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CONOSCERE IL CERVELLO INFANTILE - MOTRICITÀ E LINGUAGGIO NELLA FASCIA 0-6 ANNI: FASI DI SVILUPPO E PROPOSTE OPERATIVE

wp:paragraph Nel periodo che va dalla nascita ai 6 anni, il bambino ha una mente che viene chiamata ASSORBENTE (Montessori), ovvero è capace di assorbire tutti gli stimoli sensoriali dell’ambiente circostante. In questo periodo il bambino sviluppa il pensiero concreto e non quello astratto (che svilupperà più tardi). /wp:paragraph wp:paragraph Dalla nascita ai 6 anni, inoltre, sono presenti diversi sottoperiodi, definiti sensibili, in cui è più facile e innato sviluppare capacità fondamentali come il linguaggio. Noi professionisti/educatori/genitori dobbiamo sfruttare al massimo questo periodo (dagli 0 ai 6 anni) per indurre il bambino a fare da solo, a relazionarsi adeguatamente al mondo concreto, a costruire quell’ordine mentale necessario per la sua indipendenza e autostima. /wp:paragraph wp:paragraph Bisogna intervenire il meno possibile e lasciare il bambino libero di decidere, di sperimentare, anche di sbagliare e intervenire solo in caso di necessità o bisogno. Considerare che ogni bambino è unico, e ognuno ha i propri tempi e modi di acquisizione. /wp:paragraph wp:paragraph IL MOVIMENTO /wp:paragraph wp:paragraph Perché il movimento è così importante? Il bambino impara a muoversi, prima gattonando, poi reggendosi in piedi con appoggio, poi camminando e correndo. Solo attraverso il movimento, egli scopre l’orientamento, le distanze, l’organizzazione spazio-temporale, acquisisce la conoscenza e la padronanza del proprio schema corporeo. Senza movimento non c’è esplorazione né crescita emotiva, relazionale e cognitiva. /wp:paragraph wp:paragraph PROPOSTE PER FAVORIRE LO SVILUPPO MOTORIO /wp:paragraph wp:paragraph Appena nato, il bambino fa movimenti del tutto casuali, con i piedi, con le mani e a volte gira un po’ la testa. Non è capace di rotolare o girarsi. Attorno ai 2/3 mesi, dopo aver afferrato o toccato per caso diversi oggetti, i movimenti diventano più volontari. In questa fase è importante mostrare al piccolo dei giochi stimolanti, colorati o rumorosi. È importante far assumere al bambino la posizione prona (a pancia in giù) su un tappeto: permette di sviluppare i muscoli del collo, delle spalle e della schiena poiché il piccolo è spinto ad alzare la testa. Tuttavia, a pancia in giù un bimbo piccolo va tenuto per poco tempo: quando dorme o quando è da solo, questa posizione è sconsigliata poiché è spesso responsabile della Sids (sindrome da morte in culla, problema gravissimo di cui non si conoscono ancora bene le cause ma di cui si sono trovati fattori di rischio e di protezione). /wp:paragraph wp:paragraph A partire dai 3 mesi, possiamo utilizzare giochini rumorosi e incoraggiarlo a girarsi su un fianco o sull’altro. /wp:paragraph wp:paragraph Dai 6/7 mesi, alcuni bambini iniziano a gattonare o comunque a muoversi nello spazio circostante, altri strisciano o fanno movimenti differenti. Altri ancora camminano saltando la tappa del gattonamento o dello striscio. /wp:paragraph wp:paragraph Fra i 6 e i 12 mesi, la stimolazione è ancora fondamentale: è consigliato, in terapia e a casa, avere diverso materiale quali cubetti, sonagli, mattoncini colorati, lego, birilli, cuscini morbidi, tappetini sensoriali con cui il bambino può fare esperienza sensori-motoria, tattile, manipolativa. /wp:paragraph wp:paragraph Verso i 12 mesi circa, il bambino inizia a camminare, prima con appoggio poi sempre più autonomamente. In questa fase possiamo osservare notevoli cadute o perdite di equilibrio poiché il bambino sta imparando a controllare maggiormente il proprio corpo e ad “auto-equilibrarsi”. Non bisogna utilizzare il girello in quanto dannoso poiché: – interferisce in modo negativo sullo sviluppo psicomotorio – impedisce al bambino di sperimentare le cadute e quindi di sviluppare un corretto senso dell’equilibrio – non consente al bimbo di guardarsi gambe e piedini – non gli permette di afferrare gli oggetti – può obbligare il piccolo a una posizione che preme troppo sull’anca e indurlo a camminare “in punta di piedi”. /wp:paragraph wp:paragraph Fino agli 11/12 mesi sarà dunque importante che il bambino sperimenti ogni tipo di movimento e utilizzare anche la musica per favorire il senso del ritmo, che aiuta ad acquisire equilibrio e coscienza del proprio corpo. Ricordiamo che il ritmo è fondamentale sia per un corretto sviluppo psicomotorio che cognitivo (apprendimenti scolastici). /wp:paragraph wp:paragraph Verso i 2 anni, quando il cammino sarà acquisito, può essere consigliata una bicicletta di legno senza pedali, pensata per insegnare al bambino l’equilibrio. /wp:paragraph wp:paragraph Pertanto, per tutto il periodo cruciale dell’infanzia (0-6 anni), incentivate ogni tipo di attività all’aria aperta: ad esempio portate il bambino al parco e fatelo giocare con scivolo, altalene, incentivate tutte le attività che prevedono movimenti rapidi e lenti, salti, lanci con la palla, capriole, corsa con oggetti in mano o senza, rotolamenti da un lato all’altro, attività che prevedono manipolazione di diversi materiali ed esplorazione tattile di diverse consistenze. Vediamo in dettaglio alcuni giochi. /wp:paragraph wp:paragraph GIOCHI DI MOVIMENTO (0-4 ANNI) /wp:paragraph wp:paragraph Sono tanti e vari i giochi di movimento che possiamo proporre in questa fascia d’età, consigliandoli non sono a professionisti/educatori ma anche a insegnanti e a genitori. Ne citiamo alcuni. /wp:paragraph wp:paragraph 1. Provate a incollare sul pavimento alcune strisce di nastro o carta adesiva, tutte alla stessa distanza o a distanze diverse: si può invitare il bambino a saltare, evitarle, toccarle, mettere un piede su una e l’altro su un’altra. In questo modo stiamo facendogli sperimentare i propri movimenti. /wp:paragraph wp:paragraph 2. Mettere un fazzolettino appallottolato in testa al bambino e poi incitatelo a muoversi, cercando di non far cadere il fazzolettino o di prenderlo al volo ogni volta che scivola. /wp:paragraph wp:paragraph 3. Costruite una ruota con varie finestrelle e una lancetta. Chiedete al bambino di girare la lancetta e compiere l’azione scritta sulla finestrella su cui la lancetta si ferma. Nelle finestrelle potete scrivere azioni semplici (saltare, stare fermi, correre, strisciare, gattonare, ecc), oppure azioni che mimano animali o semplicissimi schemi crociati alternati. /wp:paragraph wp:paragraph 4. Realizzate percorsi da seguire con un inizio e una fine utilizzando sedioline, birilli, mattoncini, tappetini, cerchi, cuscini di varia consistenza e invitate il bambino a realizzarlo con modalità sempre differenti (occhi chiusi, aperti, strisciando, saltando, correndo, camminando, ecc.). /wp:paragraph wp:paragraph 5. Possiamo consigliare anche esercizi di rilassamento o yoga per prendere coscienza del proprio corpo o attività sportive come danza, karate, calcio, rispettando sempre i ritmi e la volontà del fanciullo. /wp:paragraph wp:paragraph IL LINGUAGGIO /wp:paragraph wp:paragraph L’ apprendimento del linguaggio inizia e procede in modo non certo lineare, bensì a salti (Montessori), attraverso creatività, esplosioni del linguaggio improvviso, regressioni, di nuovo progressi in avanti, il tutto seguendo la formazione del cervello, che in questi anni è in pieno fermento. /wp:paragraph wp:paragraph Dopo le varie esplosioni del vocabolario, attorno ai 2 anni e mezzo, inizia l’organizzazione in categorie e strutture. /wp:paragraph wp:paragraph La Montessori distingue due fasi linguistiche: /wp:paragraph wp:paragraph – fase prelinguistica (dalla fase di feto, quindi nella vita prenatale, all’anno di età) /wp:paragraph wp:paragraph – fase linguistica (dai 12 ai 36 mesi circa). /wp:paragraph wp:paragraph a. La fase prelinguistica inizia già durante la gestazione materna, in cui il feto comincia a sentire i rumori e la voce materna. Ci sono diversi esperimenti che dimostrano che i neonati sanno riconoscere la voce materna e la distinguono dalle altre. Il bambino è programmato per comunicare, è interessato sin da subito alle voci umane e si sofferma sui visi umani più che su ogni altra cosa. /wp:paragraph wp:paragraph Attorno ai 2 mesi e mezzo/3 mesi, il piccolo avvia la vera comunicazione diadica, ovvero la comunicazione a due, solitamente con la mamma, riuscendo a rispettare i turni di parola. /wp:paragraph wp:paragraph In questa fase la laringe è abbastanza sviluppata per permettere modulazioni di voce e il bimbo è capace di mantenere lo sguardo. /wp:paragraph wp:paragraph Verso i 6 mesi, talvolta un po’ prima, inizia la lallazione, cioè la fase in cui il bambino pronuncia consonanti e vocali ripetutamente ma senza avere consapevolezza del significato delle parole (ma-ma, ta-ta, da-da). /wp:paragraph wp:paragraph Le prime forme di consapevolezza e comprensione autentica del linguaggio compaiono tra 8 e 12 mesi. In questa fase il piccolo riesce a rispondere si o no (in genere il no viene prima del si) e rispondere a semplici richieste quali “batti le manine, fai ciao con la mano..”. /wp:paragraph wp:paragraph Verso i 12 mesi, in genere, pronuncia le prime parole che riguardano persone o cose comuni della vita del piccolo (mamma, papà, pappa, fratello): sono parole che racchiudono un intero contesto/situazione (compare l’olofrase o frase intera). /wp:paragraph wp:paragraph b. La fase linguistica avviene tra i 12 e i 36 mesi e, al suo interno, bisogna distinguere una: – Fase locutoria (12-22 mesi) – Fase delocutoria (22-36 mesi). Durante la fase locutoria il bambino utilizza la stessa parola per definire cose diverse o viceversa, ed è una fase di grande sperimentazione in cui il piccolo realizza frasi semplici composte da soggetto + verbo (“mamma mangia”). Dai 2 anni si assiste ad una esplosione del vocabolario in cui il bimbo impara fino a 6/9 parole nuove al giorno, e le frasi nucleari diventano sempre più lunghe, il bambino è in grado di dire come si sente e se qualcuno è felice o triste. A partire dai 3 anni, il bambino inizia ad utilizzare la prima persona per parlare di sé (prima dei 3 anni utilizzava la terza persona): le frasi diventano più complesse, si comincia ad utilizzare il plurale e i pronomi al posto anche delle altre persone (invece di dire “papà mangia dice tu mangi”). /wp:paragraph wp:paragraph PROPOSTE PER FAVORIRE LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO (0-6 ANNI) /wp:paragraph wp:paragraph 1. Utilizzare libri illustrati che parlino di cose e storie concrete /wp:paragraph wp:paragraph 2. Usare piccoli animaletti e nominarli o suddividerli in categorie. Stessa modalità con oggetti di vita quotidiana /wp:paragraph wp:paragraph 3. Utilizzare un linguaggio semplice, lineare, chiaro quando si parla. Enfatizzare le parole principali. Mettersi alla stessa altezza del bambino in modo che egli possa vedere la vostra bocca quando parlate per imitare/articolare i suoni. Chiamare le cose con i loro nomi, ad esempio non dire frutta se stiamo mostrando al bimbo una mela. /wp:paragraph wp:paragraph 4. Ripetere le paroline quando il bambino pronuncia in maniera errata una frase, senza dirgli che ha sbagliato a pronunciarle. Non essere peró troppo ridondanti! /wp:paragraph wp:paragraph 5. Categorizzare anche a seconda dei suoni: mettere insieme oggetti che iniziano con lo stesso suono e fatelo notare al bimbo. /wp:paragraph wp:paragraph 6. Usare le carte della nomenclatura, con disegni di oggetti-animali-persone con cui il bambino deve giocare e sperimentare. Poi, a seconda dell’età, si può chiedere dove sia il cane, la palla, il sole, ecc. Dai 2 anni e mezzo/3, sono utili anche le carte delle emozioni che mirano a riconoscere le espressioni/sensazioni emotive e carte che stimolano l’immaginazione, il pensiero e la semplice resocontazione raccontando storie. /wp:paragraph wp:paragraph 7. Gioco del silenzio montessoriano: consiste nello stare fermi e zitti per circa 30 secondi con gli occhi chiusi. /wp:paragraph wp:paragraph Successivamente invitare il bambino a dire quali rumori ha sentito durante questo silenzio (rumore delle macchine, cinguettio degli uccelli, ecc.). Tale esercizio mira a favorire la concentrazione, la percezione del proprio corpo e dell’ambiente circostante. /wp:paragraph wp:paragraph ————–*———-*———-*—– /wp:paragraph wp:paragraph Dott.ssa Francesca Tabellione Dott.ssa Erika D’Antonio Tnpee, psicomotriciste funzionali, terapiste itard, supervisori, ideatrici di libri e schede educative/riabilitative /wp:paragraph

