una gratificazione, a riflettere prima di agire e a controllare i loro movimenti, con notevoli ripercussioni sugli apprendimenti scolastici e sul loro profilo emotivo/psicologico.Sebbene si muovano costantemente, possono apparire goffi, inaccurati e ineleganti nei loro movimenti. Possono inoltre manifestare difficoltà nel dosare la forza (controllo tonico-motorio) quando devono ad esempio saltare, prendere un oggetto, afferrare/lanciare una palla, impugnare la matita o una forchetta, ecc. e difficoltà notevoli nel controllo posturale e nell'equilibrio statico-dinamico (non riescono a saltare con un solo piede o a rimanere su una sola gamba per brevi secondi). ⚠️ POSSIAMO OSSERVARE CAMPANELLI DI ALLARME SIN DAI PRIMI MESI DI VITA? Si, sono bambini che già a partire dai primi mesi (7/8 mesi) evidenziano una eccessiva ipercinesia motoria, sono irritabili, piangono spesso, possono rifiutare il cibo per problemi di tattilità a livello orale, essere infastiditi da alcune consistenze di cibo, da carezze o da tessuti particolari, possono manifestare un ritardo nell'acquisizione delle tappe di sviluppo, un ritardo nello sviluppo del linguaggio, una difficoltà nell'inseguimento visivo di oggetti che si muovono nel loro campo visivo, difficoltà nel prestare attenzione al viso della mamma (1/2 mes), nell'afferrare oggetti o nella coordinazione oculo-manuale. Inoltre, il deficit attentivo può essere presente già in età prescolare, associato talvolta a disturbi del sonno, disturbi della condotta con scoppi d'ira o un comportamento oppositivo/ aggressivo che può portare ad auto ed eterolesionismo. Recenti ricerche hanno dimostrato che se consentiamo, a scuola, a un bambino con ADHD qualche minuto per alzarsi dal banco e saltare o ruotare su se stesso, i suoi tempi di attenzione possono migliorare di circa 20 minuti in più sull'attività che stava svolgendo. Riflettete su questo, considerando le basi neurofisiologiche-neurobiologiche di tale disordine! Tali comportamenti, se non si intraprende un intervento tempestivo/precoce (età 2- 6 anni), possono impedire e limitare una maturazione delle competenze sociali e relazionali, scolastiche, adattive, fino a divenire un vero e proprio disturbo invalidante. ⭐ Articolo redatto dallaDott.ssa Francesca Tabellionea cura della Dott.ssa Erika D'Antonio