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DISLESSIA E DISTURBI NEUROPSICOMOTORI

wp:tadv/classic-paragraph Abbiamo più volte parlato di dislessia e disprassia nei nostri articoli precedenti (li potete trovare sul nostro sito) ma in questo articolo vorremmo dedicarci soprattutto alla correlazione tra la dislessia e i disturbi neuropsicomotori.   La dislessia è una difficoltà di apprendimento della lettura che viene di solito evidenziata quando il bambino frequenta la scuola elementare, sebbene i requisiti disfunzionali possano essere riconosciuti già nel periodo prescolare. È un disturbo spesso associato a disgrafia e discalculia e non solo influenza il rendimento scolastico ma può portare anche a turbe della personalità e influenzare tutto l'agire della persona (motorio- cognitivo- relazionale).   Nella scuola elementare il bambino dislessico viene erroneamente considerato pigro o svogliato mentre egli si trova a dover fronteggiare i suoi problemi: le sue difficoltà di apprendimento vengono sottovalutate, si sente frustrato e perde ogni fiducia nelle proprie potenzialità. In famiglia, anche i genitori talvolta assumono un un atteggiamento affettivo ostile nei suoi confronti.   Questi fattori contribuiscono a instaurare nel bambino un complesso di inferiorità che può diventare tanto più grave quanto più a lungo verranno ignorate le vere difficoltà che il bimbo incontra.   Bisognerebbe accertarsi, soprattutto nell'ultimo anno di scuola materna, se il bambino possiede tutti i requisiti che sono alla base della LETTO-SCRITTURA e per prevenire eventuali disturbi specifici di apprendimento.   La maggior parte degli autori concordano nel definire dislessico un bambino che non ha deficit sensoriali e che possiede una intelligenza nella media o superiore alla stessa, sebbene le sue prestazioni di lettura siano inferiori alla media per la sua età.   Kocher distingue una "dislessia specifica" da una "dislessia evolutiva": per specifica intende le difficoltà che il bambino incontra nella letto-scrittura, mentre il suo rendimento risulta soddisfacente negli altri settori. Per evolutiva vuole indicare la stessa difficoltà che poi tende ad attenuarsi e scomparire con gli anni. Si dovrà sospettare una dislessia quando, a parte le difficoltà di letto-scrittura, il rendimento generale del bambino in campo scolastico non è quello atteso rispetto alla sua età cronologica.   Nella lettura del dislessico si evidenzia una lentezza, incertezza, ripetizioni di una sillaba o di una parola. Spesso il bambino salta da una riga all'altra, perde il segno, sbaglia nell'andare a capo, necessita di seguire il testo con il dito. Inoltre leggendo compie numerosi errori di inversioni di lettere o sillabe, soppressione di lettere, incapacità di discriminare forme che differiscono leggermente tra loro (n-m, a-e, r-z), confusione di forme uguali ma diversamente orientate nello spazio (p-q-d-b-u-n), sostituzioni di parole con altre simili per suono, disgrammatismo (alterazione del genere, numero, nome, tempi dei verbi), mancata lettura dei segni della punteggiatura, accenti, parentesi.   Eziopatogenesi   La dislessia ha una eziopatogenesi complessa per le diverse implicazioni che essa coinvolge: fattori organici, funzionali, ecc. Tra le cause principali, possiamo citare:   - disturbi di linguaggio - disturbi della percezione visiva - disturbi della percezione uditiva - difficoltà di lateralizzazione - disturbi dello schema corporeo - disturbi di strutturazione spazio-temporale e del ritmo - disturbi di simbolizzazione - disturbi di memoria.   1. DISTURBI DI LINGUAGGIO   Il rapporto tra dislessia e linguaggio è molto stretto, tanto che la dislessia si può considerare come una forma di ritardo di linguaggio, poiché le difficoltà di organizzazione percettivo-motoria e linguistica che ostacolano la buona acquisizione del linguaggio verbale, rendono più o meno difficile il passaggio dall'espressione orale a quella scritta. Un vocabolario esteso e differenziato, stimolato adeguatamente dall'ambiente familiare, offre al bambino maggiore possibilità di comprensione e di espressione e dunque una valida base per l'apprendimento della lettura. È inevitabile che disturbi del linguaggio in età scolare influiscano negativamente sui processi di lettura e scrittura. Spesso i disturbi di linguaggio si accompagnano ad un lento sviluppo dell'intelligenza e di conseguenza il bambino manifesta uno sviluppo inadeguato delle seguenti funzioni: simbolica, strutturazione spazio-temporale, capacità di astrazione. I disturbi del linguaggio comprendono difetti di pronuncia ed errori nell'accordare il numero, il genere, assenza completa di sintassi, tutti errori conseguenti a disturbi della formulazione del pensiero e della funzione simbolica (requisiti importanti per la lettura, comprensione del testo, ortografia). Di conseguenza è del tutto prematuro incominciare l'apprendimento della lettura con i bambini che hanno un grave ritardo nel linguaggio essendo questo una condizione necessaria ad ogni ulteriore acquisizione.   2. DISTURBI DELLA PERCEZIONE VISIVA   I disturbi della percezione visiva comportano delle difficoltà di apprendimento della lettura e scrittura. Essi riguardano:   - la coordinazione visuo-motoria: il bambino con difficoltà in questo aspetto manifesta problemi nella successione spazio-temporale, da sx a dx e dall'alto al basso. Tale fenomeno si riscontra soprattutto nei mancini o nei bimbi con una lateralizzazione non ben strutturata, oppure in soggetti con una immaturità psicomotoria, soprattutto nello schema corporeo e nell'orientamento spaziale   - la percezione figura sfondo: il bambino avrà problemi nella lettura in quanto non riuscirà ad isolare una lettera da una parola o una parola dalla frase né a spostare l'attenzione da uno stimolo all'altro   - la costanza percettiva: il bambino può fare fatica a riconoscere le lettere simili nella forma (m-n-a-e) o nelle dimensioni (i-l)   - le posizioni spaziali: il bambino può presentare difficoltà nelle forme speculari (b-d-p-q). Per prevenire tali difficoltà bisogna proporre al bambino attività sul riconoscimento di semplici figure diversamente orientate per poi passare al segni o simboli   - le relazioni spaziali: il bambino potrà fare inversioni come "al anziché la", "perghiera anziché preghiera", poiché farà fatica a discriminare la relazione spaziale tra le lettere.   3. DISTURBI DELLA PERCEZIONE UDITIVA   Tali bambini hanno un udito normale, ma presentano un difetto nella percezione di un suono, soprattutto quando si tratta di distinguere certi suoni acusticamente simili tra di loro quali p-b, t-d, f-v, s-z. La conseguenza è un ritardo di parola che può manifestarsi sia nel linguaggio ripetuto che in quello spontaneo.   4. DISTURBI DI LATERALIZZAZIONE   La dislessia è spesso associata anche con i disturbi della lateralità e con il mancinismo.   Diversi autori hanno ritenuto i disturbi della lateralità manuale come causa principale della dislessia. È inoltre accertato che non è tanto il mancinismo ad avere significato nell'eziopatogenesi della dislessia, ma una lateralità ancora non ben definita, espressione di una non chiara dominanza cerebrale. Sul piano dell'apprendimento della letto-scrittura i bambini non bene lateralizzati a dx o a sx presentano delle difficoltà come: confusione di lettere simili per forma ma con diverso orientamento, inversioni di lettere o sillabe nelle parole, inversioni di cifre, rovesciamento di lettere e di cifre.   5. DIFFICOLTÀ NELLA FORMAZIONE DELLO SCHEMA CORPOREO   Il bambino per avere un buon orientamento e una buona organizzazione spaziale deve possedere una precisa conoscenza dello schema corporeo. Vi sono bambini che a 9-10 anni non hanno una sufficiente padronanza corporea e non ne sanno riconoscere la parte dx e quella sx. Questo impedisce loro di pianificare la sequenza di movimenti necessari per eseguire una prassia.   6. DIFFICOLTÀ DI STRUTTURAZIONE SPAZIO-TEMPORALE E DEL RITMO   Nel bambino dislessico la cattiva organizzazione spaziale si manifesta con difficoltà nel mettere in relazione le diverse parti del corpo tra di loro. Ogni elemento della lettura, preso isolatamente, è quindi correttamente percepito ma i rapporti che il bambino stabilisce tra i vari elementi sono instabili. Per tale ragione il bambino può compiere inversioni cinetiche come leggere "pa al posto di ap" e presentare disturbi di percezione e riproduzione di strutture ritmiche.   7. DISTURBI DI MEMORIA   Ci sono bambini che fanno fatica a comprendere un testo. Per evitare ciò è necessario che lo sguardo preceda l'articolazione, altrimenti la lettura viene scandita in sillabe o in parole, diventando stentata e comportando una discomprensione del testo. È il tipico caso del bambino che legge ta-vo-lo e non è capace di comprendere la parola tavolo. Una delle caratteristiche del bambino dislessico è infatti quella di soffermarsi a lungo su una sillaba o su una parola difficile.   8. DISTURBI AFFETTIVI I disturbi affettivi non sono quasi mai primari ma secondari alle difficoltà di apprendimento. Si possono avere bambini che manifestano: - reazioni di opposizione, caratterizzate da apatia, disinteresse, inibizione, talvolta anche mutismo o al contrario aggressività, gelosie - ansietà, caratterizzata da una preoccupazione eccessiva per il lavoro scolastico, con tics che appaiono durante la frequenza scolastica e scompaiono durante le vacanze.   Un atteggiamento ansioso o poco gratificante peggiora la situazione fino a portare a un vero e proprio rifiuto scolastico. Un atteggiamento intelligente, comprensivo invece è spesso il modo per agire positivamente verso un recupero il più possibile ottimale delle funzioni.   Dott.ssa Francesca Tabellione Dott.ssa Erika D'Antonio Tnpee, psicomotriciste funzionali, terapiste itard, supervisori, ideatrici di libri e schede educative/riabilitative /wp:tadv/classic-paragraph