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DISLESSIA E DIDATTICA

Abbiamo parlato ampiamente su cosa sia la dislessia, le strette correlazioni con la disprassia, come riconoscere un alunno dislessico, la natura motorio-prassica della dislessia e le funzioni psicomotorie carenti, come aiutare un bambino dislessico e quali sono le pratiche educative più idonee (vedi articolo precedente sulla DISLESSIA). Il bambino dislessico non è un disabile ma un soggetto dell’apprendimento bisognoso di processi didattici personalizzati che possono essere messi in atto dopo aver compreso il suo funzionamento, in particolare la natura coordinativa e non logica/intellettiva o culturale dei suoi frequenti errori. Ricordiamo che il bambino dislessico manifesta una intelligenza e capacità culturali nella media o superiore alla stessa ma una disorganizzazione neurologica che causa un rallentamento (randomizzazione) dei flussi corticali inter e intra-emisferici, una bassa attività elettrica corticale, disturbi della successione, dunque un disordine nelle Funzioni Esecutive generali, portando di conseguenza a: una lentezza nell’incipit dell’agire (reattività del soggetto) e nei processi esecutivi, impacci e scoordinamenti nella motricità rapida, negli schemi motori coordinati, nei giochi di gruppo, negli schemi crociati e rotatori, nelle prassie (vestirsi, svestirsi, pianificare azioni o ideare piani di azione), disordini nei lavori sx-dx, nella motricità fine e nella grafomotricità, lentezza nei movimenti oculari e nei processi di autocontrollo e autoregolazione (per tale ragione è spesso un bambino impulsivo con scarsa capacità di frenare i suoi impulsi), disordini nella memoria di lavoro sequenziale e nel pensiero (difficoltà nel mettere in ordine i concetti sequenziali e spazio-temporali, nel raccontare una storia o la propria giornata, lentezza, smarrimenti o notevole intuizione), disattenzione e facile stancabilità, difficoltà nella lettura-scrittura-calcolo (compie errori di incolonnamento, nel prestito e nel riporto, inversioni di lettere nelle parole o di numeri, specularità, rotazioni, lentezza, frequenti interruzioni e discontinuità, ecc.), disorganizzazioni spazio-temporali, difficoltà nel seguire consegne plurime e prolungate andando incontro a quello che viene definito “smarrimento cognitivo” (il bambino si smarrisce nelle sequenze), lentezza nell’adeguarsi ai cambi di attività, giochi, persone o ambienti, facile tendenza a stancarsi o diventare eccitato/ipercinetico nelle situazioni di confusione, di gruppo o di iperstimolazione, disordini linguistici (disturbi della componente motoria del linguaggio verbale, come esitazioni nell’incipit locutorio, inversioni nelle parole lunghe, lentezza locutoria alternata a precipitazione, smarrimento nella ricezione di messaggi verbali lunghi). Pertanto, l’esercizio della lettura, così come quello della scrittura e del calcolo, rientra nelle attività neuro-psichiche ad alto controllo centrale, poiché interessa direttamente i processi di ideazione, progettazione e pianificazione dell’azione stessa e dunque le Funzioni Esecutive, le quali risultano non automatizzate e disfluenti, impedendo l’esercizio coordinato e soprattutto sequenziale del processo lettorio. Il disturbato lavoro delle Funzioni Esecutive limita la COGNITIVITÀ, ovvero quella funzione psichica mentale che struttura le condotte umane e organizza e coordina il pensiero, la programmazione e il controllo del comportamento, l’apprendimento delle informazioni, i processi intellettivi-percettivi-motori-linguistici. Pertanto, la DISLESSIA si configura come un disordine pervasivo, funzionale, qualitativo, una disfunzione esecutiva connotata da un insufficiente coordinamento dell’agire, che non sfocia in una vera e propria disabilità ma in una dispersione dell’energia cerebrale e dove è possibile intervenire attraverso il miglioramento dei comportamenti del soggetto. Un fenomeno che può essere considerato un DISTURBO PRASSICO, che limita la capacità di organizzare e regolare le condotte umane, con difficoltà di attivazione degli automatismi motori. Tra le cause scatenanti la dislessia vi è la TEORIA MAGNOCELLULARE (Stein, 2001), la quale ammette l’esistenza di un deficit a carico delle strutture deputate al trasporto delle informazioni visive (sistema magno e parvocellulare). Angela Friederici (Human Cognitive and Brain Sciences), invece, è la prima a parlare di un Network del linguaggio bilaterale, ovvero di una rete di scambi tra i due emisferi che supporta processi semantici e sintattici, una interpretazione che tende a sostituirsi al modello Wernicke, in cui le funzioni vengono attribuite a singole aree del cervello.   QUANDO UN ALUNNO LEGGE MALE? Quando manifesta: • lentezza nell’incipit; • andamento discontinuo; • eccessiva velocità o lentezza nella lettura; • interruzioni, inciampi, disfluenze, errori; • lentezza nell’autoregolazione dopo interruzioni; • discontinuità dell’attenzione. STUDENTI ADOLESCENTI DISLESSICI Le Funzioni Esecutive sono disordinate e disorganizzate in un adolescente dislessico; inoltre le difficoltà causate dalla riduzione della velocità di spostamento dei processi cognitivi (“ascolto e scrivo, leggo e scrivo, ascolto e rispondo”), dalla lentezza nell’incipit e dalla scarsa fluidità rallentano la velocità della lettura e il processo di predizione mentale sul testo, portando di conseguenza a una scarsa comprensione del testo e a frequente stancabilità e dispersione attentiva. Questa sorta di smarrimento cognitivo negli adolescenti produce anche un calo motivazionale e una scarsa fiducia nelle proprie potenzialità, frustrazione e facile abbandono o fuga dai compiti scolastici alle prime difficoltà che incontrano, tutte conseguenze che non solo si ripercuotono sul piano scolastico ma anche sul piano emotivo-relazionale (atteggiamenti di chiusura, ritiro sociale o aggressività, ostilità e nervosismo). Diversi studi riportano infatti la comorbidità tra i Dsa e i Disturbi della Condotta o Disturbi D’Ansia (fobia sociale e disturbi d’ansia generalizzato).   SCUOLA SECONDARIA E DISLESSIA La scuola secondaria richiede allo studente di possedere un metodo di studio efficace, una sufficiente capacità di autoregolazione, la rielaborazione e la generalizzazione dei concetti appresi, la capacità di fare collegamenti tra conoscenze pregresse e nuove, l’applicazione di strategie appropriate, una buona capacità pianificatoria e organizzativa, la capacità di cambiare velocemente il proprio focus attentivo da un compito all’altro, di attivare la memoria di lavoro e di gestire più informazioni in contemporanea, una buona metacognizione (la riflessione sul proprio pensiero, il controllo e la regolazione delle attività richieste dai compiti cognitivi). L’alunno dislessico, invece, manifesta una carenza in tutti questi aspetti: nelle abilità di organizzazione e pianificazione, nei processi attentivi, nel problem-solving e nel trovare nuove strategie, nella memorizzazione di concetti sequenziali, nell’organizzazione spazio-temporale, nella velocità esecutiva e di apprendimento, nella capacità di controllare ed eventualmente correggere le proprie performance, nel trovare un proprio metodo di studio, nella capacità di comprensione e nei processi di automatizzazione. La maggior parte dei dislessici si ferma al primo livello che è quello della memorizzazione: se l’insegnante chiede al bambino di raccontare o rispondere a domande sequenziali sulla comprensione di un argomento appena spiegato, si perde o si blocca. Spesso infatti ci sono alunni dislessici che vanno bene in alcune materie compensando attraverso un grosso impegno mnemonico ma non in altre come economia, fisica, chimica, ecc.   L’OSSERVAZIONE DEL BAMBINO A 5 ANNI A 5 anni il bambino possiede già un comportamento prassico organizzato (Vayer, 1988), per cui già da questa età si possono cogliere i campanelli di allarme che potrebbero manifestare una disorganizzazione dell’agire. Alcuni di questi segni e sintomi, che indicano un disordine nelle prassie e dunque una Disprassia e che costituiscono condizioni di rischio di Dislessia, da dover individuare nel periodo PRESCOLARE sono: • esitazioni nell’incipit dell’agire; • lentezza motorio-prassica alternata a precipitazione; • maldestrezza, impacci, goffaggini; • disordini nelle prassie fini e bimanuali (il bambino è impacciato nel vestirsi, svestirsi, abbottonarsi, fare il fiocco, prendere al volo una palla); • disorganizzazioni spaziali e temporali (sequenze spaziali e temporali, concetti di «prima, dopo, ieri, oggi, domani», disordine o ordine eccessivo, eccessivo ritardo o eccessiva puntualità organizzativa); • difficoltà nella memoria ordinata (memoria di lavoro/sequenziale); • lentezza nell’inseguimento percettivo (di figure e oggetti che si muovono o di oggetti fermi mentre si muove l’osservatore); • difficoltà nell’eseguire due o più consegne; • lentezza nell’autocorrezione e nell’autocontrollo (comportamento impulsivo); • stanchezza o eccitazione nelle situazioni di confusione e di gruppo; • disordini linguistici di natura motoria.   