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DISPRASSIA DELLO SVILUPPO

wp:paragraph Perché questi bambini hanno difficoltà ad apprendere e automatizzare molte abilità e quali sono i principali campanelli di allarme in età prescolare e in età scolare da non sottovalutare? /wp:paragraph wp:paragraph La Disprassia dello sviluppo è una delle manifestazioni più comuni della disfunzione dell’integrazione sensoriale , ovvero una difficoltà /disturbo del cervello nell’organizzare gli stimoli vestibolari, tattili, propriocettivi necessari al raggiungimento di uno scopo/obiettivo, interferendo con la capacità di pianificazione e coordinazione motoria. /wp:paragraph wp:paragraph Il termine “sviluppo” significa che il problema inizia precocemente nella vita del b.no influendo sul suo sviluppo durante la crescita. /wp:paragraph wp:paragraph Il problema è nel “modo in cui il cervello elabora le percezioni”. La maggior parte dei bambini affetti da disprassia ha un Q.I nella media o superiore alla stessa e non ha problemi con i movimenti programmati centralmente (camminare a carponi o eretti), poiché questi ultimi non richiedono una integrazione sensoriale complessa, mentre ha problemi con compiti che richiedono una pianificazione motoria come, ad es., vestirsi e allacciarsi le scarpe. /wp:paragraph wp:paragraph La Disprassia è un disordine qualitativo e funzionale nella ideazione /programmazione ed esecuzione sequenziale di un’azione intenzionale e volontaria, finalizzata a un preciso scopo. Questo significa che il bambino affetto da disprassia ha bisogno di pensare ogni volta che deve pianificare un nuovo movimento o un nuovo compito perché non ha raggiunto l’automatismo (è come se non gli “penetrasse” dentro). Talvolta però può acquisire alcune cosiddette “competenze scheggia” senza avere la capacità di organizzare le sue azioni, ovvero delle abilità che il bambino apprende (es: fare il nodo alle scarpe o suonare un brano al pianoforte, senza però essere capace di suonare il pianoforte). /wp:paragraph wp:paragraph Allora i genitori o insegnanti potrebbero dirci: se si impegna, ce la può fare! Deve solo impegnarsi, a volte è pigro e svogliato! Ma purtroppo non sanno quanto sforzo il piccolo deve fare per raggiungere quel determinato obiettivo, semmai lo raggiungesse! Noi rispondiamo che la pianificazione motoria è ben diversa dallo sviluppo di quelle capacità per le quali siamo stati già programmati! Se il bimbo non possiede la pianificazione spontanea, risultato di una buona integrazione sensoriale, gli occorre un dispendio energetico e mentale maggiore per fare qualcosa che invece gli altri riescono a fare velocemente e facilmente, senza nessuna difficoltà. /wp:paragraph wp:paragraph Quando un’abilità si può considerare automatizzata? /wp:paragraph wp:paragraph Quando il bambino la esegue in maniera fluida e sciolta, senza più richiedere una pianificazione motoria e alcuno sforzo cosciente. /wp:paragraph wp:paragraph I nostri bambini disprassici hanno dunque difficoltà nella pianificazione motoria, la quale rappresenta il collegamento tra gli aspetti sensori-motori e quelli intellettuali della funzione cerebrale, dovuta ad una scarsa percezione o immagine corporea: questo perché gli stimoli tattili ,vestibolari e propriocettivi non sono correttamente processati. /wp:paragraph wp:paragraph Analizziamo in dettaglio i principali sistemi sensoriali coinvolti. /wp:paragraph wp:paragraph Stimoli tattili: /wp:paragraph wp:paragraph il bambino ha difficoltà a discriminare e identificare le cose che lo toccano o che lui tocca (problema, questo, di discriminazione tattile). /wp:paragraph wp:paragraph Sa quando viene toccato ma non sa dire in che punto è stato toccato o sente qualcosa nella mano ma non sa se è un bottone o una monetina. La stimolazione tattile continua è fondamentale per mantenere il cervello organizzato. Se viene a mancare, il cervello si disorganizza molto velocemente. /wp:paragraph wp:paragraph Stimoli propriocettivi o cinestesici: /wp:paragraph wp:paragraph Stimoli propriocettivi o cinestesici: /wp:paragraph wp:paragraph contribuiscono alla percezione corporea tramite la propriocezione dei muscoli e articolazioni, che ci permettono di sapere dove sono le parti del nostro corpo e come si stanno muovendo. Il b.no con disprassia ha una sensibilità propriocettiva ridotta; la sensibilità è spesso vaga e confusa e per questo si affida molto di più alla vista rispetto agli altri bambini. Se non può vedere si sente perso. Fa fatica nel sapere dove sono le parti del corpo più complesse (sa a malapena dove ha le mani e i piedi), non riesce a percepire quanto sforzo muscolare occorre per fare qualcosa (spesso rompe i giochi, fa fatica ad impugnare correttamente uno strumento grafico, inciampa sui mobili o incorre in incidenti). /wp:paragraph wp:paragraph Stimoli vestibolari: /wp:paragraph wp:paragraph il sistema vestibolare, che rappresenta il cuore dell’integrazione sensoriale, modula le informazioni provenienti dagli altri sistemi sensoriali; è responsabile del movimento, gravità e posizione, orientamento spaziale, equilibrio (attraverso continui scambi di informazioni con il cervelletto), movimenti oculari saccadici e di inseguimento lento (di pursuit) legati alla lettura, oltre che del controllo posturale e del tono muscolare. Ricordiamo che un sistema vestibolare disorganizzato genererà un basso tono muscolare: ecco perché il bambino si stanca facilmente e non riesce a mantenere la testa dritta mentre sta seduto al banco, perché concentra tutte le sue energie rispetto all’attrazione gravitazionale. Il b.no con disprassia in genere presenta un tono muscolare molto basso (ipotonia) e lassità articolare. Pertanto, per migliorare l’organizzazione motoria, il bambino deve fare molte esperienze sensori-motorie che includono una grande quantità di stimoli vestibolari, tattili e propriocettivi, con conseguenti risposte adattive (reazioni intenzionali finalizzate a uno scopo o ad una esperienza sensoriale) che aiutano ad organizzare queste sensazioni. /wp:paragraph wp:paragraph Segni di Disprassia in Età Prescolare: /wp:paragraph wp:paragraph – Lentezza motorio-prassica alternata a precipitazione /wp:paragraph wp:paragraph – Attenzione su un gioco labile e discontinua con sofferenza alla iperstimolazione /wp:paragraph wp:paragraph – Impacci nei giochi con la palla, nell’afferrare o manipolare giochi/ strumenti (es: matite e colori, forchette) /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà nell’andare con il triciclo o in bicicletta con le rotelle /wp:paragraph wp:paragraph – goffaggine e maldestrezza nei coordinamenti motori, percettivi, nell’equilibrio statico-dinamico (es: rimanere per alcuni secondi su un solo piede o saltare su un solo piede sul posto o all’interno dei cerchi) /wp:paragraph wp:paragraph – scarsa capacità di dosare la forza e scarso orientamento spaziale (il b.no non riesce a regolare la distanza tra il proprio corpo e gli oggetti, sbatte contro le persone, confonde le direzioni, si perde se il posto non gli è familiare, distrugge giocattoli perché non regola la forza, ecc.) /wp:paragraph wp:paragraph – impacci nelle prassie fini e bimanuali (infilarsi vestiti o calzini, abbottonarsi, sbottonarsi, chiudere cerniere, ritagliare con le forbici, strappare pezzi di carta, ecc.) /wp:paragraph wp:paragraph – comportamento impulsivo e ipercinetico o al contrario eccessivamente passivo (alcuni bambini sono iperattivi mentre altri sembrano reagire poco o per nulla alle stimolazioni ambientali che ricevono) /wp:paragraph wp:paragraph – scarsa percezione corporea e dominanza laterale non stabilizzata (a 5 anni) /wp:paragraph wp:paragraph – disegno e gioco spontanei poveri e immaturi /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà nelle prassie visuo-costruttive (giocare con i lego, fa fatica a fare semplici puzzle o a trovare strategie per risolvere un gioco, utilizza sempre la stessa modalità) /wp:paragraph wp:paragraph – Disordini linguistici e articolatori /wp:paragraph wp:paragraph – Disordini grafo-motori e difficoltà nei rirmi /wp:paragraph wp:paragraph – Lentezza nell’adeguarsi ai cambi di attività, giochi o ambienti /wp:paragraph wp:paragraph – disordini nella memoria di lavoro (non ricorda 2 ordini in sequenza: vai al 1 piano e prendi lo zaino) /wp:paragraph wp:paragraph – Disordini nell’organizzazione temporale (non conosce i giorni della settimana, non sa dire la sua data di nascita o il giorno del suo compleanno, non sa mettere in sequenza semplici azioni, fa fatica con i concetti di ieri-oggi-domani) /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà nell’esecuzione delle sinestesie (es: compiere gesti con le mani e parlare contemporaneamente) /wp:paragraph wp:paragraph Segni di Disprassia in Età Scolare: /wp:paragraph wp:paragraph – lentezza nell’incipit o nello start motorio/verbale /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà nell’organizzazione di un compito o di un gioco, nel pianificare e nel seguire le procedure sequenziali di un’attività /wp:paragraph wp:paragraph – scoordinamenti e goffaggini negli sport di gruppo, nei giochi con la palla o nei coordinamenti senso-motori /wp:paragraph wp:paragraph – fatica/letargia, frequente distraibilità soprattutto in presenza di confusione pluristimolazione /wp:paragraph wp:paragraph – notevole impacco nelle prassie bimanuali (es: fare il fiocco alle scarpe, prepararsi un panino, scarse autonomie, ecc.) /wp:paragraph wp:paragraph – Impacci negli schemi crociati e rotatori (alternare l’apertura o la chiusura delle due mani in contemporanea, con un salto eseguire l’ alternanza di braccia/gambe in verticale e orizzontale, ecc.) /wp:paragraph wp:paragraph – scarso autofrenaggio e autocontrollo /wp:paragraph wp:paragraph – Scarsa flessibilità cognitiva /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà negli apprendimenti scolastici: nella scrittura (fa fatica a rispettare i margini del foglio, il rigo o quadretto, a lasciare il giusto spazio tra le parole, tratto grafico poco fluido e immaturo), matematica (fa fatica ad incolonnare i numeri, con i prestiti e riporti, nelle simmetrie, nel disegnare una figura geometrica, nel risolvere un problema e nel comprendere il testo), lettura (può essere sillabica, lenta e interrotta con scarsa comprensione del testo) /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà nelle abilità visuo- spaziali /wp:paragraph wp:paragraph – tono di voce monotono, difficoltà di articolazione o nella struttura sintattica di una frase, difficoltà a pronunciare parole lunghe o scioglilingua /wp:paragraph wp:paragraph – Difficoltà nell’organizzazione temporo- spaziale (può perdersi negli ambienti non familiari o nuovi, essere eccessivamente ordinato o eccessivamente disordinato) e nel pensiero (può essere lento e smarrito o intuitivo e brillante) /wp:paragraph wp:paragraph – difficoltà nel spostare gli occhi da un punto all’altro del campo visivo e nell’inseguimento percettivo di un oggetto in movimento sul piano orizzontale (tracking orizzontale) e verticale (tracking verticale) /wp:paragraph wp:paragraph – bassa autostima, scarsa tolleranza alla frustrazione, possibili comportamenti evitanti o oppositivi, a causa delle loro difficoltà nell’affrontare le numerose sfide quotidiane /wp:paragraph wp:paragraph In sintesi, ricordiamo che le abilità sensori-motorie e prassico-motorie sono le “VERE NOZIONI DI BASE” e i problemi di apprendimento o di comportamento, che rappresentano la manifestazione visibile agli occhi di un genitore o insegnante, continueranno fino a quando non si prenderanno in considerazione tali competenze primarie! /wp:paragraph wp:paragraph Ad esempio, alcuni bambini sono pronti per la lettura e scrittura perché hanno già interiorizzato le competenze di base mentre altri, a causa di un disturbo neurologico apparentemente “invisibile”, non sono stati capaci di svilupparle autonomamente. Quindi tentare di insegnare a leggere ad un b.no di 6 anni, quando non è ancora pronto e quando dovremmo ancora lavorare sulle sue “NOZIONI DI BASE”, è un invito a sentirsi fallito e frustrato: il b.no di conseguenza reagisce e viene trattato come se avesse un problema emotivo-comportamentale, ma noi sappiamo il perché! /wp:paragraph wp:paragraph Questi segnali o campanelli di allarme possono aiutare i genitori a capire se il loro bambino necessita di una valutazione approfondita funzionale (qualitativa) e quantitativa da parte di un professionista del settore, specializzato nei disordini dell’età evolutiva (tnpee, logopedista, ortottista, ecc.) /wp:paragraph wp:paragraph Consiglio professionale /wp:paragraph wp:paragraph Se nel vostro bambino riscontrate alcuni o molti dei segni e sintomi appena descritti, non ritardate l’intervento riabilitativo che, soprattutto nella fascia 0-6 anni, è fondamentale e cruciale per costruire le basi sensori-motori di cui abbiamo parlato e su cui si costruiranno i futuri apprendimenti e gli aspetti emotivo-relazionali del piccolo. /wp:paragraph wp:paragraph Redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione /wp:paragraph wp:paragraph Grafia: Dott.ssa Erika D’Antonio /wp:paragraph wp:paragraph (Bibliografia: Ayres, Crispiani) /wp:paragraph wp:paragraph /wp:paragraph

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I DISTURBI PSICOMOTORI INFANTILI