È consigliabile per insegnanti, maestri, genitori, professionisti e per tutte le figure che ruotano attorno al bambino, osservare e identificare quei FATTORI OPERATIVO-COGNITIVI o i principali REQUISITI PSICOMOTORI che garantiscono la funzionalità della struttura prassica del bambino, ovvero una Valutazione Qualitativa Funzionale che esamina i seguenti aspetti: • schema corporeo, lateralità, dominanza laterale e lateralizzazione, attraverso la capacità di riconoscere e denominare le parti corporee richieste o toccate su di sé e sull’altro ad occhi chiusi, la capacità di imitazione gestuale, di assunzione o..imitazione di determinate posture fatte assumere passivamente ad occhi chiusi, di esecuzione di azioni motorie su consegna, verso di rotazione su sé stessi, chiusura del cerchio, esecuzione di consegne come “mettere una mano/una gamba sull’altra”, presa di coscienza della propria prevalenza motoria genetica attraverso prove di forza e di velocità; • organizzazione e strutturazione spazio-temporale e percezione del ritmo; • coordinazione dinamica generale, schemi e sequenze motorie (fluidità motoria, capacità di eseguire una serie di prassie in sequenza), che rappresenta il grado della stessa organizzazione neurologica; • equilibrio, controllo tonico-posturale, integrazione bilaterale (tra parte dx e sx del corpo); • coordinazione oculo-manuale, manipolazione e gestualità, riguarda il controllo visivo delle azioni associate al controllo manuale e anche al controllo dei movimenti oculari e che richiede una buona organizzazione delle sensazioni tattili-propriocettive-vestibolari; • prassie visuo-spaziali e visuo-costruttive; • organizzazione visuo-percettiva e integrazione visuo-motoria, processi che consentono di riconoscere le forme, incluse le lettere, la loro direzionalità e verso (in modo da evitare inversioni speculari come b-d, p-q) e di riprodurle correttamente nello spazio/foglio; • capacità di codifica e decodifica fonologica chiamata «simbolizzazione» (processo di costruzione, riconoscimento e modificazione di simboli e di codici di simboli; attribuire significato alle lettere dell’alfabeto rappresenta un processo simbolico necessario per apprendere la lettura così come attribuire il suono a una lettera o il segno a un suono). Queste funzioni psicomotorie da valutare, che dovrebbero essere pienamente sviluppate intorno ai 7 anni, rappresentano dei requisiti fondamentali per lo sviluppo di altre funzioni: percettive, cognitive, motorie e per gli apprendimenti scolastici. Pertanto, è necessario monitorare e tenere in considerazione lo sviluppo dell’alunno e le funzioni sopra citate, che rappresentano l’intero potenziale di espressione della persona e che, se disturbate, impediscono e ostacolano lo sviluppo delle prassie, fondamentali per ordinare i comportamenti del bambino.   COME IL DOCENTE PUÒ AIUTARE UN ALUNNO DISLESSICO? Nel soggetto dislessico, come ampiamente descritto, i Processi Cognitivi risultano disordinati, disorganizzati e rallentati, non sufficientemente pronti per sostenere la richiesta didattica incentrata sulla rapidità esecutiva e sul continuo shifting/ flessibilità cognitiva (adattamento rapido del bambino alle richieste cognitive dell’insegnante). Il docente, nella progettazione didattica rivolta al dislessico, deve innanzitutto conoscere il funzionamento cognitivo della mente umana e le caratteristiche di quella dislessica, dunque potenziare e non “dispensare” quelle azioni mentali che necessitano di rinforzo, ovvero “EDUCARE LE FUNZIONI” direttamente coinvolte nella lettura (Crispiani, 2001), andando a favorire una buona fluidità (rapido incipit, rapida autoregolazione, prontezza del riavvio dopo interruzioni, andamento costante, scarse interruzioni e inciampi) necessaria per la successiva comprensione e una buona memoria di lavoro che consente al bambino il recupero delle informazioni salienti, la capacità di organizzarle e rielaborarle al momento opportuno. Le variabili maggiormente educabili sono: • metacognitive, includono la consapevolezza, il controllo delle strategie, i processi cognitivi; • cognitive, riguardano l’attenzione, la memoria, il pensiero sequenziale, l’ascolto e la comprensione; • motivazionali, ovvero la motivazione intrinseca orientata ai processi, attribuzioni funzionali e senso di autoefficacia. Per fare questo, al fine di allenare la MENTE DISLESSICA, il docente esperto dovrà: o tenere in considerazione che nel dislessico, da un punto di vista dei processi mentali, ci sono dei limiti attentivi (nell’alunno efficiente i tempi di attenzione variano dai 20 ai 40 minuti a seconda dell’età), a causa di un eccessivo impegno attentivo in tutte quelle procedure spazio-temporali che dovrebbero essere normalmente automatizzate, portando ad una “SENSIBILITÀ AI DISTRATTORI”, la quale si manifesta con:         - sensibilità ai richiami laterali;         - discontinuità nella relazione verbale;         - interruzione della lettura per inseguire le immagini;         - frequente interruzione dell’attenzione in classe. o Attivare l’arousal, lo stato di allerta e vigilanza, alla prima ora di lezione con continui feedback cognitivi per innalzare l’attività elettrica corticale. o Riprendere dall’inizio con tutta la classe i punti chiave della lezione precedente per avviare la memoria di lavoro (richiamo delle conoscenze pregresse). o Fornire un’anticipazione cognitiva su argomenti che il bambino dislessico dovrà leggere e comprendere (autore, titolo, scopo o tema del testo). o Dare definizioni concettuali brevi per evitare lo smarrimento cognitivo e la dispersione dell’attenzione da parte dell’alunno. o Stimolare il colpo d’occhio percettivo facendo trovare e sottolineare le parole-chiave presenti nel testo. o Invitare gli alunni a porre domande ogni volta che viene spiegato un nuovo argomento. o Sollecitare la memoria di lavoro attraverso la verbalizzazione di quanto appreso aiutandolo, se necessario, nel pianificare le risposte (lavoro sulle Funzioni Esecutive). o Invitare l’alunno alla riflessione, al controllo e alla regolazione sulle proprie prestazioni (metacognizione). o Aiutarlo a costruire un proprio metodo di studio, selezionando e organizzando le informazioni salienti e consolidando l’uso delle strategie e insegnare al bambino a gestire il tempo da dedicare allo studio. Si consiglia di non studiare il giorno prima di una eventuale interrogazione, di iniziare a studiare dopo aver attivato i circuiti cerebrali che, nel dislessico, risultano lenti (riattivare i circuiti neuronali da un punto di vista didattico equivale a dire che il docente dovrà stimolare il cervello con domande iniziali riguardanti argomenti svolti, eseguire azioni rapide o semplici schemi crociati dal posto, letture veloci di parole o frasi scritte alla lavagna, ricerca rapida di una parola o frase all’interno del testo), di studiare in step di 20 minuti, prima del recupero cognitivo. o Inoltre, poiché il bambino dislessico incontra anche difficoltà nel prendere appunti, sarebbe consigliabile consentirgli di ascoltare una sola parte del discorso e di trascrivere i concetti principali che hanno una funzione orientativa, fornire prompting (frecce, numerazioni, simboli), consigliare di riordinare gli appunti il giorno stesso a casa.   E’ fondamentale considerare quei fattori psicomotori carenti già a partire dalla scuola dell’infanzia, che vanno ad accertare in tempi precoci la condizione funzionale del bambino e ci consentono eventualmente di mettere in atto piani di intervento tempestivi. Non bisogna aspettare di fare la diagnosi in fine seconda elementare (come più volte accennato, i requisiti disfunzionali si possono osservare ben prima!) per poter intervenire e attuare un piano di lavoro, poiché a questa età il bambino ha già maturato un notevole senso di inadeguatezza con bassa motivazione e scarsa fiducia nelle proprie potenzialità. Sempre più frequentemente infatti nelle scuole odierne si osservano bambini maldestri, lenti, impacciati, goffi, disorganizzati nel loro agire motorio e mentale, con ripercussioni sugli apprendimenti.   Il nostro compito è quello di mettere in atto piani di prevenzione e potenziamento/consolidamento delle funzioni per aiutare i bambini a costruire un proprio ordine operativo e consentire agli stessi di arrivare alla sufficienza disciplinare anche attraverso un PDP (Piano Didattico Personalizzato), che garantirà allo studente una propria forma di eccellenza cognitiva coltivando le proprie potenzialità intellettive e il raggiungimento delle competenze fondamentali attraverso la diversificazione dei percorsi di insegnamento (nella selezione dei contenuti, nel ricorso a determinati metodi, nell’uso di strumenti, nella distribuzione temporale).   A cura della Dott.ssa Francesa Tabellione   I    

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DISTURBI PSICOMOTORI FUNZIONALI E MODALITÀ DI ATTACCAMENTO INFANTILE

Articolo scritto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione La teoria dell'attaccamento venne ideata da John Bowlby negli anni '50 e metteva in risalto l'importanza delle RELAZIONI nello sviluppo dell'essere umano e della sicurezza fisica e psichica per costruire la motivazione dell'individuo. L'attaccamento è un sistema comportamentale che ha una funzione biologica di protezione e di sopravvivenza: il processo di vicinanza con una figura accudente genera sicurezza, motivazione, capacità di costruire sane relazioni, di esplorare l'ambiente e di difendersi in caso di pericolo. Ogni essere umano ha un bisogno innato di attaccamento sicuro, basato su una relazione di empatia, contenimento e prevedibilità. Gli studi sull'attaccamento hanno permesso di individuare varie tipologie di legame (Ainsworth, 1978) tramite una tecnica sperimentale chiamata Strange Situation per valutare l'interazione madre-bambino: attaccamento sicuro: il bambino protesta quando la figura di attaccamento si allontana e si calma quando ritorna (la figura di attaccamento ha una interazione attiva e reciproca) attaccamento insicuro-evitante: il bambino manifesta uno scarso disagio alla separazione, ignora la figura di attaccamento (la f. di attaccamento non è empatica ma rifiutante) attaccamento insicuro-ambivalente: il bambino manifesta angoscia all'allontanamento ma non si lascia confortare prontamente (la f. di attaccamento è imprevedibile e intrusiva) attaccamento disorientato-disorganizzato: il bambino presenta comportamenti contraddittori, disorientati, stereotipie, iperallerta (la f. di attaccamento è immersa nel dolore interiore ed è maltrattante). I pattern di attaccamento si strutturano entro i 18 mesi di vita (si formano in un periodo pre-verbale) e costituiscono la base dei successivi schemi di relazione della persona. Le forme di attaccamento sicuro sono caratterizzate dalla capacità di genitori e figli di stabilire uno scambio comunicativo soddisfacente, in cui i segnali del bambino vengono "accolti", percepiti e compresi dalla figura di riferimento che risponde in maniera adeguata. Questo è un processo fondamentale per far si che il bambino sviluppi la capacità di autoregolazione delle proprie emozioni e l'autonomia. Le emozioni svolgono un ruolo basilare nella nostra vita interna e relazionale. Secondo Siegel (2007), esperienze di sintonizzazione affettiva generano uno stato di unione con l'altro che permette al bambino di sentire di esistere nella mente del genitore: quanto più il bambino si sente sintonizzato emotivamente con l'adulto, tanto più sarà equilibrato e getterà le basi per l'apprendimento e per lo sviluppo cognitivo. Viceversa se il bambino sperimenta difficoltà di sintonizzazione con la figura genitoriale, proverà sentimenti negativi quali distacco, paura, solitudine, confusione e talvolta arrivare a mettere in atto atteggiamenti aggressivi o di ritiro sociale. Quando la mente dell'adulto è occupata da episodi passati irrisolti, è più facile che il genitori entri in uno "stato della mente inferiore" (Siegel, 2005), caratterizzato dalla disconnessione con le strutture razionali e riflessive (inibizione dell'attività della corteccia prefrontale) e da reazioni incontrollate, impulsive, stereotipate e rigide, mancanza di empatia. Il bambino presenterà di conseguenza, tramite i neuroni specchio, esperienze di paura e confusione, che vanno a incidere sulla sua autostima ed emotività oltre che sulla sua mente, la quale diventerà sempre meno ricettiva ai meccanismi di apprendimento poiché non sviluppa un senso di sé coerente e un funzionamento integrato. Al contrario, "modalità superiori di elaborazione" permettono attenzione, riflessività, flessibilità cognitiva, senso integrato di autoconsapevolezza. In sintesi, possiamo concludere questo articolo didendo che l'attaccamento è importante perché influisce sulla capacità di legare insieme l'aspetto cognitivo e quello emotivo e dunque ha una forte influenza sulla qualità dell'integrazione e della coerenza dei processi di conoscenza e decisione (Lazzari, 2007) Redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione Grafica: Dott.ssa Erika D'Antonio Bibliografia: esame del movimento, approccio psicomotorio neurofunzionale (Elena Simonetta)

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I GENITORI E GLI INSEGNANTI POSSO ACCORGERSI DI UN EVENTUALE DISORDINE/DISTURBO NEL BAMBINO GIÀ NEI PRIMI ANNI DELLO SVILUPPO (0-5 ANNI)?

VEDIAMO L'IMPORTANZA DEL MOVIMENTO E DEL GIOCO PER LO SVILUPPO DI UN BUON COMPORTAMENTO- APPRENDIMENTO- AUTONOMIA- LINGUAGGIO Quando ci troviamo di fronte a un bambino con disordini dell' età evolutiva, è importante, oltre al professionista di riferimento, il supporto e la cooperazione dei genitori e insegnanti per migliorare lo sviluppo neurologico e permettere al bambino di riuscire nelle sfide della vita. Uno dei più importanti segnali a cui bisogna prestare attenzione è l' assenza o uno sviluppo atipico del gioco: il gioco sviluppa le funzioni cerebrali (immagine corporea, pianificazione motoria, organizzazione spaziale, esperienze propriocettive-vestibolari-tattili) e spesso, quando un bambino non gioca allo stesso modo di un suo pari, i genitori tendono a pensare che non sia interessato, tralasciando che possa esserci un problema sottile di integrazione e processione sensoriale non visibile ai loro occhi. Ricordiamo che è proprio attraverso il gioco che si organizza il sistema nervoso dei nostri bambini: le esperienze sensori- motorie sono fondamentali per permettere al b.no di sviluppare adeguate abilità prassico-motorie, pianificatorie-organizzative ed emotivo-comportamentali. Ci siamo chiesti perché oggi molti bambini sono disorganizzati, disattenti, ipercinetici e spesso anche infelici e tendenti alla depressione infantile? A tutti i genitori, professionisti e insegnanti ricordiamo che se il b.no ha un sistema nervoso ben organizzato, ci apparirà entusiasta, felice e desideroso di apprendere attraverso il gioco nuove abilità o competenze!   CONSIGLI PER GENITORI, INSEGNANTI E PROFESSIONISTI PER RICONOSCERE E AIUTARE UN BAMBINO CON DISORDINI/ DISTURBI DELL'ETÀ EVOLUTIVA A SVILUPPARSI IN MODO OTTIMALE ‼  L'apprendimento del bambino comincia con il proprio corpo. È tramite il gioco e il divertimento che il bambino sperimenta il movimento e la stimolazione vestibolare, esplorando l'ambiente e le proprie emozioni. Già da neonato consigliamo ai genitori di non utilizzare i moderni attrezzi quali seggioloni, girelli o sdraietta, ma posizionare il bambino sul pavimento per permettergli di acquisire il controllo sul proprio corpo e l'equilibrio, il controllo del capo, la capacità di compiere passaggi posturali, sviluppare la coordinazione oculo-manuale, la visione binoculare/bifocale (messa a fuoco di oggetti vicini e lontani), la fiducia in sé stesso, la capacità di afferrare oggetti (risposta adattativa), la pianificazione e il problem-solving, la capacità di percepire le distanze tra il proprio corpo e gli oggetti e i rapporti spaziali tra gli elementi dell'ambiente. Sul pavimento il bambino acquista la libertà di muoversi e riceve tutte le stimolazioni sensoriali di cui ha bisogno, che non potrebbe avere se limitato e confinato su di una sedia o dentro ad un boxer ⭐ Giocare tramite capriole, rotolare o girare su sé stesso, è il risultato di stimoli neuronali provenienti dal cervello: è proprio durante il gioco che vengono stabiliti diversi fattori di crescita neuronali, le abilità sociali e gli adattamenti comportamentali attraverso la stimolazione del sistema limbico (parte del nostro cervello responsabile delle emozioni, connesso al lobo frontale, che a sua volta è coinvolto nel controllo degli impulsi e del comportamento)⭐  Consigliamo ai genitori di lasciare che il bambino sviluppi le proprie capacità e di esplorare il loro ambiente senza manifestare eccessive protezioni (ovviamente con limiti di sicurezza) cadendo per imparare a mantenere l'equilibrio, arrampicandosi per imparare percepire le altezze, ecc.. affinché il bambino possa avere l'opportunità di apprendere dalla propria esperienza: quest'ultima diventa il nutrimento per lo sviluppo del sistema nervoso del figlio⭐  L'apprendimento, il linguaggio e il comportamento sono tutti quanti collegati alla funzionalità del sistema motorio e al controllo del movimento. Quando i bambini entrano a scuola si da per scontato che siano capaci di rimanere seduti, essere attenti, impugnare correttamente la matita, ritagliare e relazionarsi con gli altri. Tuttavia ci sono bambini che non hanno ancora raggiunto l'acquisizione di tali abilità e di conseguenza possono sviluppare un probabile DSA, IPERCINESIA O DISTURBI DELL'ATTENZIONE, non perché non siano intelligenti, ma perché i loro sistemi sensori-motori di base non erano completamente maturi al momento dell'ingresso a scuola. Pertanto, l'attenzione l'equilibrio e la coordinazione (Attention, Balance and Coordination) rappresentano l'ABC sui quali si costruiscono i successivi apprendimenti scolastici⭐ La società ripone molta attenzione allo sviluppo del linguaggio del bambino, al suo successo scolastico ed intellettuale, dimenticandosi di prestare attenzione alle fondamenta sensori-motori necessarie per sviluppare le funzioni cognitive superiori⭐  L'attività motoria è preziosa poiché procura stimoli sensoriali in grado di aiutare il bambino ad organizzare il processo di apprendimento, imparare nuove competenze e rispondere in modo efficace alle sfide adottando comportamenti appropriati⭐ ⚠⚠ Di seguito vi elenchiamo alcuni suggerimenti utili per insegnanti, genitori e figure professionali che ruotano attorno al bambino: 1. Scegliere un asilo in cui le insegnanti basino la loro attività sullo sviluppo neuropsicomotorio e tengano conto dei diversi modi e tempi di apprendimento di ogni bambino ⭕ Alla luce di ciò che abbiamo descritto, se vi trovate davanti ad un bambino che presenta alcuni o molti dei segni e sintomi sopra elencati, non ritardate l' intervento riabilitativo, poiché il b.no potrebbe giungere alla conclusione di essere un incapace e di bloccarsi psicologicamente ed emotivamente. Più si interverrà in età precoce e più si aiuterà il cervello a creare maggiore connessioni e il b.no sarà capace di affrontare gli apprendimenti, la vita adattiva, le relazioni interpersonali e gestire le richieste dell'ambiente circostante. Articolo scritto da: Dott.ssa Francesca Tabellione  a cura di: Dott.ssa Erika D'Antonio