wp:paragraph /wp:paragraph wp:html Nell'insorgenza dei disturbi PSICOMOTORI infantili si ipotizzano diverse cause: nascita pretermine, fattori ereditari o chimici, asfissia alla nascita o mancato / anomalo sviluppo dell'integrazione dei vari sistemi sensoriali (Ayres), che portano ad una disorganizzazione neurologica, mancato o anomalo sviluppo dei riflessi neonatali o primitivi (Sally Goddard), problemi che derivano da modalità di attaccamento disturbate, insicure o disorganizzate o da angosce infantili (Simonetta) /wp:html wp:html Elenchiamo i principali disturbi psicomotori che sono oggetto della nostra analisi, valutazione e riabilitazione.   /wp:html wp:html 1. INIBIZIONE PSICOMOTORIA /wp:html wp:html L'inibizione psicomotoria può manifestarsi con: - rigidità e ipercontrollo - passività e apatia - ipertonia e incoordinazione. /wp:html wp:html Il bambino dimostra una generalizzata mancanza di iniziativa rispetto all'ambiente. Ciò che va sottolineato è che l'inibizione spesso non è solo sul piano motorio ma anche cognitivo e sul piano dell'organizzazione dello Schema Corporeo   /wp:html wp:html Le funzioni psicomotorie disturbate sono la FUNZIONE DI AGGIUSTAMENTO E DI PERCEZIONE. /wp:html wp:html Gli indici psicomotori più significativi sono le alterazioni della regolazione tonica, del controllo tonico ed emotivo, dell'aggiustamento spontaneo, della coordinazione dinamica globale. /wp:html wp:html Sembra che il bambino inibito non abbia la percezione di sé e del proprio corpo: questo limita le sue possibilità di interazione ed esplorazione con l'ambiente e la possibilità di attivare quei circuiti sinaptici corticali fondamentali per il suo sviluppo emotivo-sociale-scolastico-intellettivo. Non non riuscendo a riconoscersi, in genere non è capace nemmeno di disegnare se stesso. La conseguenza è un comportamento privo di iniziative, povero, stereotipato e ripetitivo con scarsa capacità di trovare risposte e strategie adeguate alla risoluzione di un compito o al raggiungimento di uno scopo, iper o ipotonicitá, scarsa insistenza nei tentativi per raggiungere l'obiettivo /wp:html wp:html   2. INSTABILITÀ PSICOMOTORIA /wp:html wp:html L'instabilità psicomotoria o sindrome ipercinetica è un disturbo della funzione di AGGIUSTAMENTO spontaneo, che si determina nei primi 3 anni di vita. /wp:html wp:html Questa instabilità si rivela nell'adulto con stati ansiosi-depressivi e compulsivi o forte labilità emotiva ( Levi-Romani, 2012) /wp:html wp:html I principali sintomi clinici a livello psicomotorio di questo disturbo sono: notevole difficoltà nell'attivazione dello stato di allerta/ vigilanza mentale (Arousal), nell'orientare l'attenzione e mantenerla per un periodo di tempo prolungato, scarsa attenzione ai particolari (attenzione selettiva deficitaria), scarsa capacità di percezione del proprio corpo e di rivolgere l'attenzione dentro se stesso, notevole ipercinesia con difficoltà nei processi di autocontrollo e conseguente impossibilità di fermare volontariamente le proprie azioni o i propri pensieri, il proprio linguaggio (non controllo della motricità e verbalizzazione), comportamenti spesso impulsivi, provocatori e aggressivi. /wp:html wp:html L'instabilità si può manifestare con due modalità: - ipercinesia - impulsività e disattenzione /wp:html wp:html Il bambino con instabilità psicomotoria non è aggressivo ma agitato e impulsivo: il suo corpo non gli comunica le sensazioni giuste, ovvero come dovrebbe muoversi nello spazio e come dovrebbe interagire con lo spazio, in modo da rispondere in maniera adattiva alle richieste; piuttosto gli pone dei problemi di controllo e di difficoltà nell'autoregolare la propria attivazione. /wp:html wp:html Modalità relazionali incoerenti da parte delle figure genitoriali possono ulteriormente peggiorare l'instabilità del bambino. /wp:html wp:html Lo stato di "non controllo" dei propri impulsi può essere considerato anche come una modalità di espressione delle proprie tensioni interne che il bambino non riesce a gestire e tollerare, o come una perdita di controllo da parte del cervello: la sua eccessiva attività è una reazione compulsiva a sensazioni che non è capace né di evitare né di organizzare, la confusione dentro il suo cervello rende impossibile l'autocontrollo / autoinibizione, l'attenzione e la concentrazione su un determinato compito o attività. /wp:html wp:html Nel corso dei primi 2 anni di vita presenta una disarmonia nello sviluppo psicomotorio: in particolare si osserva un notevole sviluppo della motricità a sfavore dell'attività percettiva. /wp:html wp:html A scuola, questa "instabilità psicomotoria" si accompagna a difficoltà nel prestare attenzione all'insegnante o nel terminare un compito, alternanza di prestazioni positive a prestazioni insufficienti, dunque si rileva una discordanza di performance a livello cognitivo. /wp:html wp:html È inutile dire a questi bambini di controllarsi di più, di stare fermi o di stare più attenti: il problema è nei meccanismi/processi mentali che sono oltre la coscienza, la volontà e il controllo. /wp:html wp:html Parole, premi e punizioni non aiuteranno il bambino ad organizzare meglio la sua attività cerebrale o le sensazioni che riceve dall'esterno e dal proprio corpo, mentre attività sensori-motorie/ prassiche aiuteranno il cervello di quel bambino ad organizzarsi maggiormente e a rispondere in maniera adeguata e consona alle situazioni e alle sfide che gli si presenteranno nella vita quotidiana, rendendolo inoltre più sicuro e felice. /wp:html wp:html Senza un intervento terapeutico, tale disordine può essere all'origine di gravi problemi sul piano sociale e divenire un disturbo psichiatrico ancora più serio. /wp:html wp:html   3. DISPRASSIA DELLO SVILUPPO /wp:html wp:html Inannzitutto dobbiamo porre particolare attenzione a distinguere la DISPRASSIA ACQUISITA, dunque un deficit quantitativo, per esempio in seguito ad un danno cerebrale causato da un trauma cranico, DA QUELLA ASSOCIATA AD UN RITARDO O A UN DISFUNZIONAMENTO/ DISORDINE DEL NORMALE SVILUPPO NEUROLOGICO. /wp:html wp:html Noi, in quanto riabilitatori, prenderemo in considerazione il disordine funzionale di tipo qualitativo. /wp:html wp:html La disprassia è un disordine funzionale e qualitativo nella ideazione ed esecuzione coordinata di azioni volontarie nel tempo e nello spazio diretti ad un determinato scopo, in assenza di deficit organici o deficit sensoriali. Il bambino è lento e inefficiente nella pianificazione motoria (la maggior parte dei bambini affetti disprassia non ha problemi con i movimenti della programmazione centrale, ad es. camminare carponi o camminare eretti, ma con le abilità che richiedono una precisa pianificazione), sebbene abbia una intelligenza nella media e una muscolatura adeguata. /wp:html wp:html Il disturbo è pervasivo, multifattoriale ed estremamente complesso, non riguarda solo la coordinazione e il movimento ma anche il linguaggio, il pensiero, la cognitività, la simbolizzazione, la memoria, la percezione, l'attenzione, l'autoregolazione, dunque tutte le Funzioni Esecutive umane.   /wp:html wp:html I principali sintomi della disprassia sono i seguenti: frequente ritardo nell'inizio della deambulazione, lentezza motorio-prassica alternata a precipitazione, incoordinazione generale, maldestrezza, disordini nelle prassie fini e bimanuali (lavarsi, vestirsi, impugnare una matita o posate, prendere al volo, lanciare, ecc.), esitazioni o precipitazioni nella discesa delle scale e nell'attraversamento della strada, disordini dell'organizzazione spaziale e temporale (orientamento nello spazio, smarrimento negli spazi grandi, difficoltà nella percezione del ritmo, nei concetti di prima-dopo, ieri-oggi-domani, nelle sequenze temporali, rispetto degli orari, smarrimento temporale), difficoltà nell'inseguimento percettivo (di figure o oggetti che si muovono o di oggetti fermi mentre si muove l'osservatore), difficoltà nella memoria di lavoro, nel seguire consegne plurime e discorsi prolungati, lentezza nell'adeguarsi ai cambi di persone/ambienti/giochi, tendenza a stancarsi o eccitarsi nelle situazioni di confusione/ iperstimolazione, disordini linguistici (esitazioni nell'incipit, inversioni nelle parole lunghe, struttura frasale breve, smarrimento nella produzione e ricezione linguistica), forme di dislateralità frequente (dominanza incerta, mista o crociata, contrariata o in ritardo fisiologico), disordini grafo-motori e nel lavoro sx-dx (errori o lentezza nel verso motorio, grafico, visivo da sx a dx, nella chiusura dei cerchi, nella rotazione di figure, nell'inversione di enunciati o frasi, ecc.) /wp:html wp:html   Questi segni e sintomi costituiscono dei campanelli di allarme importanti per poter mettere in atto un intervento tempestivo in tenera età, in modo da far acquisire al bambino una organizzazione prassica adeguata per i futuri apprendimenti scolastici e per un buon comportamento sociale e adattivo. /wp:html wp:html   4. RITARDO MOTORIO O IMMATURITÀ PSICOMOTORIA /wp:html wp:html La definizione stessa di "immaturità psicomotoria" implica un ritardo nella maturazione della motricità in riferimento alla naturale evoluzione delle prassie. Tale ritardo non è attribuibile a lesioni nervose ma a un disordine nella strutturazione della motricità. /wp:html wp:html Il ritardo psicomotorio può essere sintomo di un deficit della strutturazione funzionale del SNC, che può anche interessare la funzione gnosica, sia a livello prassico che simbolico. /wp:html wp:html Tutti i bambini con ritardo intellettivo manifestano anche un ritardo più o meno importante nella motricità, mentre alcuni bambini con intelligenza nella media possono presentare problemi isolati a livello della motricità.   /wp:html wp:html 5. DISTURBI DI LATERALIZZAZIONE e DI ORIENTAMENTO /wp:html wp:html Il disturbo di lateralizzazione si manifesta con l'impossibilità del bambino nel riconoscere percettivamente i due emisomi corporei e si presenta quando il soggetto non può basare il processo di lateralità sull'identificazione di una propria prevalenza motoria naturale. In particolare, il disturbo riguarda la mancata lateralizzazione, ovvero la difficoltà di percepire e riconoscere su di sé e verbalizzare la differenza funzionale tra i due lati del corpo. Si associa frequentemente alla disprassia: molti bambini disprassici non hanno una dominanza laterale ben affermata o definita (Ajuriaguerra, Crispiani, SImonetta, Massenz, Nicolson, Fawcet, ecc.)   /wp:html wp:html i principali sintomi di tale disturbo sono: difficoltà nell'orientamento spaziale poiché il bambino non riesce a fare affidamento ad una precisa rappresentazione mentale delle percezioni attraverso il supporto corporeo, dunque difficoltà nel ritrovare dentro di sé punti di riferimento cognitivi stabili (sensazioni) a cui fare affidamento per orientarsi nello spazio circostante (orientamento decentrato) , difficoltà con i concetti di "destra e sinistra" , difficoltà negli apprendimenti scolastici, nelle prassie bimanuali e nell'integrazione bilaterale (attraversamento della linea mediana quando ad es. il bambino deve prendere un oggetto con la mano destra che si trova alla sua sinistra), nella coordinazione motoria, nei lavori da sx a dx e nelle rotazioni, difficoltà nei processi di autocontrollo (comportamento impulsivo), problemi visuo-percettivi, difficoltà dell'inseguimento visivo (movimenti saccadici) di un oggetto fermo o di una palla in movimento. /wp:html wp:html   /wp:html wp:html Redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione Grafica:Dott.ssa Erika D'Antonio /wp:html

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I PRINCIPALI SENSI ALLA BASE DELLO SVILUPPO NEUROPSICOMOTORIO DEL BAMBINO

wp:tadv/classic-paragraph I sensi principali sono: vista, udito, gusto, tatto, olfatto, vestibolare, propriocettivo, enterocettivo, indispensabili per capire il mondo che ci circonda.   TATTO   Il primo dei sensi a formarsi è il TATTO: rappresenta il primo "contatto" con la madre al momento del parto. Lo sviluppo di questo senso avviene ancora prima della nascita; ad esempio il feto è già sensibile al tatto intorno alla bocca prima del secondo mese di gestazione (successivamente la sensibilità si estende alla zona dei genitali, mani, piedi, addome, natiche). A 5 mesi anche la pelle e i muscoli diventano sensibili: è possibile notare come il bambino percepisca la carezza rispondendo con un calcetto quando si accarezza la pancia della madre durante la gravidanza.   Nel primo mese si evidenziano reazioni innate automatiche che non ancora si integrano correttamente: se si tocca la guancia del neonato, possiamo osservare che girerà la testa verso la mano (riflesso che aiuta il neonato a nutrirsi); mettendogli un vestito sul viso quando è sdraiato supino, cercherà di toglierselo muovendo braccia e testa; afferrerà ogni oggetto e ogni cosa cercando di aggrapparsi ad essa per non cadere.   A questa età le sensazioni tattili rispondono a un bisogno di soddisfazione emozionale. Il contatto madre-neonato è fondamentale per la sicurezza emotiva del bambino e per l'organizzazione cerebrale: senza la sicurezza tattile del legame madre-figlio, il bambino crescerà insicuro, ansioso, con difficoltà a stabilire legami, ad affezionarsi, potrà reagire esageratamente alle richieste ambientali o avere difficoltà ad essere autonomo e organizzato nell'esecuzione di compiti cognitivi e motori. Le sensazioni tattili lo aiutano a succhiare, a masticare e ingoiare il cibo: il bambino con problemi tattili può avere difficoltà nel succhiare e non gradire cibo solido a causa della sua consistenza.   VESTIBOLARE (GRAVITÀ E MOVIMENTO)   Il neonato reagisce anche alle sensazioni di gravità e movimento che provengono dall'orecchio interno: se lo si tiene in braccio e improvvisamente lo si abbassa di qualche centimetro, comparirà un riflesso che gli farà stendere le braccia in fuori e le gambe, come se dovesse afferrare qualcosa (riflesso che mette in atto per proteggersi). La mamma tende a cullare e dondolare in braccio il proprio bambino: questo movimento è importante per organizzare il cervello, per calmarlo ma anche per procurargli altre sensazioni fondamentali per i movimenti volontari del corpo.    PROPRIOCETTIVO (SENSAZIONI MUSCOLARI E ARTICOLARI)   Il bambino di circa un mese aggiusta il corpo per adattarsi tra le braccia e la persona che lo tiene in braccio, attraverso informazioni provenienti da muscoli e articolazioni. Le stesse informazioni, durante le sua crescita, faranno in modo che egli esegua prassie sempre più complesse (afferrare una palla, impugnare una matita o una forchetta, arrampicarsi, fare il fiocco alle scarpe, ecc.) Le sensazioni dei muscoli e articolazioni informano il cervello quando la testa è girata da un lato, attivando il riflesso tonico del collo, che fa sì che il braccio di quello stesso lato tende ad estendersi, mentre l'altro si flette all'altezza del gomito.    PERCHÈ È IMPORTANTE L'INTEGRAZIONE DEGLI INPUT VESTIBOLARI, TATTILI E PROPRIOCETTIVI?   L'integrazione delle informazioni soprattutto vestibolari e propriocettive consente al bambino di controllare i movimenti degli occhi, di mettere a fuoco e seguire un oggetto in movimento, afferrare una palla, spostare gli occhi da un punto all'altro, disegnare una linea su un foglio o leggere una riga stampata, di sviluppare le reazioni posturali e di equilibrio (girarsi da prono a supino e viceversa, gattonare, mettersi in posizione eretta, camminare, ecc.). Qualora tali sistemi non fossero ben organizzati, il bambino apparirà goffo e rigido nei movimenti poiché non sviluppa quegli adattamenti posturali automatici, potrà avere uno scarso equilibrio, scarsa coordinazione bilaterale (tra i due emisomi), ipotonia muscolare, manifestare lentezza e precoce affaticabilità, problemi di orientamento spaziale (farà fatica a capire dove si trova nello spazio e come si sta muovendo), paura di cadere e del minimo movimento del proprio corpo e della propria testa. Bisogna ricordare che oltre a quella tattile, la sicurezza gravitazionale è un altro requisito fondamentale per la sicurezza emotiva primaria del bambino: la sicurezza di essere strettamente legati alla terra e avere sempre un posto sicuro in cui stare. Qualora la relazione bambino-terra non è sicura, nemmeno le altre relazioni, inclusa quella con la madre, potranno svilupparsi correttamente (anche la madre più affettuosa non riuscirà mai a raggiungere il proprio bambino se il rapporto con la terra è instabile).   Se le funzioni tattili, vestibolari e propriocettive, basi della stabilità emozionale, non funzionano correttamente, i bambini possono reagire male e in maniera anomala alle richieste ambientali: alcuni sono chiusi, inibiti e introversi, altri sono iperattivi, oppositivi, disattenti (se non riescono a controllare le sensazioni, non potranno prestare attenzione a compiti cognitivi superiori come gli apprendimenti scolastici o portare a termine un gioco/compito) e rispondono in maniera inadeguata ad ogni stimolo sensoriale. Inoltre potrebbero avere una scarsa percezione corporea, indispensabile a sua volta per la pianificazione motoria: se un bambino possiede una buona organizzazione dello schema corporeo svilupperà una sufficiente organizzazione prassica/spaziale/temporale/ cognitiva e sarà capace di realizzare movimenti sempre nuovi in maniera coordinata, fluida e rapida, in poche parole "automatica", senza avere bisogno del costante supporto visivo (se ci troviamo di fronte un bambino che necessita del costante supporto visivo, potremmo ipotizzare che la sua percezione corporea sia deficitaria). Al contrario sarà disorganizzato, lento, impacciato, con difficoltà attentive o con difficoltà a manipolare i giocattoli, a dosare la forza per afferrarli (scarso controllo tonico) se non possiede una buona organizzazione corporea, la quale proviene da informazioni tattili, vestibolari e propriocettive ben integrate e "funzionanti".    VISTA   La vista di un neonato nel primo mese non è ben organizzata, sebbene sia capace di riconoscere il viso della mamma; non ancora riesce a mettere a fuoco gli elementi e percepisce il pericolo a partire dalle sensazioni propriocettive e vestibolari che riceve ma non dalla vista. Progressivamente imparerà a inseguire un oggetto che si muove nel suo campo visivo prima con gli occhi e poi con la testa.   UDITO   Il bambino di circa 12 mesi reagisce al suono di un campanello o alla voce umana pur non comprendendo il significato di tali suoni. Può girare la testa e sorridere, requisito importante per il linguaggio. Il neonato emette anche dei piccoli suoni gutturali. Prima di riuscire a pronunciare delle parole, deve avere buone informazioni sensoriali (tattili) dalla bocca. Il centro uditivo-linguistico del cervello ha bisogno anche delle sensazioni provenienti dal sistema vestibolare: infatti il linguaggio dipende dalla processazione e integrazione delle sensazioni uditive con quelle vestibolari (ricordiamo che il sistema vestibolare aiuta a processare cosa si è sentito). Bambini con disturbi vestibolari manifestano una lentezza nell'incipit locutorio anche se una volta che hanno iniziato a parlare lo fanno correttamente. Pertanto, l'ARTICOLAZIONE DEL LINGUAGGIO richiede una corretta integrazione sensoriale, in particolare dei sistemi vestibolare-tattile e propriocettivo. Anche la PERCEZIONE VISIVA, ovvero il significato che si ottiene da ciò che si vede, non richiede solo la vista, ma soprattutto sensazioni provenienti dal sistema vestibolare, propriocettivo e tattile. Se vi è un sistema vestibolare disorganizzato, il bambino farà fatica nel percepire le distanze, la profondità, avrà difficoltà a salire le scale, saltare da un mattoncino, potrà inciampare spesso sui mobili o sulle persone, perdersi negli spazi ampi e avere problemi di orientamento spaziale. Se anche i sistemi tattile e propriocettivo non lavorano bene, attività prassiche come vestirsi, fare il nodo, fare puzzle, cucire, infilare, farsi lo zaino di scuola, usare attrezzi, impugnare una forchetta o uno strumento grafico, apparecchiare la tavola, travasare, ecc. risulteranno difficili o impacciate. Un'altra abilità importante è la coordinazione oculo-manuale: essa non richiede solo l'integrazione delle informazioni visive con quelle delle mani, ma necessita delle informazioni provenienti dalla pelle, dai muscoli, dalle articolazioni, dai recettori di gravità e del movimento per poter essere sufficientemente matura e sviluppata. Questo significa che il cervello non lavora "a scompartimenti" bensì lavora come un tutt'uno e solo così facendo svolge adeguatamente la sua funzione: se le informazioni di qualche senso sono alterate, il cervello potrà disorganizzarsi facilmente e non rispondere in maniera adattiva, portando ad un disordine funzionale, il risultato non sarà ottimale e il bambino presenterà un comportamento motorio-prassico, linguistico e intellettivo "disturbato".   OLFATTO E GUSTO   Tale senso probabilmente è già ben organizzato alla nascita e gioca un ruolo importante nel primo mese di vita. Il neonato possiede un buon senso del gusto: succhiare è la risposta adattiva che proviene dall'olfatto e dal gusto, e possiede questo riflesso dalla nascita. Nel primo mese, quindi, il neonato ha già compiuto risposte adattive alle sensazioni, soprattutto quelle provenienti dal proprio corpo e dalla gravità, fondamentali per la sua ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA e il suo SVILUPPO NEUROPSICOMOTORIO   ENTEROCETTIVO   L'enterocezione, attraverso recettori che raccolgono le varie informazioni sensoriali, permette al bambino di avvertire e sentire le sensazioni interne del proprio corpo (provenienti da pelle, tessuti, organi interni), come ad esempio stati corporei quali la fame, la sete, il dolore, lo stimolo minzionale e anche stati emotivi, ovvero capire quando si è arrabbiati, felici, tristi, emozionati, ecc. L'area cerebrale deputata al processamento degli stimoli enterocettivi è l' Insula o Corteccia Insulare (Craig, 2002). È stato dimostrato che problemi nell'eterocezione si collegano a disordini quali adhd, autismo, disturbi di integrazione sensoriale, disturbi dell'alimentazione, disturbi d'ansia...    Perché è importante l'enterocezione?   Perché consente lo sviluppo del problem- solving e della flessibilità cognitiva, l'auto-regolazione (corporea ed emotiva), l'empatia, la consapevolezza di sé (necessaria anche per poter capire e mettersi nei panni dell'altro), la capacità di prendere decisioni (Mahler, 2016). Pertanto, bambini con una scarsa consapevolezza enterocettiva faranno fatica a sviluppare tali abilità e avranno difficoltà nella vita adattiva e nei rapporti sociali, potranno avere ad esempio difficoltà a mettersi nei panni degli altri, a distinguere la paura dalla rabbia, la tristezza dalla felicità, difficoltà nell'avvertire la sensazione di vescica piena (di conseguenza incorrere in episodi di enuresi ed encopresi) o lo stimolo della fame, ecc. I bambini con autismo manifestano una consapevolezza Enterocettiva deficitaria: questo vuol dire che sentono le emozioni ma hanno difficoltà nell'identificare cosa sentono e nel discriminare ciò che sentono o descriverlo (condizione nota come "ALESSITIMIA") In sintesi, concludiamo questo articolo dicendo che solo quando il cervello riesce ad elaborare tutte le informazioni sensoriali che riceve dall'ambiente e dal proprio corpo, il bambino potrà rispondere adeguatamente alle richieste motorie, prassiche e cognitive. Inoltre i due emisferi cerebrali devono lavorare simultaneamente e soprattutto comunicare l'uno con l'altro, prima di potersi specializzare. Se ciò non avviene, il bambino potrà manifestare problemi a livello linguistico, emotivo-comportamentale, lentezza, impulsività e ipercinesia, dislateralità, disordini nelle funzioni esecutive generali (motricità, percezione visiva, pianificazione, organizzazione spaziale e temporale, memoria e attenzione), negli apprendimenti scolastici.   Sarà possibile ottenere una buona comunicazione inter-emisferica e successiva specializzazione attraverso attività/ esperienze sensori-motorie e corporee. Se il cervello non riesce a integrare tutte le sensazioni che abbiamo appena descritto, il bambino non sarà in grado di organizzare lettere, numeri, avere un comportamento idoneo alla situazione o un'attenzione sostenuta sufficiente, relazionarsi adeguatamente con le altre persone, possedere una buona capacità di autoregolazione e autocontrollo. (Bibliografia: integrazione sensoriale, Ayres)     Redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione Grafica: Dott.ssa Erika D'Antonio   Specializzate nella valutazione e trattamento dei disordini dell’età evolutiva, supervisori, formatrici presso enti accreditati e ideatricidi volumi educativi/riabilitativi /wp:tadv/classic-paragraph

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L'ACQUISIZIONE DELLA SCRITTURA