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LA DISORGANIZZAZIONE FUNZIONALE ESECUTIVA ALLA BASE DELLA DISLESSIA

Vi siete mai chiesti cosa c'è dietro il problema della lettura nei nostri bambini?   Cercheremo di elencarvi i punti più salienti per farvi comprendere la condizione dislessica (dislessia- disgrafia- discalculia) sotto un altro punto di vista: quello motorio- prassico! Da un punto di vista neurofunzionale e neurobiologico, la condizione dislessica (dislessia- discalculia- disgrafia) è un disturbo funzionale e qualitativo nell'esercizio della lettura scrittura- calcolo, che si verifica a carico di una funzione esistente ma non ancora  automatizzata . Questo vuol dire che il soggetto dislessico alterna buone e cattive prestazioni: la sua lettura è discontinua, disfluente, non coordinata; può leggere bene per una parte del testo e poi ricorrere alla lettura sillabica, lenta o piena di errori e di conseguenza perdere il senso di ciò che sta leggendo (la lentezza altera le sequenze spaziali e temporali del pensiero e la scarsa comprensione del testo é conseguente alla cattiva lettura o scrittura).   Il linguaggio non è alterato da un punto di vista fonologico, simbolico bensì motorio (esecutivo- sequenziale): le sostituzioni di foni, infatti, si manifestano all'interno delle parole poiché il dislessico percepisce le singole lettere (sebbene compia specularitá con p-q-d-b che interessano la dominanza laterale) ma non riesce a organizzarle in condizioni di rapidità, di ritmi alternati e di sequenze sovrapposte! Anche il pensiero risulta lento e smarrito o intuitivo e brillante (diade funzionale). Pertanto, da un punto di vista motorio - prassico, la Dislessia si configura come un disordine delle prassie, interessando: - le sequenze e la fluidità delle funzioni esecutive (motorie - percettive - coordinative, sequenziali, organizzative, autoregolative) - la dominanza laterale (indica la specializzazione di un emisfero sull'altro e la sua corretta affermazione è indice di una buona efficienza dei circuiti neurali e degli scambi inter-emisferici) - l' organizzazione spazio- temporale. La natura è essenzialmente neurocorticale: disordini a carico dei circuiti neurali e degli scambi inter- emisferici che sono interessati da un andamento randomizzato e lento, e che rallentano la reattività generale del soggetto e la messa in atto di strategie di autocontrollo (per tale ragione il dislessico è spesso precipitoso, alterna lentezza a precipitazione e manifesta una lentezza nei processi di frenaggio ). Quali sono i sintomi precoci di una DISLESSIA SU BASE DISPRASSICA che possiamo ricercare/valutare a partire dai 5 anni, che ci permettono di capire meglio la situazione e di definire se si tratta di un disturbo specifico o secondario? - lentezza motorio- prassica alternata a precipitazione - lentezza nell'incipit delle azioni - goffaggine,  maldestrezza, scoordinamenti - disturbi nell'orientamento/ organizzazione  spazio-temporale (sequenze spaziali e temporali, ordine/ disordine eccessivo, smarrimento negli spazi grandi, difficoltà con i concetti di prima- dopo, ieri-oggi- domani, giorni della settimana, ecc) - impacci/ difficoltà nelle prassie fini e BIMANUALI (lavarsi, vestirsi, abbottonarsi, impugnare matite o posate, prendere al volo,ecc.) - difficoltà nella memoria di lavoro/ sequenziale/ ordinata - frequente labilità attentiva - disordini verbali (nell'incipit  locutorio, inversioni di lettere o sillabe nelle parole: dialogo- diagolo, omissioni di lettere, sostituzioni di foni nelle parole, difficoltà nel parlare rapido o in parole lunghe, ecc.) - difficoltà nell'eseguire più consegne in sequenza, nel battere ritmi - difficoltà/lentezza/ impaccio negli schemi rotatori- crociati e motori, nei balli di gruppo, nella motricità rapida, nel salto di ostacoli, nell'equilibrio, nei giochi con la palla, nei coordinamenti oculo- motori, visuo- grafo- motori, balistici, nelle sinestesie percettivo o verbo- motorie  -lentezza nei processi di autoregolazione/autocontrollo/ autoinibizione (comportamento impulsivo, dotato di insufficiente controllo, iperattività) - frequente DISLATERALITÀ - insofferenza alla confusione,  all'affollamento e alla pressione, sensibilità alla iperstimolazione - difficoltà nell'inseguimento visivo / percettivo (di figure o oggetti che si muovono o di oggetti fermi mentre si muove l'osservatore) - lentezza nell'adeguarsi ai cambi di ambienti/ attività/ giochi Pertanto, è lecito chiederci: "la Dislessia riguarda un problema di lettura o del comportamento funzionale generale?" Siamo abituati a vedere la Dislessia come un disturbo fonologico, di associazione suono-segno che tuttavia le neuroscienze hanno considerato "riduttivo". La Dott.ssa Angela Fawcett parte proprio dal prendere in esame  i sintomi secondari del comportamento dislessico e, analizzando i risultati delle neuroimmagini (studio PET), accosta la Dislessia all'ambito motorio e alle pertinenze del cervelletto, considerando i disturbi del linguaggio da un punto di vista sequenziale e articolatorio, degli automatismi di pronuncia, rendendo inadeguato il termine "fonologia". Questo basta per capire che solo con prove di lettura non si può definire il livello funzionale del singolo bambino, ma bisogna considerare i sintomi secondari come reali rilevatori del suo funzionamento. Se si effettua quindi una valutazione più ampia, considerando anche gli aspetti MOTORIO-PRASSICI GLOBALI, si osserva come principale indicatore una LENTEZZA NELL'INCIPIT (avvio lento) DELL'AGIRE e difficoltà nei PROCESSI DI AUTOMATIZZAZIONE DELLE PROCEDURE. E' facile dedurre che, se non viene intrapreso un intervento precoce sugli aspetti sensori-prassico-motori in età prescolare, il bambino arriverà nella scuola primaria senza i necessari  requisiti per apprendere la letto-scrittura e con abilità non sviluppate o ben organizzate. Nonostante la centralità dell'ipotesi del deficit fonologico, a livello cognitivo il problema che hanno evidenziato le ricerche attuali sembra molto più complesso: molte regioni del cervello sono coinvolte nell'acquisizione ed esecuzione delle abilità cognitive e motorie. Prendiamo in considerazione e sintetizziamo i punti fondamentali della teoria della professoressa A. Fawcett: - motricità e processi cognitivi (cognition: organizzazione e coordinamento del pensiero e dell'agire umano) è un sistema unico, pertanto bisogna agire a livello globale con il soggetto dislessico per riorganizzare i processi disfunzionali - non usare pratiche lente e frammentate: rallentano l'agire, disperdono l'attenzione e gli automatismi. Il dislessico ha necessità di lavorare con elevata intensità su tutti gli ambiti: percettivi - cognitivi - coordinamenti motori/visuo-motori - linguaggio - memoria - attenzione - sinestesie - pensiero - organizzazione spazio-temporale, autoregolazione - è fondamentale un intervento tempestivo precoce (età pre-scolare 3-5 anni), affinchè si possano costruire le BASI SENSORI-MOTORIE e gli AUTOMATISMI per prevenire o ridurre al massimo eventuali disordini successivi sugli apprendimenti e sulle funzioni esecutive umane del bambino. A cura della Dott.ssa Francesca Tabellione  

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LE DIFFICIOLTA' DI PERCEZIONE VISIVA

La capacità di vedere e di elaborare gli stimoli visivi è fondamentale per lo sviluppo del bambino a livello cognitivo, neuromotorio, comportamentale e relazionale. Il modo in cui vediamo e utilizziamo i nostri occhi, percependo il mondo circostante attraverso la vista, dipende da numerose connessioni neuronali che richiedono una maturazione del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e una adeguata integrazione e processazione delle informazioni sensoriali. La percezione visiva, che non è l’acuità visiva (capacità di vedere distintamente gli oggetti) è un processo complesso di ordine superiore che prevede l’analisi, la selezione e l’elaborazione degli stimoli visivi che giungono al cervello, in particolare nelle aree visive cerebrali, le quali realizzano l’immagine mentale di ciò che è stato osservato attraverso i movimenti oculari e la capacità di fissazione. La percezione visiva riguarda il “come si vede”, l’acuità visiva il “quanto si vede”! Possedere una buona percezione visiva equivale ad avere anche ben sviluppate e mature le abilità oculo – motorie, oculo – manuali e di integrazione visuo – motoria, oltre che una buona acuità visiva. Sia i processi visivi che quelli uditivi, sono alla base dell’apprendimento scolastico. Tuttavia, tali processi, per poter essere ben organizzati e funzionali, necessitano di basi o fondamenta sensori – motorie solide, e pertanto di funzioni sensoriali (vestibolari, propriocettive, tattili) del cervello che si sono sviluppati correttamente. Spesso il bambino viene esaminato per cercare un eventuale deficit presente in una sola area, ma bisognerebbe considerare la globalità delle aree, ad esempio valutare la percezione visiva, uditiva e tattile. Sin da neonati abbiamo riconosciuto il volto di nostra madre e successivamente, attraverso il movimento, orizzontale prima (carponi) e verticale dopo (stazione eretta e cammino) abbiamo imparato le distanze (la metria), dunque l’organizzazione spaziale, le forme, la natura dello spazio e degli oggetti, l’organizzazione temporale (percezione del ritmo). Ancor prima di vedere con gli occhi, grazie alla gravità, possedevamo una prima “percezione dello spazio”. Come facciamo a capire che il bambino presenta un problema di percezione visiva e quali sono i principali campanelli di allarme già a 4 anni? Scarsa capacità di valutare i rapporti spaziali tra il proprio corpo e lo spazio circostante, tra il proprio corpo e gli oggetti o tra il proprio corpo e un’altra persona: il bambino urta spesso contro gli oggetti, i mobili, le persone, scivola da uno scalino, perché fatica a regolare e organizzare lo spazio circostante e a metterlo in relazione con il proprio corpo. Difficoltà nel mantenere la fila con gli altri bambini Difficoltà a organizzare e pianificare la sequenza di un gioco o di un’attività Difficoltà in molti compiti di coordinazione oculo – manuale (incollare figurine o piccoli pezzettini di carta, girare le pagine di un libro, lanciare e afferrare una palla, infilare perline, cucire, fare incastri, ritagliare i contorni di una sagoma, ecc.. Disfunzioni nel sistema vestibolare (scarso equilibrio, goffaggine, difficoltà di percezione spaziale, disorientamento, difficoltà nel seguire oggetti in movimento nel proprio campo visivo o nel spostare gli occhi da un punto all’altro, scarso lavoro sinergico dei muscoli oculari e del collo) Difficoltà nel rimanere all’ interno dei contorni di una figura quando colora (il bambino tende a colorare sempre sullo stesso punto, a bucare il foglio o ad uscire dai bordi) Difficoltà nel rispettare le linee, i margini o i quadretti nella scrittura, nel seguire il rigo nella lettura, nell’a – capo (scorrere nelle righe), confusione di grafemi simmetrici (b – d – p – q), frequenti inversioni e specularità, difficoltà nel leggere le parole nere su uno sfondo bianco, nell’ incolonnamento spaziale dei numeri Scarsa capacità di produrre adeguatamente le varie dimensioni delle lettere, tratto grafico irregolare anche nella continuità, fluenza, spessore, chiusura, spazio, ritmo (disturbi della grafia) Scarso interesse nel fare un puzzle o nel giocare con le costruzioni Difficoltà nell’individuare i particolari all’interno di una figura con iperstimolazioni (il bambino manifesta problemi nella capacità di scansione e ricerca visiva) Impaccio nelle abilità manuali e nelle prassie di vita quotidiana/A.V.Q. (mettersi i vestiti, abbottonarsi-sbottonarsi, allacciarsi le scarpe o mettersi le scarpe al posto giusto, usare cerniere, ecc.) Difficoltà nel riconoscimento di forme geometriche (triangolo, quadrato, rombo, cerchio, rettangolo) e di segni matematici (confonde + e x) Disegno immaturo: il bambino mostra difficoltà nella riproduzione delle proporzioni tra forme e figure, nel disegnare i particolari o i rapporti spaziali tra gli elementi, nell’organizzazione dello spazio-foglio, nel corretto utilizzo degli strumenti per il disegno tecnico (righelli, squadre e compasso) Difficoltà nel riconoscere le differenze e le somiglianze nelle immagini, nel costruire o risolvere labirinti Impaccio nell’organizzare il materiale scolastico o la sua cameretta a casa. Pertanto, per poter lavorare accuratamente con un bambino che manifesta problemi di percezione visiva, consigliamo di non partire da attività prassico - costruttive o grafo-motorie: tali lavori sarebbero “riduttivi” e stimolerebbero solo le “capacità superiori”, senza però aiutare il bambino a organizzare e utilizzare la sua abilità visuo- percettiva in modo efficace per gli apprendimenti e per il suo sviluppo neuropsicomotorio. Per aiutare lo sviluppo visivo sono utili, in primo luogo, tutte le attività sensori – motorie (stimolazioni tattili, propriocettive, visive, vestibolari) e, in secondo luogo, esercizi/attività di inseguimento visivo (lavoro sui muscoli oculari), di coordinazione oculo – manuale e oculo – motoria, visuo – spaziali e visuo – percettive (incastri, costruzioni, tangram, puzzle, tetris, giochi di problem solving, labirinti, somiglianze e differenze, ecc.), grafomotorie (disegno, campiture, griffonages, segni prescritturali, tracciare linee varie all’interno di binari, ecc.) Qualora incontriate alcuni o molti dei segni e dei sintomi sopra elencati nel vostro bambino, sarebbe opportuna una valutazione Neuropsicomotoria da parte di specialisti del settore. Dott.ssa TNPEE Francesca Tabellione  Dott.ssa TNPEE Erika D’Antonio Bibliografia: Learning disabilites, Boston, Haughton Mifflin Company (1993) Socioemotional disturbancies of learning disablet children (Rorke, 1988) Fisiologia del comportamento (Neil R. Carlson)