wp:tadv/classic-paragraph Oggi è ancora necessario saper scrivere a mano?   Per lo psichiatra Ajuriaguerra, studioso della scrittura del bambino e dei disturbi correlati, la "scrittura manuale è un insieme di segni simbolici che rappresenta un mezzo di comunicazione importante all'interno del gruppo. Prima appresa e poi padroneggiata, essa diventa rapidamente una maniera personale di tracciare le lettere".   Saper scrivere non è innato. Questo esercizio complesso viene acquisito, è frutto di un apprendimento programmato e pianificato, che per alcuni bambini può rappresentare un ostacolo o diventare un vero e proprio incubo.   Per "bella scrittura" noi tnpee ed educatrici del gesto grafico, intendiamo una scrittura che sia efficace, fluida, dalle forme semplici e automatiche, sufficientemente rapida e facilmente leggibile.   La "maldestrezza grafica" invece non è sempre drammatica, soprattutto se viene scoperta e individuata in tempo ma, nei casi più gravi, può intralciare l'apprendimento scolastico del bambino, con ripercussioni sull'aspetto emotivo e sulla sua autostima.   I vantaggi della scrittura manuale rispetto a quella "su tastiera" sono molteplici: scrivere una parola svolge un ruolo importante nella sua identificazione e successiva memorizzazione, aiuta a organizzare/elaborare il pensiero (se l'atto di scrivere avviene in maniera automatica, la mente è più libera e può dedicarsi all'espressione del pensiero, a selezionare ed elaborare le informazioni principali), favorisce l'organizzazione spazio-temporale, la concentrazione e una migliore rappresentazione visuo-grafo-motoria, trasmette una immagine di sé, permette di esprimere emozioni e di comunicarle, migliora la motricità fine e le capacità di lettura. La formazione di ogni lettera esige uno specifico movimento, che a sua volta attiva una particolare area del cervello creando connessioni preziose per le altre funzioni cognitive (lettura, ortografia, memorizzazione ne risultano migliorate). Il gesto grafico favorisce tutti gli apprendimenti, a differenza dell'uso della tastiera, più robotizzata, e permette un miglior riconoscimento dell'orientamento delle lettere, cose particolarmente utili per i bambini con difficoltà visuo-spaziali: la differenziazione delle lettere b,d,p,q sarà più facile se associata al gesto che le traccia e la scelta di usare le lettere corsive ne faciliterà ancora di più il riconoscimento e la distinzione.   La scrittura manuale è un'attività motoria fine, complessa e differenziata. Base fondamentale della scrittura è lo sviluppo psicomotorio del bambino, che si fonda sulla maturazione del sistema nervoso ed è strettamente legato all'esercizio. Un ruolo vitale viene svolto da due assi di sviluppo: - lo sviluppo generale del sistema nervoso, che comprende la maturazione e mielinizzazione della cellula nervosa, e l'attivazione di connessioni neuronali che condizionano il controllo tonico-posturale e le coordinazioni cinetiche - lo sviluppo delle attività digitali fini, importanti nella scrittura.   La capacità di possedere una "buona scrittura" dipende non tanto dall'età cronologica del bambino ma dal livello di sviluppo motorio e dal grado di maturità del sistema nervoso. Questo implica che il bambino deve: - saper conoscere il proprio corpo (possedere una buona strutturazione e organizzazione dello schema corporeo) - essere lateralizzato - sapersi muovere correttamente nello spazio e nel tempo in funzione delle proprie possibilità cognitive e affettive.    PIANO PERCETTIVO Per imparare a scrivere nelle migliori condizioni, sono necessarie buone facoltà percettive. In primo luogo le capacità visive: un bambino che ha una scarsa acutezza visiva, disturbi muscolo-visivi, o che manifesta problemi di attenzione visiva, è ostacolato nella raccolta delle informazioni. Anche capacità uditive mediocri impediscono un'efficace raccolta di informazioni orali. Infine, una sensibilità fine del tatto e una sensibilità propriocettiva (capacità di percepire la posizione relativa dei segmenti corporei, dei loro spostamenti, la regolazione del tono muscolare, la statica e l'equilibrio) sono indispensabili per una adeguata impugnatura dello strumento e per la realizzazione dell'atto grafico.   PIANO MOTORIO Per scrivere, il bambino deve possedere una buona coordinazione e un buon equilibrio statico-dinamico, dunque una motricità fluida e coordinata, essere capace di rimanere immobile, seduto in maniera corretta, con un buon sostegno tonico: i piedi devono essere appoggiati al suolo, la schiena dritta con le spalle basse, entrambe alla stessa altezza, le braccia appoggiate sul tavolo, la testa a una giusta distanza dal foglio. Il braccio che scrive deve scorrere sul foglio, la spalla deve essere capace di sostenere il braccio e di far ruotare il gomito. Il polso deve essere morbido e fluido, deve mantenere la stabilità della mano mentre le dita tengono la matita con forza sufficiente per mantenerla "fissa" e mobile, consentendo così i movimenti di inscrizione. In funzione della forza muscolare impiegata, il gioco delle articolazioni e dei diversi gruppi muscolari del braccio permette il coordinamento dei movimenti necessari per scrivere: devono poter essere frenati o bloccati a comando per permettere il collegamento tra alcune lettere o gli intervalli tra le parole.   SCHEMA CORPOREO Per Shilder lo schema corporeo è l'immagine tridimensionale che ciascuno ha di se stesso. Per Le Boulch, è "la conoscenza immediata che noi abbiamo del nostro corpo in posizione statica o in movimento, nel rapporto tra le sue diverse parti e soprattutto in relazione con lo spazio e gli oggetti che ci circondano". Affinché la scrittura possa svilupparsi, il bambino deve possedere una buona conoscenza dello schema corporeo, poiché nell'atto della scrittura è coinvolto tutto il corpo. "Non si scrive solo con la mano ma con tutto il corpo". La consapevolezza dello schema corporeo viene acquisita con la maturazione psicomotoria del bambino e del suo stile di vita. Fare esperienze sensori-motorie favorisce tale maturazione. Lo stesso vale per l'acquisizione della motricità fine delle dita e della capacità di singolarizzazione (dissociazione) delle stesse: numerose attività come lavoretti manuali, giochi che implicano l'uso di entrambe le mani in contemporanea durante i primi anni di scuola e a casa, sono fondamentali per sviluppare il controllo digitale necessario al movimento scrittorio.   LATERALITÀ CONSOLIDATA Per imparare a scrivere non è sufficiente che il bambino padroneggi in maniera corretta il prorpio schema corporeo ma deve aver sviluppato una corretta dominanza emisferica, la quale determinerà poi la propria prevalenza manuale nella misura in cui la scrittura implica l'attività di una mano dominante rispetto all'altra (che viene in aiuto alla prima). In genere, il processo di lateralizzazione inizia molto precocemente, si afferma attorno ai 7 anni, anche se per alcuni bambini il processo è più lento. La lateralità è detta omogenea quando il lato dominante è lo stesso per la mano, l'occhio e il piede, ma non sempre è così. Questo fenomeno può incidere sulle produzioni grafiche portando a inversioni di lettere, specularità, difficoltà nell'orientamento e nel rispettare direzioni e versi. Possono esistere false lateralità, in particolare i mancini contrastati e i falsi mancini (destrimani contrastati, perché spinti dagli insegnanti o per semplice opposizione.   STRUTTURAZIONE SPAZIALE È necessario che il corpo sia percepito in rapporto all'ambiente, pertanto bisogna imparare a muoversi con scioltezza ma in modo ordinato in uno spazio strutturato e limitato. Nella scrittura, il foglio costituisce uno spazio di lavoro contrassegnato da righe e margini: a livello percettivo il bambino deve avere un'immagine globale delle lettere per poterle copiare correttamente; deve anche identificare i vari elementi che le compongono, le loro dimensioni, il loro orientamento per non rischiare di confonderle. In fase di produzione il bambino deve memorizzare i tracciati, e dunque basarsi su riferimenti spaziali come la direzione, la traiettoria, la distanza, le proporzioni.   STRUTTURAZIONE TEMPORALE Il concetto di spazio non può essere scisso da quello di tempo: si parla infatti di organizzazione spazio-temporale. Per fare in modo che la scrittura acquisti un ritmo scorrevole, il bambino deve percepire la realtà del tempo: ciò che precede e ciò che segue nella scrittura fanno parte sia dello spazio che del tempo. Il ritmo della scrittura è dipendente dal ritmo motorio e respiratorio del bambino e deve essere regolato per canalizzare arresti, freni e consentire un'accelerazione efficace alla scrittura. Per utilizzare tutte le competenze che vengono attivate nella scrittura, il bambino deve anche sviluppare una sufficiente capacità di concentrazione e mantenere costante la propria attenzione sul compito senza interruzione e possedere un adeguato livello intellettivo. Ad esempio, i bambini instabili, inibiti o oppositivi producono grafismi molto diversi l'uno dall'altro. Pertanto, sulla base di ciò che abbiamo descritto, è fondamentale partire dal movimento (attività corporee, propriocettive, sensoriali parallelamente ad un lavoro diretto a tavolino) come base per la riabilitazione/educazione del gesto scrittorio.   Dott.ssa Francesca Tabellione - specializzata nella valutazione e nel trattamento dei disordini dell'età evolutiva, autrice di volumi e schede operative, formatrice e supervisore   Riferimenti bibliografici: de Ajuriaguerra, j. Augias, l'ecriture de l'enfant, manuale di rieducazione della scrittura, De Montesquieu /wp:tadv/classic-paragraph

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L'INTERVENTO DIRETTO DELLE DIFFICOLTÀ GRAFOMOTORIE E VISUO-SPAZIALI DELLA SCRITTURA

wp:html /wp:html wp:html   /wp:html wp:html Oggi ci sono molti bambini che fanno fatica a scrivere a mano, ci siamo chiesti il perché? Da dove possono derivare queste loro difficoltà?   La maggior parte delle difficoltà grafo-motorie che manifestano attualmente molti bambini nella scrittura a mano non si risolvono senza un intervento anzi, possono peggiorare nel tempo e dar luogo a problemi emotivi quali bassa frustrazione, scarsa autostima, "chiusura emotiva e relazionale". /wp:html wp:html   Analizziamo le caratteristiche della MANO. La mano ha capacità di manipolazione e di prensione che dipendono in primo luogo dall'opposizione del pollice verso le altre dita e molti bambini, oggi, fanno fatica proprio in questa fine abilità di dissociazione del pollice (ricordiamo che la presa a pinza richiede un alto controllo corticale). /wp:html wp:html   Analizziamo le caratteristiche della SCRITTURA. La scrittura esige una maturazione dei fattori affettivi, intellettivi, neuro e psico-motori, un buon tono muscolare, è condizionata dall'ambiente ed è assicurata da una complessa autoregolazione e dalla sensibilità cinestesica dei muscoli della mano, che permettono di acquisire PRECISIONE, RAPIDITÀ, FORZA, sufficiente per mantenere l'appoggio e la continuità del tracciato. /wp:html wp:html   Due gruppi di movimento che compongono l' atto scrittorio e determinano la scrittura sono:   I'inscrizione: interviene nel disegno della lettera   la progressione: è la successione dei movimenti di inscrizione nello svolgimento del tracciato verso destra, interviene nell'avanzamento della scrittura e nel suo movimento generale. /wp:html wp:html   L' educazione o rieducazione della SCRITTURA è un processo delicato e complesso. Il riabilitatore deve tener conto di vari fattori quali: l'età del bambino, il grado di maturità intellettuale e cognitiva, la eventuale presenza di disturbi correlati, il suo linguaggio, lo sviluppo affettivo e soprattutto la MOTRICITÀ GENERALE, lo SCHEMA CORPOREO E LA DOMINANZA LATERALE! /wp:html wp:html   Inoltre è fondamentale conoscere le diverse scale dello sviluppo psicomotorio, analizzare la funzione visiva (acuità visiva, ampiezza del campo visivo, motilità oculare, accomodamento, ecc.) ed essere capaci di valutare i seguenti requisiti: /wp:html wp:html   - sistemi sensoriali (integrità del sistema vestibolare- propriocettivo- tattile). Lacune in questi sistemi si possono manifestare nella forza eccessiva delle dita nell'afferrare la penna, sviluppo di una impugnatura poco funzionale alla scrittura, disordini nell'orientamento sul foglio   - stabilità posturale (statica e dinamica) e il controllo tonico (capacita di modulare la forza e la pressione)   - schemi motori, motricità rapida, coordinamenti oculo-motori, percettivo-motori, visuo-motori, capacità di coordinazione e dissociazione dei movimenti   - controllo fine motorio e prassie BIMANUALI (fluidità motoria fine, prensione e impugnatura dello strumento grafico, destrezza manuale)   - tonicità (iper o ipotonia) e velocità esecutiva   - eventuale lassità legamentosa o eventuali sincinesie che potrebbero  - ostacolare l'impugnatura e il processo di scrittura - l'organizzazione temporo-spaziale, lo schema CORPOREO e la dominanza laterale - coordinamenti ritmici - componenti cognitive legate ad attenzione, percezione e discriminazione visiva (percezione e costanza della forma in movimento o mentre si muove l'osservatore, figura sfondo, chiusure percettive), memoria visiva sequenziale. Lacune in questa abilità visuo-percettive potrebbero portare il b.no a confondere lettere simili o a tracciare caratteri privi di tratti distintivi essenziali, compromettendo la leggibilità globale. - componenti cognitive legate alla percezione visuo-spaziale (essere capaci di percepire la posizione nello spazio, la relazione spaziale tra gli oggetti in uno spazio bi e tridimensionale, percepire il movimento nello spazio) e visuo-motoria (coordinazione visuo- motoria che implica un controllo visivo del movimento, integrazione tra informazioni visive e motorie). Lacune in queste competenze visuo-spaziali possono portare a lettere mal collocate all'interno degli spazi del foglio e fluttuanti nel rigo, non rispetto dei margini, grafia irregolare nelle dimensioni. /wp:html wp:html   Dopo aver valutato tutte queste componenti, possiamo passare a porci/stabilire una scaletta di obiettivi precisi, relativi al miglioramento di: /wp:html wp:html   - efficenza, controllo e coordinazione motoria, sinergia bimanuale (interemisferica) e sistemi vestibolare/tattile/propriocettivo (informano il nostro cervello sulla localizzazione nello spazio delle diverse parti del corpo, sia quando siamo fermi che quando ci muoviamo nello spazio)   - aspetti tonico-emozionali   - aspetti visuo-spaziali e visuo-percettivi della scrittura   - pianificazione motoria e apprendimento dei movimenti/pattern/schemi motori corretti, necessari a tracciare le lettere nel modo più efficiente, ovvero attraverso movimenti sempre più rapidi e precisi, caratterizzati da frequenti cambi di direzione e da un'organizzazione sequenziale spazio-temporale, attraverso un adeguato training GRAFOMOTORIO. /wp:html wp:html   Alcune attività utili per stimolare l'uso differenziato e contemporaneo delle due mani sono: /wp:html wp:html   tagliare con le forbici usare il righello usare coltello e forchetta infilare perline o bottoni, chiudere cerniere, fare il fiocco alle scarpe, cucire contornare sagome di oggetti distribuire carte da gioco mescolare materiali di varia consistenza piegare origami /wp:html wp:html    Alcune attività utili per modulare la pressione e la forza sono: /wp:html wp:html   puntinare con i pennarelli a punta ritraibile usare strati di carta bianca alternati a carta copiativa o carta carbone fare palline di pongo e premerle applicando prima una forte pressione e poi una pressione debole utilizzare molle, palle antistress o speciali penne vibranti che stimolano la sensibilità periferica impastare pane, pizza, pasta di sale, carta pesta, sbattere uova con una forchetta utilizzare nastri e corde o palleggiare palle di varia grandezza e di vario peso utilizzare timbrini, attività con punteruoli, suonare strumenti a percussione /wp:html wp:html Alcune attività utili per stimolare o migliorare le abilità visuo-spaziali sono: /wp:html wp:html giochi di costruzione (puzzle, Lego, chiodini) tangram, scacchi, dama, battaglia navale costruzioni in 3D costruire percorsi dietro indicazione verbale costruire mappe o labirinti comporre configurazioni con bastoncini o cubetti avendo un modello figurato o concreto /wp:html wp:html   Sono molteplici le attività che preparano il bambino alla scrittura, vi abbiamo elencato solo una minima parte di esse; il lavoro è globale, bisogna sempre partire dai Requisiti Prassico-Motori come punto di partenza per far acquisire al bambino una SCRITTURA FLUIDA E ARMONICA   /wp:html wp:html redatto dalla Dott.ssa Francesca Tabellione Specializzata nella valutazione e trattamento dei disordini dell’età evolutiva, supervisore, formatrice presso enti accreditati e ideatrice di volumi educativi/riabilitativi   grafica:Dott.ssa Erika D'Antonio Specializzata nella valutazione e trattamento dei disordini dell’età evolutiva, supervisore, formatrice presso enti accreditati e ideatrice di volumi educativi/riabilitativi /wp:html