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TAPPE DI SVILUPPO DEL BAMBIMO E COME RICONOSCERE I CAMPANELLI DI ALLARME

dott.ssa Francesca Tabellione    Le tappe dello sviluppo del bambino sono ben stabilite, ma ogni bambino ha i suoi tempi di acquisizione. Esse sono variabili in base alla costituzione neurobiologica di ciascun individuo. Tuttavia, senza aver acquisito o raggiunto una determinata tappa, sarà difficile osservare lo sviluppo adeguato delle successive. Ricordiamo che il linguaggio e la motricità sono strettamente correlati: osservando come si muove un bambino, possiamo già capire o avere un' idea di come sia organizzato il suo pensiero, la sua cognitività!   Percezione e azione sono strettamente interconnessi (Piaget)   2-3 mesi: il bambino discrimina tutti i suoni, riconosce il volto materno ed utilizza prevalentemente una visione periferica.   3-5 mesi: si sviluppa la visione centrale che diventa sempre più simile a quella dell’adulto, il bambino inizia a rotolare da prono a supino, a strisciare sul pavimento, a seguire con lo sguardo un oggetto in movimento e comincia ad afferrare i giochi grazie alla capacità di prensione intenzionale e di controllo visivo dell’oggetto. In questo periodo il bambino inizia a produrre i primi vocalizzi.   6-9 mesi: il bambino raggiunge una maggiore capacità individuale di organizzazione prassica, la posizione seduta e il gattonamento o crawling (schema fondamentale per l'instaurarsi delle sinergie interemisferiche o funzione bilaterale grazie allo schema crociato). Inoltre, verso i 9/10 mesi, il bambino è in grado di stare in piedi con sostegno, si assiste ad un incremento delle vocalizzazioni e la comparsa della lallazione.   9-12 mesi: il bambino raggiunge autonomamente la posizione eretta e comincia a rimanere in piedi senza sostegno mentre si sposta aggrappandosi a mobili e oggetti. In questa fase maturano anche il linguaggio che diventa più ricco da un punto di vista articolatorio, emerge la lallazione variata (ripetizione di due o più consonanti diverse), il gesto di indicazione (o deittico) per richiedere qualcosa, la capacità gestuale e fine motoria delle mani diventano più mature.   12-18 mesi: il bambino compie i primi passi, che permettono lo sviluppo dell'orientamento spaziale e temporale, della consapevolezza del proprio corpo nello spazio, della pianificazione motoria. Dal punto di vista linguistico, il bambino comprende alcune parole in contesti familiari e si assiste ad un graduale ampliamento del vocabolario: i 18 mesi rappresentano anche la cosiddetta tappa di "esplosione del vocabolario" (impiega tra le 6 e le 20 parole ma ne comprende ancora di più) e il bambino inizia a produrre l’olofrase (parola frase, segno che trasmette il significato di un'intera frase, ad esempio "si/no" utilizzati in risposta a una domanda, dove il resto della risposta resta sottinteso).   18-24 mesi: il bambino esplora continuamente l'ambiente attraverso ricche esperienze sensori-motorie, maturano gli schemi motori di base, il controllo posturale e prassico- manuale; inoltre il bambino comincia a realizzare scarabocchi sui fogli. Il vocabolario aumenta notevolmente fino ad arrivare a 50-100 paroline (e anche oltre) intorno ai 24 mesi, permettendo lo sviluppo della morfosintassi ed avviando la produzione delle prime frasi (stadio del linguaggio telegrafico).   24-36 mesi: il bambino sviluppa le coordinazioni cinetiche semplici quali correre, calciare la palla, afferrarla e lanciarla, il linguaggio diventa sempre più complesso e articolato e si arricchisce di verbi, aggettivi per poi iniziare ad usare in modo stabile parole con funzione grammaticale (articoli, pronomi, preposizioni). In relazione alla componente fonetica e articolatoria, il bambino acquisisce progressivamente tutti i suoni della lingua italiana, arrivando a completare l’intero inventario fonemico entro i 6 anni.   I SEGNALI D’ALLARME CHE POTREBBERO ESSERE INDICI PREDITTIVI DI DISORDINI NELLO SVILUPPO PSICOMOTORIO DEL BAMBINO   Riportiamo di seguito alcuni campanelli d’allarme che i genitori dovrebbero prendere in considerazione ed eventualmente effettuare una valutazione neuropsicomotoria per monitorare e verificare il livello di sviluppo neuropsicomotorio del loro bambino, qualora riscontrino uno o più segni tra quelli elencati.   DAI 3 AGLI 8 MESI Non sembra rispondere a stimoli sonori intensi Non controlla il capo, non rotola né striscia Non segue gli oggetti con lo sguardo Non porta gli oggetti alla bocca a 4 mesi (scarsa o assente esplorazione orale) Non sorride in modo direzionato (alle persone) Mostra ipertono (rigidità muscolare) o un ipotono La testa cade all’indietro quando lo si tira su seduto Afferra gli oggetti con una mano sola o tendenzialmente con una mano (scarsa sinergia bimanuale) Non mostra affetto per le persone che si prendono cura di lui Non sorride spontaneamente a 5 mesi Non riesce a stare seduto con appoggio a 6 mesi Non afferra gli oggetti dai 6 mesi Non presenta la lallazione a 8 mesi   DAGLI 8 AI 12 MESI Non gattona o non compie lo schema crociato quando gattona Non effettua i passaggi posturali Non riesce a stare in piedi se sostenuto Non cerca oggetti che vengono nascosti alla sua vista mentre guarda Non pronuncia nessuna parola o il suo vocabolario è inferiore alle 50 parole Non indica oggetti o immagini Redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione TNPEE Dott.ssa Erika D'Antonio TNPEE