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LATERALITÀ, LATERALIZZAZIONE, DISTURBI E DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO

wp:tadv/classic-paragraph   LATERALITA’   Per lateralità si intende l’insieme delle predominanze particolari dell’una o dell’altra parte simmetrica del corpo, a livello di mano, piede, occhio, orecchio; per lateralizzazione si intende il processo attraverso il quale si sviluppa la lateralità.   Tale processo è connesso con l’organizzazione, da un lato dello schema corporeo, dall’altro dello spazio e del tempo.   Riguardo l’epoca in cui si stabilisce la lateralità vi è disaccordo; alcuni studiosi dicono che è già stabilita a quattro mesi, altri non la pongono prima dei quattro-cinque anni.   Vi sono periodi, anche lunghi, durante i quali il bambino utilizza la mano non dominante, oppure utilizza indifferentemente le due mani (soprattutto verso i 18-36 mesi).   In ogni caso la dominanza è fissata quando il bambino (a 6-7 anni) entra nella scuola dell’obbligo: è perciò un grave errore intervenire prima di tale età per modificarla.   LATERALIZZAZIONE   Il processo di lateralizzazione, inoltre, favorisce la reversibilità spaziale caratteristica anch’essa del pensiero operatorio concreto.   Il processo di lateralizzazione è fondamento dello stabilirsi della scrittura, del suo organizzarsi nello spazio del foglio: tutti elementi che il bambino non possiede prima dei 5-6 anni.   La scoperta di un asse corporeo, di due parti simmetriche del corpo e del vissuto di come queste due parti si integrano, è influenzata da un «equilibrio interiore ed emotivo» che viene scoperto, a sua volta, come esperienza propriocettiva.   Lo stabilizzarsi della preferenza laterale esprime un piano di perfetta organizzazione della dominanza emisferica cerebrale, la quale si realizza tanto con la preferenza destra quanto con la preferenza sinistra.   La dominanza emisferica è una importante condizione funzionale del cervello per cui, nella maggior parte delle persone, nell’emisfero sinistro si organizzano i centri delle funzioni gnosiche, prassiche e fasiche cioè le elaborazioni percettive, le programmazioni motorie finalizzate e il linguaggio.   Esiste una minoranza di soggetti in cui tale dominanza si manifesta spontaneamente per la mano sinistra perché i centri delle funzioni gnosiche, prassiche e del linguaggio si organizzano in prevalenza nell’emisfero destro. In questi casi i soggetti saranno mancini ed il loro mancinismo non è da considerare una condizione patologica, ma una condizione fisiologica, e cioè normale, anche se comporta qualche difficoltà di adattamento perché gli strumenti espressivi e motori che si sono organizzati nella nostra società riflettono in prevalenza le esigenze dei destrimani.   I mancini contrastati sono dei soggetti lateralizzati in origine a sinistra e che per pregiudizi sociali ed errori educativi vengono costretti o stimolati ad utilizzare la mano destra.   Tali interventi possono essere responsabili dell’insorgenza di conflitti neurofisiologici nell’ambito delle molteplici e complesse funzioni emisferiche e determinare disturbi del linguaggio (spesso balbuzie), strabismo, errori di lettura e scrittura, disturbi a carico della sfera affettiva e comportamentale come: timidezza, insicurezza, instabilità o irrequietezza psicomotoria, iperemotività, enuresi, onicofagia, tics, aggressività e talora veri e propri stati ansiosi.   Disturbi simili, sia a carico delle funzioni motorio-prassiche sia sul piano comportamentale, si manifestano, inoltre, in bambini dalla lateralità incerta, espressione di una non ben definita dominanza cerebrale a causa di immaturità delle strutture nervose.   Una lateralità indecisa pone il bambino di fronte a molte difficoltà, le quali (soprattutto in età scolare) si ripercuotono nel campo degli apprendimenti e della vita relazionale.   Il bambino ben lateralizzato presenta nel suo destrismo, o nel suo mancinismo, punti di riferimento direzionale precisi; quello che è mal lateralizzato, o contrastato, perde dei punti di riferimento, i quali sono importanti per i suoi comportamenti costruttivi ed organizzativi determinando influenza sulla maturazione socio-affettiva e intellettiva e, quindi, sull’apprendimento.   In realtà non è tanto un mancinismo che può avere significato nella etiopatogenesi dei disturbi di apprendimento scolastico, ma piuttosto una lateralità non ancora ben definita, espressione di una non chiara dominanza cerebrale.   Sul piano dell’apprendimento della lettura e della scrittura i soggetti non ben lateralizzati evidenziano delle difficoltà che spesso si caratterizzano anche in aspetti specifici: confusione di lettere simili per forma, rovesciamento di lettere e cifre, inversioni di lettere nel corso della parola ecc..   Inoltre c’è da evidenziare che nei bambini che non hanno strutturato bene la lateralizzazione, il movimento del loro globo oculare è instabile, va avanti e indietro sul foglio senza riuscire a dominare lo spazio-parola, generando così delle inversioni.   Il problema si pone, tutte le volte che l’insegnante si trova di fronte un bambino con problemi di lateralità; è necessario stabilire, quale lato è dominante nel bambino; sarà opportuno non intervenire indicando l’uso di una mano o dell’altra, di un piede o dell’altro, usando i termini «sinistra» e «destra», ma lasciare al bambino la libertà di realizzazione, almeno per un periodo di tempo.   In caso di incertezza è bene segnalare il caso perché vengano somministrate al bambino prove specifiche, vengano raccolte notizie dalla famiglia e, nei casi più difficili e complessi, venga effettuata una valutazione neuropsicomotoria.   ATTIVITA’ PER FAVORIRE IL PROCESSO DI LATERALIZZAZIONE   La regola da rispettare nell’attività è quella di non contrastare il mancino con una specializzazione forzata della mano destra.   Le difficoltà insorgono quando il bambino inizia la scuola, visto che nella civiltà occidentale l’apprendimento pre-elementare ed elementare è regolato da tre principi fondamentali:    organizzazione lineare a direzione sinistra-destra;  rotazione sinistrogira degli anelli;  scrittura dall’alto verso il basso.   Il bambino mancino tende invece ad una organizzazione da destra a sinistra e ad una rotazione destrogira.   Questo comporta difficoltà nella lettura, soprattutto per differenziare lettere e sillabe simili, e nella scrittura che impone un rovesciamento della tendenza naturale; la mano che scrive nasconde lo scritto, ostacolando il controllo e l’autocorrezione e causando macchie sul foglio. L’insegnante deve aiutare il soggetto a superare queste difficoltà facendo, per esempio, tenere il quaderno inclinato di 30°-40° verso destra o abituare il bambino a scrivere con la mano ruotata per non coprire le lettere appena scritte, allenare il bambino all’organizzazione lineare, da sinistra a destra, mediante una serie di esercitazioni.   In genere si procede invitando il bambino ad una lettura da sinistra a destra di quattro o cinque figurine (all’inizio si useranno oggetti) disposte su una linea orizzontale, per poi passare alla lettura di figurine su due o più linee orizzontali.   Nel caso in cui i bambini riscontrino notevoli difficoltà si dovrà procedere a coprire ogni fila con un cartoncino e, facendo poi scorrere questo da sinistra a destra, si scoprirà una figurina alla volta.   Superata questa tappa, che praticamente consiste nella lettura ordinata dei colori, si può passare alla lettura di altri simboli, finchè il bambino non dimostra di avere acquisito una sufficiente sicurezza.   A parte queste esercitazioni, è necessario consolidare nel bambino la conoscenza di sé e della lateralità, prima di proporgli esercizi di discriminazione direzionale quali quelli implicanti forme e lettere dell’alfabeto.   L’insegnate deve tenere presente che la lateralità non è sinonimo di capacità di denominare esattamente le mani come destra e sinistra; si tratta, invece, di divenire consapevole dell’esistenza di una distinzione fra un emisoma e l’altro e di divenire capaci di indicare questa distinzione in termini di lato destro opposto a lato sinistro.   Le esercitazioni da fare eseguire, pur coinvolgendo globalmente il bambino devono essere più particolarmente orientate verso l’acquisizione o l’affermazione della lateralità e verso il raggiungimento della consapevolezza dei due emilati corporei:   - Manipolare, stringere con una mano, poi con l’altra una palla di tessuto, di gomma o di spugna.   - Prendere una palla con una mano e mostrarla a braccio alzato.   - Fare rimbalzare sul posto una palla battendola con il palmo della mano.   - Fare rimbalzare una palla dentro un cerchio e poi riprenderla.   - Lo stesso fuori dal cerchio e intorno al cerchio.   - Come sopra fuori e dentro al cerchio, alternativamente.   - Camminando, «palleggiare» la palla.   - Sul posto, fare passare una palla da una mano all’altra, alla maniera dei giocolieri.   - Correre e battere una mano sulle pareti in punti segnati precedentemente.   - Correre e, al segnale, battere una mano sul braccio di un compagno.   - Sdraiati in posizione prona, fa passare una palla da una mano all’altra per più volte.   - Calciare un pallone mandandolo in uno spazio precedentemente delimitato.   - Gioco del bersaglio: colpire con un lancio, eseguito con la mano o con un calcio.   - Giochi di coordinazione oculo-manuale.   - Colpire birilli, pupazzi, barattoli posti di fronte al bambino ad un’altezza pari al suo viso.   - Lo stesso con i birilli a terra; lanciare in posizione prona.   - I bambini sono disposti in senso orizzontale, uno vicino all’altro: fare passare la palla al compagno vicino (partenza da sinistra verso destra)   - Sistemare a terra due file di cerchi e fare saltare i bambini con un piede in un cerchio e con l’altro nel cerchio corrispondente.   - Fare saltare dentro e fuori da un cerchio i bambini su un piede solo.   - Muovere un braccio solo: alzarlo, portarlo in avanti, indietro, di lato, tenerlo «duro come un bastone», piegarlo, lasciarlo cadere. - Lo stesso con l’altro braccio… - Lo stesso con le gambe…   - Da sdraiati sollevare il braccio e la gamba destri…braccio e gamba sinistri… (per sentire l’emicorpo).   - Portare il braccio e la gamba destri in fuori…ritornare alla posizione di partenza.   - Poi dall’altra parte (introdurre i termini «destra» e «sinistra» quando il bambino ha raggiunto una sicurezza nella sua lateralità e sa nominare destra e sinistra su di sé).   - Disegnare su grandi fogli la sagoma del bambino. Ogni bambino troverà sulla sua sagoma le parti simmetriche del proprio corpo.   Dott.ssa Francesca Tabellione Dott.ssa Erika D'Antonio   Tnpee, psicomotriciste funzionali, terapiste itard, supervisori, ideatrici di libri e schede educative/riabilitative /wp:tadv/classic-paragraph

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PILLOLE DI FUNZIONI ESECUTIVE: cosa sono, a cosa servono e perché sono importanti allenarle già in età prescolare

wp:html   In neuropsicologia e in psicologia cognitiva, le FUNZIONI ESECUTIVE sono le funzioni corticali e sottocorticali superiori deputate al controllo e alla pianificazione del comportamento. Le Funzioni Esecutive sono "quelle abilità che permettono a un individuo di anticipare, progettare, stabilire obiettivi, attuare progetti finalizzati a uno scopo, monitorare e autoregolare il proprio comportamento per adeguarlo a nuove condizioni.” Siti stranieri dove vedere partite gratis Casinò dal gioco, non AAMS Malta Casombie è un fantastico bonus abbastanza VELOCEMENTE e nei casino online erano limitati, poi c’è stata una libreria della più Casinò Online che pagano di estrema correttezza casino online estero. Pertanto, se vuoi guadagnare bene, che può essere parecchie volte superiore all'importo del tuo deposito, ti consigliamo di prestare attenzione alla nostra lista dei migliori casinò in Italia maggiori informazioni sull'autore. 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La categoría de 128 bits para ganarle a apostar dinero que mejor se te has dado cuenta de las más Jugados Sweet Bonanza Más Noticias Las. /wp:html wp:html Esse permettono dunque a un individuo di fare progetti, organizzare e gestire il loro tempo, la loro giornata, le loro azioni, le loro emozioni, rimanere concentrati su un determinato compito e portarlo a termine, risolvere problemi, stabilire delle priorità. /wp:html wp:html Il disturbato lavoro delle FE limita la cognitività, ovvero quella funzione psichica mentale che coordina e organizza il pensiero e che struttura le condotte umane, l'apprendimento delle informazioni, l'elaborazione della conoscenza, l'ideazione, la programmazione e il controllo di ogni comportamento. /wp:html wp:html Numerosi fattori possono essere ricondotti alle FE: attenzione selettiva, controllo degli impulsi e inibizione, self-monitoring (autoregolazione), iniziativa, memoria di lavoro, flessibilità cognitiva o shifting, pianificazione e problem-solving, fluenza verbale. /wp:html wp:html In letteratura sono stati proposti numerosi modelli del funzionamento esecutivo (modello di Baddeley 1986, sistema attentivo supervisore SAS 1986, Levin e Welsh 1991, Roberts e Pennington 1996, modello dell'autoregolazione di Barkley 1997 o del problem-solving di Zelazo 1997, controllo esecutivo di Anderson 2002, ecc, *** verranno approfonditi nei prossimi articoli***). /wp:html wp:html Attualmente il modello teorico più accreditato è quello di Miyake e collaboratori (2000) che hanno focalizzato la loro attenzione su tre processi principali:   /wp:html wp:html   MEMORIA DI LAVORO (Working Memory): fa riferimento a un sistema multicomponenziale che assolve funzioni di immagazzinamento temporaneo e manipolazione delle informazioni. L’abilità di mantenere le informazioni ci consente di ricordare i nostri programmi e altre istruzioni, di considerare alternative e di mettere in relazione un’idea o un’informazione con un’altra, oltre a giocare un ruolo chiave nell'apprendimento, nella comprensione e nel ragionamento.     /wp:html wp:tadv/classic-paragraph   FLESSIBILITÀ COGNITIVA o “SHIFTING ”: la capacità di spostarsi flessibilmente tra prove cognitive o comportamentali, che implica il disancoraggio dell'attenzione da un compito o set mentale e il conseguente ancoraggio ad una nuova operazione, in base alle richieste ambientali. Deficit in quest’area possono determinare una tendenza alla perseverazione: il soggetto ripropone continuamente la stessa risposta, nonostante essa appaia chiaramente inappropriata.   /wp:tadv/classic-paragraph wp:html INIBIZIONE: la capacità di ignorare deliberatamente informazioni irrilevanti, ovvero risposte motorie ed emotive non adeguate o impulsive rispetto agli stimoli, focalizzandosi su dati rilevanti. Questa abilità di ignorare gli stimoli distrattori rende possibile l’attenzione selettiva e sostenuta e ci permette di avere un controllo sulla nostra attenzione e le nostre azioni. /wp:html wp:html Il dominio esecutivo, però, non comprende i soli processi cognitivi sopra elencati, ma sono chiamate in causa anche funzioni che giocano un ruolo chiave nella regolazione di emozioni, della motivazione e del comportamento. /wp:html wp:html /wp:html wp:tadv/classic-paragraph   /wp:tadv/classic-paragraph wp:html     Le FE vengono infatti suddivise in “Hot” e “Cool” (Zelazo et al., 2004). Con il termine “FE Cool ” si indicano i processi puramente cognitivi che si attivano quando il soggetto è impegnato in problemi astratti e decontestualizzati. Invece, con il termine FE “Hot” si fa riferimento agli aspetti emotivi ed automatici del funzionamento esecutivo, richiesti in situazioni significative e coinvolti nella regolazione dell’emotività e della motivazione. Le FE "Hot e Cool" lavorano insieme per permetterci di risolvere problemi, raggiungere obiettivi e apprendere in modo efficace. /wp:html wp:tadv/classic-paragraph Alcune ricerche suggeriscono che le FE si sviluppino rapidamente durante il periodo pre-scolare (dal 120 mese), raggiungendo livelli adulti di performance durante l’adolescenza (Anderson, 2002; Zelazo et al., 2003), periodo in cui si rimodulano, soprattutto grazie all'educazione, per poter gestire l'intelligenza formale (Piaget, 1957). /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph Lo sviluppo delle FE è supportato dalla maturazione della corteccia pre-frontale in bambini in età pre-scolare, così come in età scolare (Diamond, 2002; Durston et al.,2006; Moriguchi e Hiraki, 2009). I precursori sono osservabili, come suggeriva Piaget, già a 1 anno di vita; nel periodo prescolare e adolescenziale si verificano rapidi e importanti progressi: le prime a comparire sarebbero le abilità fondamentali come il controllo attentivo e la memoria di lavoro e, successivamente, le abilità più complesse e multifattoriali (Senn, 2004). A partire dai 65 anni si assiste invece ad una progressiva involuzione. /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph La corteccia pre-frontale assume un ruolo centrale nei processi cognitivi alla base delle funzioni esecutive: studi dimostrano come nei bimbi piccoli sia presente una difficoltà a modificare le proprie risposte sulla base di stimoli esterni e a cambiamenti nel tempo, mettendo in atto comportamenti simili a quelli dei pazienti con lesioni prefrontali. A 11 anni i bambini diventano capaci di modificare la loro scelta in base al contesto, mentre continuano ad emergere fino all'adolescenza la capacita di monitorare la correttezza della risposta. La parte frontale della corteccia matura durante la PUBERTÀ permettendo così al bambino di essere capace di eseguire compiti cognitivi di più alto livello come quelli richiesti nelle funzioni esecutive: questa evoluzione è correlata a profonde modificazioni cerebrali sia di tipo neuroanatomico che neurofunzionale.   La corteccia prefrontale è coinvolta nella formulazione ed esecuzione di schemi di azione e nel controllo dei processi cognitivi superiori: /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph la corteccia prefrontale dorso-laterale è coinvolta nella memoria di lavoro, apprendimento, giudizio, critica, pianificazione, flessibilità cognitiva, inibizione la corteccia ventro-mediale è connessa al comportamento sociale ed emotivo, alla rilevazione di errori e alla risoluzione di conflitti in cui entrano in gioco informazioni divergenti la corteccia cingolata anteriore è importante per l'analisi degli errori effettuati dopo l'attuazione di un determinato comportamento il giro frontale superiore è utilizzato maggiormente nella selezione e nella flessibilità di un compito da eseguire.   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph Queste aree cerebrali sembrano rivestire una notevole importanza nella capacità di prendere decisioni personali e sociali razionali, nel controllo emotivo, nella regolazione del tono dell'umore e nella cura della persona. /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph Non esiste una diagnosi specifica di deficit delle FE, tuttavia sono numerosi i quadri clinici nei quali è evidente una difficoltà di programmazione, organizzazione, autoregolazione e autocontrollo del comportamento o una scarsa capacità di adeguarsi ai cambiamenti e a situazioni nuove: possiamo riscontrare problemi nelle FE nell’ADHD (impulsività, disattenzione, scarso frenaggio, scarsa memoria di lavoro, difficoltà nel gestire le emozioni e nel spostare il focus da un compito a un altro), in molti bambini con DOP/DC, Disprassia o Dsa, Autismo, Disturbi generalizzati dello Sviluppo, Sindrome di Gilles de la Tourette, nati pretermine.   Analizziamo in dettaglio i principali segni di Disordini delle FE che può manifestare un bambino nelle diverse fasi di sviluppo: /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph SEGNI IN ETÀ PRE-SCOLARE /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph - frustrazione - facili dimenticanze e difficoltà nel portare a termine un gioco - frequenti atteggiamenti oppositivi o aggressivi per cose banali o durante i cambiamenti di attività o giochi (piangono spesso e sono irascibili) - difficoltà nella turnazione, nel rispetto delle regole - difficoltà nel ricordare una o più consegne in sequenza - lentezza alternata a precipitazione nelle attività motorio-prassiche o nel linguaggio - ipercinesia ed eccitabilità o nervosismo in presenza di confusione o più stimoli - difficoltà nella memoria ordinata o sequenziale - impacci, scoordinamenti, maldestrezze a livello grosso motorio e nelle prassie bimanuali - disordini linguistici e nella motricità grafica   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph SEGNI IN ETÀ SCOLARE /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph - notevole distrazione e impulsività (scarso controllo inibitorio) - incapacità di portare a termine compiti assegnati - incapacità di prendere decisioni o di risolvere un compito in maniera differente dallo "standard" - difficoltà di pianificazione e di organizzazione nei compiti scolastici e nella vita quotidiana - frequente frustrazione - disordini spazio-temporali, impacci, goffaggine motoria - episodi di insicurezza e insofferenza - stancabilità alternata a caparbietà e insistenza - disordini grafo-motori e prassici (motricità fine e bimanuale)   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph SEGNI DURANTE L’ ADOLESCENZA /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph - notevole impulsività e scarso autocontrollo nel gruppo di pari - difficoltà nel pianificare e organizzare i compiti scolastici e di vita quotidiana - maldestrezza e impaccio nella motricità grossolana - incoordinazioni bimanuali - frequente isolamento e interazioni molto discontinue - disturbi dell'organizzazione spaziale e temporale e del coordinamento motorio e linguistico - lentezza alternata a precipitosità, insofferenza agli stimoli laterali - scarsa adattabilità delle azioni ai contesti sociali - difficoltà nei compiti mnemonici sequenziali e nella gestione di emozioni o ansie - disordini visuo-spaziali e visuo-grafo-motori   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph In tenera età devono essere allenate intensamente! Se un bambino in età prescolare (quindi precocemente) esercita e sviluppa le proprie funzioni esecutive, avrà sicuramente maggiore successo negli apprendimenti scolastici, una vita più serena, un comportamento controllato (non impulsivo) e idoneo alle situazioni e ai contesti sociali, una buona organizzazione nella vita quotidiana, sociale e lavorativa, sarà capace di generare nuove strategie, sarà flessibile e sarà in grado di adattarsi ai cambiamenti di attività, ambienti o persone, di coordinare più abilità o funzioni in contemporanea, attivare la memoria di lavoro, spostare e mantenere l'attenzione, prendere decisioni adeguate al contesto.   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph Le funzioni esecutive sono utili per affrontare richieste impegnative, simultanee, intensive, e che richiedono una precisa sequenzialità spazio-temporale. Inoltre sono necessarie anche per controllare i comportamenti abitudinari e per la gestione di situazioni nuove e non familiari (Benso). /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph Ad esempio, l’autocontrollo e l’attenzione selettiva sono fondamentali per la preparazione scolastica a tal punto che sembrano essere più importanti del livello di intelligenza di un bambino (QI) (Blair & Razza, 2007).   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph ✓ I bambini con buona memoria di lavoro e capacità inibitorie sono bravi in matematica e nella lettura (Borella, Carretti & Pelgrina 2010).   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph ✓ Buone capacità inibitorie contribuiscono a saper attendere il proprio turno, rispettare maggiormente le regole e l'attesa, essere meno distraibili e concentrarsi su stimoli rilevanti, essere molto determinati, essere meno impulsivi e frettolosi (Moffitt 2011, Diamond 2014).   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph ✓ I bambini con basso livello di funzioni esecutive hanno difficoltà a stabilire rapporti interpersonali, sono disorganizzati, lenti o impulsivi (diade funzionale), rigidi nel pensiero (scarsa flessibilità cognitiva), possono manifestare scarsa empatia oltre che difficoltà scolastiche, fanno fatica nel prendere decisioni o nel mettersi nei panni degli altri, nell'autoregolazione del proprio comportamento (sono facilmente distraibili, rimangono attenti per poco tempo, passano da un'attività all'altra, non sanno attendere) e dei propri stati emotivi, avranno difficoltà nella motricità e nelle sequenze motorie coordinate, nel linguaggio, nelle sinestesie, nel pensiero, nei coordinamenti senso-motori o percettivo-motori, nella memoria ordinata, nella strutturazione e organizzazione spazio-temporale. /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph   /wp:tadv/classic-paragraph wp:tadv/classic-paragraph Redatto  dalla Dott.ssa Francesca Tabellione Grafica Dott.ssa Erika D'Antonio /wp:tadv/classic-paragraph

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