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‼ CAPIRE LA MENTE DI UN BAMBINO DISLESSICO‼

‼ CAPIRE LA MENTE DI UN BAMBINO DISLESSICO‼ Prestazioni scolastiche, quali sono gli alunni efficienti e quali sono gli alunni dislessici, strategie e consigli, dall'organizzazione alla disorganizzazione neurologica funzionale La dislessia, secondo la teoria prassico-motoria, è un disturbo delle prassie, con particolare riferimento alle sequenze e alla fluidità delle funzioni esecutive e con interessamento della dominanza laterale e DELL'ORGANIZZAZIONE spazio-temporale (la natura motoria della dislessia è sottolineata vari da autori quali Orton, Ajuriaguerra, Chiarenza, Nijokiktjien, Stamback, Crispiani, Simonetta, ecc.) Il problema dislessico risiede nella compromissione degli automatismi, ovvero dell'esercizio fluente e coordinato, della letto-scrittura. Chiarenza, nel cervello dislessico, ha rilevato sul piano neurofisiologico non un danno alle zone corticali bensì un disturbo dei circuiti neurali corticali e una bassa attività elettrica cerebrale che coinvolge anche l'efficienza degli scambi interemisferici, che sono interessati da una andamento randomizzato (lento), discontinuo, disfluente e che causa, come conseguenza, un rallentamento delle funzioni e dei processi esecutivi e un disturbo funzionale nelle prassie. QUAL È L'INTERVENTO EDUCATIVO PIÙ IDONEO PER UN DISLESSICO? Gli interventi riabilitativi e/o educativi dovrebbero prevedere strategie e attività rapide, simultanee e intensive per consentire la NEUROATTIVAZIONE-POTENZIAMEMTO- STABILIZZAZIONE DEI CIRCUITI CEREBRALI, stimolando la plasticità cerebrale e aumentando l'attività elettrica per ottenere una velocizzazione NELL' INCIPIT DELL' AGIRE UMANO: in tal modo, velocizziamo il bambino dislessico in tutte le sue prestazioni, corporee, percettive, emotive, intellettive, scolastiche. ⚠️ DA FAVORIRE DURANTE LA PRESTAZIONE SCOLASTICA ⭐ Dobbiamo aiutare il b.no dislessico a: ⭐ formulare mentalmente un piano di azione (pianificare il compito)⭐ coordinare un'azione intenzionale⭐ favorire l'esecuzione di più funzioni in contemporanea (sinestesie)⭐ spostare e mantenere l'attenzione e migliorare la memoria di lavoro⭐ favorire i processi di autoregolazione/autocontrollo/autoregolazione inibendo reazioni impulsive⭐ incrementare la sequenzialità delle azioni o prestazioni⭐ generare nuove strategie e migliorare il problem-solving⭐ concettualizzare e generalizzare il proprio sapere⭐ costruire mappe e schemi nello studio (le forme sintetiche sono utili nelle spiegazioni così l'alunno dislessico può comprendere senza smarrirsi nelle sequenze) ma esporre in forme verbali estese⭐ favorire la fluidità esecutiva (giusta velocità, rapidità dell'incipit, rapidità dell'autocorrezione, scarse interruzioni) nelle prestazioni scolastiche e prassico-motorie⭐ favorire la lettura globale, predittiva, lessicale, la narrazione, il dettato verbale via via più lungo, il calcolo orale rapido, la scrittura di numeri a più cifre, la memorizzazione delle tabelline in ordine casuale, la scrittura in corsivo fluida (parole intere) e le abilità grafomotorie, il movimento nella linea dei numeri e del tempo, l'incolonnamento, consentire la lettura in obliquo (poiché si riduce il lavoro sx-dx sempre difficoltoso nei dislessici), segmentare il testo dei problemi matematici (senza "frammentare") ⚠️ DA EVITARE  ⭐ La scrittura o la lettura di singole lettere e sillabe⭐ Forme di lettura e scrittura ad approccio analitico-sintetico (per fusione di lettere e sillabe)⭐ La lettura forzata ad alta voce⭐Evitare l'uso della calcolatrice o sintetizzatori vocali (ad eccezione di prove finali) ⭐ la pressione temporale nell'esecuzione di compiti⭐ i lavori di gruppo, lo studio mnemonico, il lavoro su tabelle poco ordinate, prove a risposta multipla (disperdono l'attenzione del bambino)⭐ i riassunti: un questo modo non aiutiamo il bambino dislessico a sviluppare un metodo si studio efficace. Ricorrere ai riassunti non porta a una concettualizzazione del sapere che deve essere costruito a livello metacognitivo per raggiungere la competenza⭐ Lezioni lente, lunghe, senza pause o momenti di recupero con domande di monitoraggio, riformulazioni, ripetizioni di ciò che si sta spiegando, non sono utili poiché: ⭐ non incrementano l'attività elettrica del cervello⭐ provocano una dispersione dell'attenzione portando a uno "smarrimento cognitivo" dell'alunno dislessico⭐ non stimolano la memoria di lavoro, l'organizzazione delle conoscenze e la pianificazione delle risposte adeguate al contesto⭐ non favoriscono la metacognizione, ovvero la riflessione sul proprio pensiero, il controllo e la regolazione delle attività richieste dai compiti mentali   A cura della Dott.ssa Francesca Tabellione (Bibliografia: Crispiani, Spezzi)

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